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#1 |
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Loc.: Lodi
Messaggi: 5.651
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In 250.000 Contro Il COMUNISMO!
L' ultima battuta del ns. premier sulle qualita' erotiche del primo ministro norvegese o gli ultimi lamenti del mortadellone nazionale sembrano essere più importanti; chissà come mai? Eeppure a Hong Kong 250 mila persone, sfidando divieti soprusi, intimidazioni ed ritorsioni (in Cina non vanno molto per il sottile) hanno sfidato il dittatore, la dittatura del proletariato, per chiedere elezioni nel 2008. E il punto è che quella è in realtà la notizia più affascinante, più moderna, più sensazionale di questi giorni !!! L' esperimentro cinese è affascinante, gestire la crescita economica di un paese portandolo in poco tempo dall'età della pietra al terzo millennio, produrre progresso, benessere, elevare gli standard di salute, economici, i livelli culturali e sperare di gestire tutto questo dall'alto una sorta di illuminismo del terzo millennio. Riuscire nell'impresa significa produrre la prova "provata" dell'inutilita' del comunismo e dimostrare la superiorita' della democrazia e del rispetto della libertà. Cosa accadrà? Riusciranno un gruppetto di cinesi figli della lunga marcia, succubi della grande gerarchia comunista a far evolvere il loro paese in una democrazia? O sarà un bagno di sangue? Per me QUESTO è il tema politico di maggior interesse del terzo millennio. Ultima modifica di Flying Luka : 06-12-2005 alle ore 10.35.51 |
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#2 |
Gold Member
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Registrato: 04-01-2001
Messaggi: 5.227
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Ho visto la notizia ieri sul Corriere, ma non mi sono soffermato, a dire il vero non ho neanche notato che fosse per questo motivo che sfilavano.
Se questa protesta montera' ulteriormente, non credo che le autorita' cinesi possano soffocarla cosi' come e' stato per la protesta del 1989, tra l'altro Honk Kong ha una sorta di status speciale, sono passati 16 anni da quegli eventi unici e irripetibili, sembra che il regime cinese abbia trovato una sorta di equilibrio, tra il mantenimento dell'ideologia e l' innegabile crescita economica di questi anni. Non ho particolari interessi per il mondo orientale in generale, da quel poco che so e che apprendo dalle nostre fonti, mi sembra che comunque passi avanti in questi anni ne abbiano fatti, non molti sicuramente per cio' che attiene alle liberta' individuali, ma ripeto, non ho sufficienti conoscenze in proposito Ultima modifica di Robbi : 06-12-2005 alle ore 12.29.33 |
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#3 |
Il re di bastoni
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Loc.: Milàn
Messaggi: 23.413
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@Luka:
come al solito su questi temi, ti quoto (Y)
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Un giorno in cui voleva fare il cattivo, Mister Coniglietto sbirciò oltre la siepe e vide che l'orto del Contadino Fred era pieno di lattuga fresca e verde; Mister Coniglietto, invece, non era pieno di lattuga per niente. E ciò gli parve un'ingiustizia. Sono un Vampiro! I am a Vampire! |
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#4 | |
Gold Member
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Registrato: 04-09-2004
Loc.: لثلاثم عفمشةشف
Messaggi: 5.467
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Re: In 250.000 Contro Il COMUNISMO!
Quota:
Non ci metterei la mano sul fuoco su questo presunto benessere cinese....a me sembra piuttosto che stiano sull'orlo del collasso... |
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#5 |
Senior Member
Registrato: 24-01-2001
Loc.: La Città dei Mille
Messaggi: 425
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(Y) Grandi, speriamo che abbiano un seguito anche al di fuori di Hong Kong. La strada è tutt'altro che facile.
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Conoscere per Deliberare Siate il cambiamento che volete vedere nel mondo
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#6 |
Hero Member
Registrato: 30-08-2002
Loc.: Portogruaro (VE) - Roma
Messaggi: 513
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Speriamo veramente!!! (Y)
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Fedele a Franz Joseph, l'ultimo Kaiser!!! |
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#7 |
The Journalist
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Registrato: 09-04-2002
Messaggi: 3.715
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mi associo alla speranza
![]() certo però strano che nessun mezzo o quasi abbia divulgato una notizia del genere.... ![]() ![]() |
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#8 | ||
Guest
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Normale. Money money money... Quota:
Non è un problema italiano ma mondiale: Il ministro degli esteri cinesi è venuto ieri a sancire davanti al governo francese (di destra ricordiamolo non fa mai male) la firma di diversi contratti per la fornitura di 150 Airbus, la fornitura di qualche Eurocopter, una collaborazione con Alcatel nelle telecomunicazioni e un contratto (credo con Alstom) per la realizzazione di un treno ad alta velocità. http://www.latribune.fr/Tribune/Arti...s?OpenDocument Due settimane fa Bush era a Pechino, e hop! magicamente 70 Boeing sono stati venduti al governo cinese http://it.news.yahoo.com/051120/58/3hprh.html Che se comprano 70 Boeing il 20 Novembre, e 150 Airbus il 5 Dicembre, ci si rende ben conto che stanno dando un colpo al cerchio e uno alla botte. In conclusione: non si può parlar male nei media, di sinistra come di destra, di sopra e di sotto, del miglior cliente dell'Occidente... |
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#9 |
Gold Member
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Registrato: 23-07-2001
Loc.: Lodi
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Veramente io stavo parlando del princìpio di democrazia e libertà, contro l'oppressione di un regime comunista. Leggesi piazza TIENAMMEN.
![]() ![]() Se poi hanno comprato dei Boeing 747-400 dagli U.S.A.(visto che "il regime" non è capace di farsi gli aerei per conto proprio) buon per la China Airways e per la Cathay Pacific ! ![]() Ultima modifica di Flying Luka : 06-12-2005 alle ore 17.15.12 |
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#10 | |
Guest
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Quando vedi Bush (o Chirac, o Ciampi, o Aznar, o Zapatero, o Blair) che parla di necessità di più democrazia e diritti civili in Cina, e intanto fa il broker per le aziende americane, capisci che anche lui sta dando un colpo al cerchio e uno alla botte. Il cerchio sono gli elettori che ovviamente si aspettano che un governo democratico condanni senza riserve un regime come quello cinese; la botte è l'economia che con i contratti in Cina crea posti di lavoro dando pane quotidiano ai lavoratori (ergo elettori) occidentali. In entrambi i casi, gli elettori sono felici, pur avendo avallato una politica schizofrenica. I democratici di Hong Koong sono da soli. Come erano di fatto da soli gli studenti di Tienanmen. E' un discorso molto cinico ma temo anche molto vero. |
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#11 |
Senior Member
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Loc.: Quel posto che non c'è
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Abbasso le dittature, viva la libertà (Y)
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#12 |
Senior Member
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Anche Bertinotti contro il comunismo cinese
Sarà un doppio strappo con la Cina, anzi triplo. Uno col suo «cosiddetto comunismo», l'altro col suo capitalismo «espanso», il terzo sui diritti umani che non ci sono. Questo andrà a dire Fausto Bertinotti ai dirigenti del Partito comunista cinese, del governo di Pechino, dei sindacati, degli imprenditori, insomma a tutti coloro che incontrerà nel suo viaggio che comincia domani. Il problema è che ancora non sa con chi potra parlare, nè dove nè quando. Il programma infatti è ancora sconosciuto a tutti, persino a Bertinotti. li quale solo quando arriverà a Pechino, conoscerà (forse) i nomi dei suoi interlocutori, ai quali dirà appuntò cosa non piace a un piccolo Partito comunista occidentale di quel che fa il Partito comunista più potente del mondo. E praticamente non gli piace nulla. Che Bertinotti e tutto il suo partito (o quasi tutto) non amino il comunismo realizzato, non è una novità. Non lo era neanche quando il comunismo era vivo e vegeto e Bertinotti era un dirigente sindacale del Piemonte e stava nel Psiup. Ma una cosa è dirlo da qui, da Roma, un'altra è dirlo in faccia ai dirigenti cinesi. Lui sembra intenzionato a dirglielo, con educazione naturalmente, soprattutto con il senso delle proporzioni («Stiamo parlando della Cina, cioè della seconda superpotenza mondiale, mentre noi siamo un piccolo partito italiano», spiegano): a dire cioè che senza libertà politiche e personali, senza la democrazia, senza i diritti umani, non c'è comunismo che tenga, almeno quel comunismo che ancora hanno in testa i suoi rifondatori italiani. Tanto che, come ha detto il leader di Rifondazione ieri sera alla presentazione del libro del senatore Franco Debenedetti («Grazie Silvio», Mondadori) con Gianni Letta e Ezio Mauro, “Il Dio del comunismo è morto anche se non sono morti quei bisogni che il comunismo rappresentava”. Per non parlare della pena di morte: la Cina è il paese che la applica di più: processi sommari, esecuzioni brutali. Insomma, tra Bertinotti e i suoi «compagni» cinesi le probabilità di un incontro sono scarsissime, quelle di uno scontro molto alte. Anche se qualcosa forse si muove: la Peking review (rivista scritta in inglese e dunque rivolta alle élites del paese), ha dedicato il suo ultimo numero alla questione dei diritti umani. Un segnale dal regime? Chissà. Ma illusioni nessuno se ne fa, anzi. I dirigenti di Rifondazione ti dicono che la Cina è riuscita nell'impresa di mettere insieme il peggio dei due regimi, quello comunista e quello capitalista. In Unione sovietica non c'erano libertà e democrazia ma almeno esisteva una parvenza di uguaglianza dei cittadini: lavoro, salari, diritti e servizi sociali per tutti. In Cina nemmeno questo, anzi l'opposto. La straordinaria apertura al mercato globalizzato, l'ideologia liberista, la flessibilità estrema del lavoro con tutte la precarietà e le ingiustizie che provoca, l'enorme differenza che c'è tra ricchi e poverissimi. Oppure l'adesione della Cina al Wto: Bertinotti spiegherà ai suoi interlocutori che non è d'accordo. Lui sta col movimento no global che contesta l'Organizzazione internazionale del commercio (e non a caso l'esordio di quel movimento fu proprio al vertice del Wto, a Seattle nel dicembre 99). Così come sull'embargo sulle armi: Ciampi - dicono - ha chiesto che venga tolto, così Berlusconi e quasi tutti gli altri. I rifondatori no, vogliono mantenerlo. Dicono di essere il Partito comunista più critico al mondo col «cosiddetto» comunismo cinese, e il viaggio sarà l'occasione per tirare una riga definitiva, chiamiamola pure una rottura «con quella roba lì». Ecco, «quella roba lì» Bertinotti la visiterà come se non fosse un paese che «si autodefinisce comunista», anche perché per lui non lo è affatto: pensa che oggi nessun paese al mondo possa chiamarsi comunista. Senza pregiudizi (o post-giudizi), senza insomma occhiali ideologici. Vuole capire se i cinesi hanno intenzione di proseguire sulla strada del loro sviluppo senza freni e senza diritti e senza libertà e senza... o se si pongono qualche problema sui danni che provoca. Gli hanno detto che solo a Pechino ci sono 850 mila lavoratori addetti a costruire grattacieli: ma dopo, dietro, sotto, i grattacieli? Una piccola apertura di credito (sempre col senso delle proporzioni), tuttavia l'ospite italiano la farà: se la Cina si proponesse come un intralcio all'unipolarismo americano sarebbe una novità. Non per seguire la logica del «nemico del mio nemico è mio amico anche se è mio nemico», ma proprio per sapere se i cinesi hanno intenzione di aprire una contraddizione nel mondo così come è oggi. Intanto parte, visiterà la Cina, qualcuno incontrerà, soprattutto parlerà. E parlerà in Cina perché l'Italia intenda. Siamo prossimi alle elezioni, il suo partito si candida al governo, lui alla Presidenza della Camera, un nuovo strappo con il comunismo (per quanto cinese, per quanto falso) non può che dargli una mano in patria. da La Stampa del 7 dicembre 2005, pag. 6
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#13 |
Senior Member
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Prima di leggere il testo che segue vi consiglio di rileggere il mio post precedente, altrimenti questo sotto non vi farà ridere abbastanza
![]() Fausto elogia la «tolleranza religiosa» di Pechino Cina. Trasformare il Tibet in una Disneyland spirituale. • da Il Riformista del 14 dicembre 2005, pag. 7 di Stefano Cappellini In occasione dei funerali di Giovanni Paolo II, mentre il mondo intero esprimeva il suo cordoglio, il portavoce del ministro degli Esteri cinese dichiarava: «L'Italia deve evitare il ripetersi di eventi simili». Il surreale commento era riferito non alle esequie del papa, bensì alla concessione del visto al presidente di Taiwan Chen Shui-Bian, seduto in prima fila a piazza San Pietro lo scorso aprile. Proprio le relazioni diplomatiche tra Taiwan e il Vaticano, che non ne ha invece con la Repubblica popolare cinese, rappresentano oggi uno degli ostacoli principali all'emersione della Chiesa cattolica romana oggi costretta alla clandestinità in Cina, così come del resto tulle quelle religioni che non ricevono il visto di Stato, che non subordinano cioè la loro attività alle ragioni del governo e del patriottismo cinese. Non a caso Pechino ha ufficialmente riconosciuto solo l'altra branca del cattolicesimo locale, significativamente denominata Associazione patriottica cattolica. Poco più di un mese fa è stato arrestato per l'ennesima volta, l'ottava in poco più di un anno, il settantenne vescovo non ufficiale Giulio Jia Zhiguo, che ha trascorso in carcere vent'anni della sua esistenza. I culti che non si sottomettono all'Ufficio statale per gli affari religiosi subiscono persecuzioni di varia natura: il buddismo tibetano vive sotto l'assedio militare di mezzo milione di soldati, il Dalai Lama, resta in esilio, le minoranze protestanti e musulmane, e il movimento Falun Gong (bollato come «setta malvagia»), sono vittime di arresti, intimidazioni e soprusi. Particolarmente colpiti sono i musulmani della provincia autonoma dello Xinjiang, nelle cui campagne si sono verificati un quota importante dei 74 mila episodi di insubordinazione censiti dalla polizia di Stato nel solo 2004. La libertà di culto è uno dei diritti negati per cui il regime cinese è nella lista nera di molti governi e organizzazioni umanitarie. Non in quella di Fausto Bertinotti, che ha iniziato il suo viaggio ufficiale in Cina accreditato della volontà di strappare con uno degli ultimi santuari (almeno formalmente) del comunismo internazionale e che finora ha denunciato più che altro ciò che denuncia tutti i giorni da Roma e da Strasburgo: il libero mercato. Dopo aver associato i morti del Guandong alla rivolta in Val di Susa («E' il mercato che crea queste situazioni, la differenza è che qui spara anche»), pure sulla libertà di culto Bertinotti non vede addebiti specifici per il regime. Anzi, usando parole che potrebbero suscitare qualche polemica nell'Unione, attribuisce al governo cinese un crescente liberalismo religioso. Dopo aver visitato in quasi una settimana di visita numerosi templi del buddismo filo-governativo, cui Pechino concede l'esenzione dalle tasse e il pieno sfruttamento del merchandising turistico ottenendo in cambio legittimazione culturale e religiosa alla linea politica, Bertinotti dice: «La Cina è avviata verso il pieno riconoscimento della libertà di culto. E' evidente che non si può permettere conflitto religioso. E' uno Stato sempre meno caratterizzato ideologicamente, che ha superato la tipica fase post-rivoluzionaria in cui la priorità è l'indottrinamento del popolo. Tra Chiesa e gerarchie ecclesiastiche c'è apertura reciproca». Anche la questione del Tibet è vista da Bertinotti, che chiama a suffragio della sua tesi lo scambio d'opinioni col Dalai Lama in occasione della sua ultima visita italiana, in termini più che ottimistici: «E' possibile trovare per la regione - dice - un accordo tipo Sudtirol, un'autonomia forte che non pregiudichi l'unità della Cina». Secondo il leader di Rifondazione, Pechino avrebbe smesso di guardare alla regione come a un problema politico, intuendone le potenzialità da Disneyland dello spiritualismo: «Il governo cinese vede nel Tibet una chance turistica». Insomma, sarebbe ancora una volta il mercato, per una volta in senso buono, ad aver già spinto la Cina sulla via della piena libertà di culto, «un po' come è successo - spiega Bertinotti - con l'arte contemporanea che oggi è tollerata perché il governo ha capito che serve lo sviluppo diventando un'altra leva di mercato». Per ora l'unico regime denunciato da Bertinotti è quello di fabbrica. Accompagnato ieri dai funzionari del Pcc che lo seguono passo passo a visitare una fabbrica di pullman alla periferia di Zengzhou nella provincia centro-orientale di Henan - visita sommaria e che ha lasciato inevase buona parte delle domande avanzate dal leader italiano al dirigente della fabbrica (che è anche dirigente del sindacato) - Bertinotti ha commentato: «In Cina è perfettamente applicato quel modello di flessibilità che alcuni vorrebbero imporre anche da noi». Non sarà uno strappo, ma almeno vale la chiara preferenza dei comunisti italiani tra il professor Romano Prodi e il compagno presidente Hu Jintao.
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#14 |
Senior Member
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Giuro che non le vado a cercare, mi capitano sottomano per caso
![]() Anche questa è abbastanza divertente, e ormai non posso interrompere la SAGA di BERTINOTTI in CINA. I miei lettori seguono con impazienza le nuove vaccat ehm... puntate! (Notate che sono tre quotidiani diversi ad occuparsi dell'argomento) Troppa Cina fa male ai comunisti, pure a uno come Bertinotti Le gaffe del segretario di Rifondazione sulle repressioni della polizia (è colpa del capitalismo) e sulla libertà religiosa. • da Il Foglio del 15 dicembre 2005, pag. 3 Si, vabbé, come dice il compagno segretario "questo paese è una bestia difficile", ma in generale la sensazione che si ricava dal viaggio cinese di Fausto Bertinotti — e che a quattr'occhi anche alcuni dirigenti del partito ammettono — è di perplessità. Cosa stia a fare, ormai da più di una settimana, il leader di Rifondazione comunista laggiù in estremo oriente non è proprio chiarissimo. Le cronache narrano di un Bertinotti giunto a Pechino con l'intenzione di dire ai dirigenti cinesi il fatto loro, "se mi parlano di socialismo alla cinese, io giro le spalle e me ne vado. Non è socialismo", ed è più o meno finita con i padroni di casa che dicono a Fausto proprio i fatti loro. A cominciare dal socialismo cinese. Così, rispetto ai propositi iniziali, l'impressione è un generale rinculo sui temi più caldi. Non perché Bertinotti — anzi, "signor Bertinotti", come riportano le cronache — non li sollevi, ma i cinesi sorridono, annuiscono, regalano una copia de "L'arte della guerra" di Sun Tzu, cara anche a D'Alema, e passano oltre. In fondo, la battuta piu bella su questa defaticante tournée per il Celeste Impero la riportava l'altro giorno, nel titolo in prima pagina, il quotidiano del partito, Liberazione: "Bertinotti, cosa ti piace della Cina? I cinesi...”. Certo, mica è un vertice a Santi Apostoli, siamo, come ha avuto modo di sottolineare Bertinotti stesso, tra "Silicon VaIley e la Manchester della prima industrializzazione", ma più i giorni passano — d'accordo che la Cina è grande, ma dieci giorni sono sempre dieci giorni — più la faccenda si allunga più la polemica si scolora. E il segretario di Rifondazione, che minacciava di riprendere la strada di casa al solo sentir parlare di socialismo cinese, sono giorni che va in giro dalla Grande Muraglia alla regione dello Henan a dir male della globalizzazione e il libero mercato. Come se fosse un G8 qualsiasi. Ma soprattutto, Bertinotti è stato vittima di quelle che sono sembrate — poi si dirà che il contesto è il contesto e la superficialità dei giornalisti è quella che è — due autentiche gaffe. Lui, che ha rivoltato il partito sul tema della violenza, di fronte all'eccidio nel villaggio di Dongzhou, con la polizia che spara e ammazza almeno venti abitanti, se ne esce con uno strabiliante paragone: "Non dipende dal tipo di regime, ma dalla dipendenza dal mercato capitalistico". Detto meglio: "E' il mercato che crea queste situazioni, la differenza è che qui spara anche". E ancora: "Il potere costituito è così dappertutto. La stessa repressione contro i militanti anti Tav, contro le proteste per le centrali nucleari in Francia o gli inceneritori nel Sud Italia". Trattasi, come si diceva all'inizio, di un paese che è una brutta bestia, ma che è "alle prese con una gigantesca sfida al sottosviluppo". Un po' (troppo) assolutorio. Poi, la sortita sulla liberta religiosa in Cina. apparsa sui giornali di ieri, poche ore prima che le agenzie battessero la notizia di una nuova retata di religiosi, stavolta 29 pastori protestanti: "La Cina è avviata verso il pieno riconoscimento della libertà di culto. E' evidente che non si può permettere un conflitto religioso". Evidente, pare, non proprio, nonostante la previsione bertinottiana: "Il governo cinese vede nel Tibet una chanche turistica". Forse, è proprio colpa del viaggio infinito, dieci giorni tra sorrisini di funzionari del Pcc che stremano e fottono. E con foto sulla Grande Muraglia, molti gradi sotto zero e una bellissima sciarpa al collo che finisce nel mirino di Piero Chiambretti a Markette, secondo il quale costa parecchio di più delle scarpe di D'Alema. Troppa Cina fa male ai comunisti.
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#15 |
Junior Member
Registrato: 21-09-2004
Loc.: La parte soleggiata della terra
Messaggi: 160
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Primo: Bertinotti deve stare in Italia..all'estero fa casino
![]() Secondo: come già dissi, l'Europa è 1000 volte più "comunista" (socialista) della Cina. In Cina del comunismo è rimasto solo il peggio. |
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