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Vecchio 02-09-2004, 19.55.48   #1
Paco
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[La Storia] Cecenia

Da un'idea di davlak apro il primo topic sulla Storia.

Il tema è la Cecenia.
Qui se ne discute e si raccolgono tutti i documenti che troviamo in rete e non sulle origini del conflitto con la Russia.

Avanti...
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Vecchio 02-09-2004, 20.03.54   #2
Gigi75
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Iniziamo ad inquadrare geograficamente.

Mappa Caucaso


Mappa Politica


Mappa Oleodotti


La Storia


Il conflitto tra la Russia e la Repubblica di Cecenia risale a circa tre secoli addietro, quando già lo Zar Pietro il Grande usava la regione montagnosa come una postazione per le proprie spedizioni in Persia. L'espansionismo russo e l'arrivo dei cosacchi provocarono poi la ribellione dei ceceni, uno dei molti gruppi di musulmani nel Caucaso. La rivolta avvenne sotto la guida di Mansur Ushurma, dal 1791 al 1795. Durante la prima metà del XIX secolo la Cecenia fu uno dei bastioni dei ribelli islamici che lottavano per l'indipendenza del Caucaso, con l'imam Shamyl in testa alla “guerra santa” dal 1834 al 1859. Un'ulteriore insurrezione è seguita dal 1877 al 1878.Tra il 1917 e il 1924, prima della formazione dell'Unione Sovietica, i ceceni si sono uniti ad altre popolazioni della regione per combattere la presenza russa, non solo quella dei bolscevichi ma anche quella dei Russi bianchi che li opprimevano. Sotto il dominio sovietico i ceceni e gli ingusci formarono due regioni autonome, poi unite in un'unica nel 1934, divenuta repubblica due anni dopo. Stalin fece dissolvere la repubblica nel 1944, e fece deportare un vasto numero di ceceni e ingusci in Kazakistan e Kirghizistan. In seguito, quando nel 1957 Nikita Kruscev permise loro di ritornare in patria, fu ristabilita la Repubblica autonoma.

Le prime elezioni presidenziali si svolsero nel novembre del 1991 e proclamarono presidente I'ex generale dell'armata sovietica Djokhar Dudayev, il quale dichiarò unilateralmente l'indipendenza della Repubblica Cecena dall'Unione Sovietica e dalla Federazione Russa contando, probabilmente, sulla produzione petrolifera del Paese e, forse, su promesse occidentali di aiuto ed assistenza. Gli anni successivi alla dichiarazione d'indipendenza, per il blocco economico da parte di Mosca e la partenza dal Paese della manodopera specializzata proveniente proprio dalla Russia, furono particolarmente duri per la popolazione; le fabbriche erano ferme e l'agricoltura in grave crisi; il regime di Dudayev era sempre più in difficoltà. Nel dicembre 1994 Mosca inviò 40.000 uomini per fermare il movimento indipendentista, invadendo il piccolo Paese. L'esercito russo, che risentiva della grave crisi attraversata dal paese e coinvolto in una guerra non appoggiata dalla popolazione, nonostante la superiorità numerica e di armamento, andò incontro ad una serie di dure sconfitte. Dopo quasi due anni di guerra e decine di migliaia di morti, soprattutto civili, (si calcola 60-80.000), nell'agosto del 1996 una divisione corazzata che entrò nella capitale venne completamente distrutta dai guerriglieri. A seguito di questa bruciante sconfitta il presidente Boris Eltsin autorizzò il segretario del Consiglio di Sicurezza, il generale Alexander Lebed, a «trattare con gli indipendentisti ceceni per raggiungere una soluzione politica del conflitto e definire un nuovo statuto per la Cecenia nel quadro istituzionale della Federazione russa». Ogni decisione sullo status futuro della Cecenia veniva rimandata al 31 dicembre 2001. La sconfitta militare doveva essere riscattata da parte dell'Armata russa sia a fini interni, per dare credibilità alla propaganda per la ricostituzione dell'impero, sia a fini esterni, per riaffermare la potenza militare di Mosca, soprattutto verso le piccole repubbliche centro asiatiche dove serpeggiano tendenze separatiste. L'occasione arriva nell'agosto 1999 quando scoppiano scontri in Daghestan, una piccola repubblica autonoma russa nel nord del Caucaso, causati dai guerriglieri ceceni di Samil Basayev, un comandante legato al fondamentalismo islamico oramai sfuggito al controllo delle forze democratiche cecene. Mosca decide di intervenire decisamente per sradicare la rivolta. La situazione si trascina fra pesanti scontri e attentati. Finché, nel settembre 1999 scoppia uno scandalo finanziario internazionale che coinvolge i dirigenti del Cremlino, e la famiglia di Eltsin in primo luogo, in una complessa operazione di riciclaggio, su banche estere, di denaro proveniente dagli aiuti del Fondo monetario internazionale. Negli stessi giorni Mosca è sconvolta da due attentati dinamitardi - attribuiti dalle autorità ai ribelli ceceni - che, con il crollo di due grandi palazzi, provocano decine di vittime e diffuso terrore nella popolazione. Mosca decide di intervenire decisamente per sradicare la rivolta in Daghestan. La situazione si trascina fra pesanti scontri e attentati. Il 20 settembre le truppe russe iniziano l'accerchiamento delle basi dei separatisti daghestani in Cecenia, con violenti bombardamenti che preludono all'occupazione del territorio ceceno. E' iniziata la seconda guerra in Cecenia, come è stata poi chiamata. Verso la fine di ottobre si intensificano i bombardamenti sulla capitale Grozny. Nel dicembre 1999 le truppe russe stringono l'assedio su Grozny e pongono un ultimatum (12 dicembre) che impone alla popolazione residua di lasciare la città, ormai semidistrutta. La reazione europea modifica la durezza dell'ultimatum, ma non la situazione sul territorio, mentre si prepara la battaglia finale. Le organizzazioni umanitarie non hanno accesso al teatro delle operazioni. Alle elezioni per il rinnovo della Duma, che si tengono il 19 dicembre, gli schieramenti politici che sostengono il presidente Eltsin e il primo ministro Putin (riuniti nel movimento "Unità") ottengono un'affermazione al di sopra delle aspettative. La popolarità di Putin è legata alla durezza della campagna in Cecenia, che tutti i partiti sostengono. Il 31 dicembre 1999, a sorpresa, Eltsin annuncia le sue dimissione da presidente; gli succede ad interim Vladimir Putin, che dovrà preparare le elezioni indette per il 26 marzo 2000. La successione avviene mentre Putin è al massimo della popolarità. In Cecenia i Russi si trovano a dover contrastare una resistenza particolarmente dura; per qualche settimana si parla di "battaglia finale", le pressioni internazionali per la salvaguardia dei civili si fanno più forti ma non influenzano in maniera significativa il corso delle operazioni. Emergono testimonianze sempre più numerose di violenze dei militari russi contro i civili. A febbraio 2000 i guerriglieri ceceni dichiarano di avere abbandonato Grozny per organizzare la resistenza sulle montagne.

Alle elezioni presidenziali russe trionfa Putin con oltre il 50% dei voti. Un'altra motivazione, forse la principale, per la guerra è la lotta per il controllo del petrolio del Caucaso e soprattutto delle vie per il suo trasporto. «La Russia - scrive Le Monde Diplomatique di novembre '99 - ha sempre sostenuto il principio che la maggior parte del petrolio dovesse passare sul suo territorio, come in epoca sovietica, utilizzando l'oleodotto Baku-Novorossijsk». La regione del Caucaso si trova quindi al centro di un importante scontro geopolitico, e non solo come via di transito per gli idrocarburi del Mar Caspio. È da notare che solo pochi mesi innanzi l'intrapresa della prima guerra cecena, nel settembre 1994, a Baku si celebrava la sottoscrizione di un accordo tra alcune compagnie statunitensi, capitanate dalla Amoco, e il presidente azero Heydar Aliyev. Il consorzio prendeva il nome di Azerbaijan International Operating Company (AIOC). La costituzione dell'AIOC pose ben presto un problema di trasferimento del greggio verso i mercati occidentali. Infatti le risorse provenienti dal Caspio sarebbero dovute uscire soltanto attraverso il territorio di Iran o di Russia. L'AIOC assunse l'impegno di usare la linea russa, dopo che, ad agosto, era stato raggiunto un accordo tra il Cremlino e i separatisti ceceni, ma allo stesso tempo dichiarava l'intenzione di ricorrere ad una nuova rotta occidentale, sostenuta dagli USA e fuori dal controllo russo, un oleodotto alternativo che avrebbe unito Baku al porto del Mar Nero di Supsa in Georgia. La diplomazia statunitense scegliendo una politica di diversificazione dei tracciati compiva un primo passo per estromettere la Russia dall'area. A dicembre si scatena la guerra: con la sconfitta russa e la conseguente perdita del controllo diretto sulla Cecenia la via russa al petrolio perde ancora quotazione. Una volta raggiunta la pace infatti l'oleodotto fu riparato, ma la Cecenia pretendeva tariffe dieci volte più alte di quelle che la Russia era disposta a pagare.
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Vecchio 02-09-2004, 20.04.25   #3
Gigi75
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Alla fine l'accordo fu trovato, ma il primo flusso di petrolio ha varcato il confine Russo-Azero solo il 28 febbraio 1998. Il 17 aprile 1999 è stato ufficialmente aperto l'oleodotto che collega Baku a Supsa, che di fatto si inserisce nel sistema di sicurezza della NATO. In questo modo gli Stati associati del GUUAM (Georgia, Ucraina, Uzbekistan, Azerbaijan, Moldavia) e i loro finanziatori occidentali con gli USA in prima fila, hanno creato una prima breccia nel monopolio russo.

Leggiamo in «Guerra e Pace» di settembre '99: « La reazione del Cremlino è stata il rafforzamento di tutto il suo dispositivo militare nell'area nordcaucasica e del Daghestan. Navi da guerra nel porto di Astrahan, arrivo di reparti di fanteria meccanizzata nella città di Bujnaksk, un piano per la costruzione di una base navale militare a Kaspijsk. Anche la base militare di Gyumri, in Armenia, è stata ammodernata, dotata di nuovi aerei Mig 29 e di nuovi sistemi di difesa contraerea. Il che ha suscitato le proteste dei governi azero, ucraino e georgiano. Essi si sono accordati per creare una forza militare di difesa della linea dell'oleodotto Baku-Supsa. Il segnale per Mosca è inequivocabile, Ucraina e Georgia continueranno la loro politica di aggiramento delle rotte settentrionali russe con tutti i rischi di un ulteriore aggravamento della tensione».
«(...) Nelle sue recenti interviste il presidente ceceno Aslan Maskhadov ha parlato di «mandanti degli attentati dinamitardi molto lontani dalle frontiere» e di strani emissari che cercavano di persuadere i ceceni a forare questo oleodotto, che si è dovuto effettivamente chiudere in primavera. I russi sono stati quindi costretti a trasportare il greggio su vagoni cisterna lungo una linea ferroviaria che aggira a nord la Cecenia. A sua volta il capo dei ribelli Shamil Basaev, trasformando il Daghestan in Stato islamico, ha reso questo transito impossibile e ha minacciato l'altro grande progetto russo: la costruzione, iniziata nel maggio 1999, dell'oleodotto Tengiz (in Kazahstan)-Novorossijsk che attraversa le steppe calmucche a nord del Daghestan»
Fonte
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Vecchio 02-09-2004, 20.38.35   #4
davlak
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sono proprio contento e vi ringrazio

bellissimo il materiale proposto da Gigi. (Y)

questi 3d saranno utili a tutti, me lo auguro davvero...a me di sicuro, sono sempre assetato di notizie e documentazioni che spesso ricerco goffamente.

io mi sto adoperando per rispolverare quella enciclopedia con le copie di manoscritti e altro.

Potrebbero essere utili, ho già visto qualcosa sula cecenia e devo solo mettere in moto il mio scanner macinino.






Le avventure caucasiche di Eltsin e Putin.

Molti misteri dietro le guerre che hanno impegnato la Russia postsovietica



25 ottobre 2002
di Giulietto Chiesa (tratto da www.italy.indymedia.org)

Cecenia di sangue, Cecenia di misteri. La prima guerra durò circa un anno, e fu una sconfitta tremenda per Boris Eltsin. L'avevano cominciata i suoi pretoriani, nell'autunno del 1994, preoccupati per il rating del «primo presidente di Russia» in caduta libera, vicino al minimo assoluto e siderale del 6% di persone disposte a votarlo. Così escogitarono un nemico, il generale Dudaev, eroe dell'Unione Sovietica, seduta stante nominato dittatore sanguinario dei ceceni separatisti.

Il generale Pavel Graciov, allora ministro della Difesa - «il migliore ministro della difesa di tutti i tempi», aveva sentenziato Boris Eltsin in quel frangente - dichiarò che avrebbe avuto ragione di quella banda di delinquenti in quarantott'ore. Quando arrivai a Grozny, nel Capodanno 1995, contai nella sola via Staropromyslovka, che portava al centro della capitale cecena, non meno di 25 carri armati russi sventrati accanto a ciascuno dei quali giacevano carbonizzati gli equipaggi. Poveri corpi nudi e neri, qua e là sbocconcellati dai cani che erano passati nella notte. In tutto oltre novanta morti, solo in quella strada.


E Grozny, ridotta già a città fantasma, era in mano ai ribelli. E vi rimase, con alterne fortune, fino a quando Eltsin - vinte le elezioni con tutti i trucchi e gli inganni possibili e immaginabili (e anche con quelli impossibili e inimmaginabili) - dopo cinque bypass, fu costretto a chiamare in soccorso il generale Aleksandr Lebed. Che firmò la sconfitta della guerra cecena, la prima sconfitta della nuova Russia che, da allora, di guerre non ne ha vinta più nessuna.

Poi ci furono tre anni di silenzio, con la Cecenia che s'incamminava verso la piena indipendenza, con Mosca incapace di reagire, con i ceceni sempre più aggressivi e strafottenti che riempivano Mosca con la loro droga, scorrazzavano con le loro Mercedes 600, e promettevano di gestire in proprio l'oleodotto ex russo. E, di nuovo, venne l'occasione politica per riaprire il conflitto.

Boris Eltsin non era più presentabile a nessuno, con le sue carte di credito svizzere, con la figlia che comprava ville a destra e a manca, con una corte di servi indecenti. E così fu deciso, prima di tutto a Washington, che doveva andarsene.

Ma chi fare presidente in quel panorama? Non c'era un successore «di grido» capace di garantire gli interessi occidentali e quelli degli oligarchi, insieme con quelli del «consenso washingtoniano».

Inventarono Vladimir Putin, il «Signor Nessuno». Ma per fare trionfare in un'elezione un Signor Nessuno - lo sapevano - non bastano neppure tutte le televisioni di un paese. Ci vuole qualcos'altro. E cosa c'è di meglio di una piccola guerra vittoriosa per vincere, in una Russia offesa nel suo orgoglio, un'elezione presidenziale?

Così cominciò la seconda guerra cecena: con un attacco molto strano, fatto dal territorio ceceno contro il vicino Daghestan guidato da un certo, allora poco noto, Shamil Basaev. Attacco sventato, controffensiva russa, e poi conquista graduale del territorio dell’ex repubblica russa di Cecenia fino a Grozny, che ormai era così distrutta che non poteva esserlo di più; fino a Gudermes, Shatun, tutte le città. Basaev, dopo aver fatto ciò che gli era stato comandato, sparì per mesi.

Ma qualcuno ricordò che Basaev era stato un agente dei servizi segreti militari russi nel corso della guerra di Abkhazia in Georgia. E allora molte cose diventarono più chiare. La guerra era stata preparata a tavolino, a Mosca. I ceceni del presidente legittimo, Maskhadov, non c'entravano per nulla. Scoppiarono bombe a Mosca per alimentare l'odio contro i ceceni, e Putin diventò presidente con una maggioranza straripante.

Aveva detto, con sicurezza, che avrebbe vinto la guerra, vinto militarmente. Ma sono passati due anni e mezzo. Ai centomila morti della prima guerra cecena si sono aggiunti i quarantamila della seconda. Nelle due avventure, entrambe volute dal Cremlino, sono morti non meno di trentamila soldati e ufficiali russi. La guerra non è stata vinta.

Al contrario si è incancrenita, si è tragicamente «arricchita» di nuovi contenuti. Se era partita come una rivendicazione nazionale d'indipendenza, prevalentemente politica, anche etnica, ma non ancora religiosa, adesso si è trasformata in fondamentalismo religioso, in una somma di odi inestinguibili. E' ovvio che, in questi anni di svolta mondiale, l'estremismo islamico abbia gettato radici anche in Cecenia, e non solo in Cecenia ma anche in altre zone musulmane della Russia.

Combattenti ceceni erano in Afghanistan, combattenti arabi erano e sono in Cecenia, il wahhabismo saudita si è dilatato in ogni direzione. E ora siamo alla tragedia di Mosca. Solo adesso Vladimir Putin sembra rendersi conto che il problema ceceno non poteva essere risolto soltanto come faccenda interna alla Russia. Illusione militare, ma anche mancanza di comprensione dei processi mondiali che andavano maturando.

Fin dalla prima guerra cecena era già chiaro che interessi esterni potenti stavano mettendo il naso nella guerra. Servizi segreti turchi, e americani, agivano su quel terreno, perché era evidente che una Cecenia in guerra non poteva essere il territorio attraverso cui poteva passare l'oro nero del Caspio verso gli utilizzatori occidentali. E, infatti, fu proprio Clinton, nel 1998, ad andare a Ankara a firmare l'accordo per un oleodotto alternativo a quello russo che avrebbe dovuto transitare attraverso la Georgia e la Turchia, bypassando non solo la Russia ma il Mar Nero, per arrivare direttamente nel Mediterraneo, nel porto di Ceyhan.
Adesso Putin, senza fare nomi, dice che dietro l'offensiva suicida di Mosca c'è l'apporto di organizzazioni terroristiche straniere. Ha ragione, adesso. Il che significa che prima si era sbagliato. Se avesse capito per tempo avrebbe cercato una soluzione negoziata con Maskhadov, che gliela chiedeva.


E basterebbe ora che la sua fantasia gli facesse fare un altro passo avanti verso un probabile verità. Perché lo colpiscono proprio adesso? Proprio adesso che Mosca sta resistendo alla richiesta di Washington di dare il via libera alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza che autorizzerebbe l'attacco armato contro Saddam Hussein? Chissà se, nelle stanze del Cremlino, qualcuno comincia a capire che il gioco è diventato molto pesante e che non si può stare a metà del guado. «O con noi o contro di noi», gli viene detto da tutte le parti.


Ricordo il sindaco di Mosca Jury Luzhkov, in piedi sulle macerie dei palazzi di Mosca fatti saltare con dentro trecento innocenti, in quel tremendo settembre 1999. Stava silenzioso, pallido come un cadavere, con lo sguardo fisso nel vuoto. Era dolore, ma non soltanto. Era l'aver capito, in quel momento, che le sue speranze di fermare Putin erano finite, per sempre. Forse oggi lo sguardo di Putin, se potessimo vederlo per un attimo oltre le tendine dei palazzi del Cremlino, direbbe la stessa, identica cosa. Non c'è più via d'uscita.


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riporto anche il link sul 3d iniziale:

http://www.peacelink.it/cecenia/dossier.html
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Vecchio 02-09-2004, 21.09.42   #5
davlak
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Ossezia, una regione epicentro di conflitti
L’Ossezia del Nord, dove oggi un commando ha preso in ostaggio in una scuola almeno 400 persone, è una repubblica autonoma della Federazione russa. Situata nella turbolenta regione del Caucaso, l’Ossezia del Nord confina con le repubbliche autonome dell’Inguscezia e della Cecenia e a sud con la Georgia. Ha una superficie di circa 8.000 kmq (estesa quanto l’Umbria) e una popolazione di oltre 700 mila abitanti. La capitale è Vladikavkaz (oltre 315 mila abitanti). Lingue ufficiali: russo e osseto (ceppo iranico). Religione: in prevalenza cristiani, con minoranze musulmane. Presidente della repubblica dal 1998 è Alexandr Dzasokhov, ex esponente del Pcus.

STORIA. L’Ossezia del Nord proclamò la sua sovranità dalla Russia e dalla stessa Urss il 26 dicembre 1990. L’anno seguente il paese diventò retrovia del primo conflitto interetnico della storia dell’ex Urss. Quello combattuto dai georgiani per soffocare l’autonomia rivendicata dagli osseti del sud, repubblica autonoma georgiana: gli osseti del sud, sconfitti sciamarono soprattutto verso la capitale dell’Ossezia del nord, Vladikavkaz.
Dopo la dissoluzione dell’Urss (dicembre 1991) proprio in questa regione scoppiò il primo serio conflitto armato all’interno della Federazione russa: quello tra osseti e ingusci. La Inguscezia si era formata, staccandosi dalla Cecenia - con la quale dal 1934 formava una solo Repubblica autonoma - dopo che questa si era proclamata indipendente dalla Russia. Nel 1992 cominciarono a ritornare in patria i discendenti dei popoli fatti deportare da Stalin in Asia centrale perché accusati di collaborazionismo con i nazisti. I discendenti rioccuparono le terre dei padri che erano state assegnate agli osseti del Nord. Tra osseti e ingusci ci furono sanguinosi scontri con centinaia di morti.
Un’altra crisi si riversò sull’Ossezia del nord due anni dopo, quando migliaia di profughi arrivarono dalla vicina Cecenia dopo l’ingresso delle truppe russe nel 1994 per far ammainare ai ribelli ceceni la bandiera dell’indipendenza. L’insoluta questione cecena, con il suo carico di profughi e attacchi della guerriglia, non poteva non coinvolgere di nuovo l’Ossezia del nord dopo il secondo intervento armato russo nella repubblica ribelle che prese le mosse nell’ottobre del 1999 e tuttora in atto.

ECONOMIA: è una delle repubbliche più sviluppate della Federazione russa, con una elevata concentrazione di industrie elettroniche, chimiche, metallurgiche e minerarie. Oltre la metà del territorio è occupato da alte montagne con vasti boschi, pascoli alpini e allevamenti. Sviluppata è anche l’agricoltura in otto distretti della repubblica. Il paese è anche ricco di acque minerali e la bellezza del territorio, prima dei vari conflitti in atto nella regione, aveva attratto numerosi turisti.

1/9/2004


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Vecchio 03-09-2004, 00.30.52   #6
davlak
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Il 29 aprile 2002 è morto Shamyl Basaev, capo della resistenza cecena. I media italiani e mondiali hanno praticamente ignorato la notizia.

Shamyl Basaev.
Shamyl Basaev era l’ultimo di una lunga lista di combattenti per la libertà della propria terra, il Caucaso.
Secondo Zbignew Brzezinski, ex National Security Adviser del governo americano, il Caucaso è la zona più importante del pianeta.
Lì è in atto la più lunga guerra della storia dell’umanità. Essa dura da quattro secoli, cioè da quando lo zar russo Pietro il Grande nel XVII secolo, tentò di impossessarsi del Caucaso. Dopo di lui tutti gli zar hanno combattuto per soggiogarlo.
E come avrebbero potuto resistere al suo fascino? Dalla Bibbia alle molto più antiche tavolette della biblioteca di Nabucodonosor a Babilonia, a tutte le carte geografiche europee fino all’anno mille dopo Cristo, il Caucaso viene indicato come sede del paradiso terrestre. Sotto un disegnino di Adamo ed Eva sta scritto: Caucasus, e dai loro piedi si dipartono i due fiumi sacri della Mesopotamia: il Tigri e l’Eufrate.
Quella fu la culla dell’umanità. Sulle falde di quei monti furono coltivati per la prima volta i tre cibi sacri dell’uomo: il pane, l’olio, il vino. Di lì cominciò il lungo viaggio verso la Terra Santa di Abramo, il padre delle tre grandi religioni monoteistiche: l’ebraismo, il cristianesimo, l’islam.
Durante il diluvio universale Dio spaccò in due il monte più alto d’Europa, l’Elbruz, per lasciar passare l’arca, che andò ad arenarsi sul monte Ararat, nel Piccolo Caucaso. Quando cessò di piovere, Noè mandò un corvo per vedere come era la situazione, ma il corvo non tornò indietro perché, avendo fatto una scorpacciata delle carogne sparse ovunque dopo il ritiro delle acque, si era troppo appesantito per riuscire ancora a volare. Allora Noè mandò una colomba, che tornò indietro con un ramo d’ulivo nel becco. L’ulivo cresceva sulle falde del Caucaso al di sopra del livello delle acque. Un altro ramo di quegli ulivi fu trapiantato in Terra Santa e divenne il legno della croce di Cristo.
Secondo la mitologia greca, i Titani si rivoltarono contro Giove sui monti del Caucaso, riprendendo la leggenda biblica degli angeli ribelli.
Sulla nave Argo Giasone andò alla ricerca del vello d’oro in Colchide, ai piedi del Caucaso.
In Caucaso Hassan i-Sabbah, il primo Grande Vecchio della storia, terrorizzò il mondo dei crociati inviando i suoi seguaci ad uccidere i potenti che gli erano sgraditi. Prima faceva loro bere una bevanda a base di hashish, e per questo furono chiamanti hashishin, cioè assassini. Hassan i-Sabbah fu il precursore di Usama bin Laden.
I discendenti degli ittiti, degli assiri, dei mongoli di Gengis Khan, dei crociati, dei kipta (gli ebrei fuggiti dalla schiavitù in Babilonia nel VII secolo prima di Cristo), dei khazari (l’unico popolo della storia ad essersi convertito in massa all’ebraismo), dei primi cristiani e di tutte le razze della terra vivevano in Caucaso fino agli inizi del Novecento. Lì venivano adorati tutti gli dei.
In Caucaso nacque la prima religione monoteistica, lo zoroastrismo.
A metà del XIX secolo i russi riuscirono finalmente ad assoggettare le città del Caucaso, ma non i popoli delle montagne.
Negli anni ‘30 il caucasiano Stalin, primo zar rosso, deportò dal Caucaso 8 milioni di persone, che morirono nei vari gulag russi. Questo crimine, che sorpassa di due milioni quello di Hitler, è stato praticamente ignorato.
In Caucaso ci sono immensi giacimenti di petrolio. Agli inizi del ‘900 Baku, una città sul mar Caspio, ne era la prima produttrice mondiale. La prima battaglia per il petrolio fu combattuta a Stalingrado fra Hitler e Stalin. Solo dalla parte russa morirono 3 milioni e mezzo di persone. Altre guerre sono state combattute, o sono in atto, a causa del petrolio. Ieri il Desert Storm di Bush padre contro l’Iraq, oggi la guerra al terrorismo di Bush figlio contro l’Afghanistan. I Bush ne capiscono l’importanza, perché sono petrolieri.
Oggi il petrolio è vitale al funzionamento, cioè alla sopravvivenza dell’Occidente. Per questa ragione la Russia dal 1994 sta combattendo contro la Cecenia.
Agli inizi di questa guerra gli abitanti della Cecenia erano un milione e mezzo, oggi sono rimasti in dieci o ventimila. In due soli bombardamenti di Grozny, la capitale della Cecenia, i russi hanno ammazzato 400.000 (quattrocentomila) persone. Per i tremila morti delle Twin Towers il mondo è sceso in guerra contro l’Afghanistan, mentre i 400.000 morti ceceni non sono stati ritenuti degni nemmeno di menzione.
Con buona pace di chi sostiene che i morti sono uguali.
L’ultimo combattente per la libertà del Caucaso era Shamyl Basaiev.
Ora la Russia forse ha finalmente vinto la sua guerra di 400 anni per impadronirsi del Caucaso. Ieri della sua bellezza e dei suoi misteri; oggi del suo petrolio.


Fonte: http://www.questotrentino.it/2002/10...ra_Cecenia.htm


Ultima modifica di davlak : 03-09-2004 alle ore 00.53.37
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Vecchio 03-09-2004, 00.32.15   #7
davlak
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Primo tra i figli dello zar Alessio e della seconda moglie, Natalia Naryskin, Pietro I, poi detto "Il Grande", nasce a Mosca il 30 maggio 1672. Rimane orfano a soli quattro anni. Nel 1682, alla morte del fratello Fëdor III (figlio di Maria Miloslavskij, prima moglie di Alessio), Pietro I viene proclamato unico zar dai partigiani dei Naryskin, ma una rivolta della guardia di palazzo e dei boiari ispirata dalla fazione dei Miloslavskij impone una diarchia con Ivan, fratello di Fëdor.

Data la giovane età dei due zar il potere effettivo viene affidato alla reggente Sofia, sorella di Ivan, che relega Pietro I in un villaggio alle porte di Mosca. Nel 1689 Pietro I scampa a una rivolta della guardia di palazzo, organizzata da Sofia per eliminarlo; Pietro I passa quindi all'azione con l'aiuto di truppe organizzate e addestrate durante il suo forzato esilio: raggiunge Mosca e destituisce Sofia; si fa incoronare zar con il fratello Ivan e delega ogni azione di governo alla madre Natalia. Solo successivamente alla morte di Natalia (1694) e di Ivan (1696) Pietro I assume direttamente il potere.

Mirando a fare della Russia uno stato moderno capace di affacciarsi sulla situazione internazionale in posizione dominante, Pietro I effettua un lungo viaggio che tocca i più importanti peasi europei, con l'obiettivo di studiare le strutture organizzative e produttive, e reclutare maestranze qualificate da portare in Russia. Rientra a Mosca e introduce nel paese una serie di cambiamenti che riformano la struttura e i meccanismi statali e sociali. Introduce e promuove costumi e atteggiamenti occidentali nell'aristocrazia russa, forma governatorati per il controllo fiscale e giudiziario di tutto il territorio, crea un senato di nove membri di ausilio all'opera di governo. Dentro la chiesa ortodossa sostituisce il patriarcato con il collegio ecclesiastico del Santo Sinodo, mettendo a capo un procuratore generale di sua nomina. Nel 1722 inoltre sovverte la tradizione ereditaria della corona russa con un decreto che attribuisce allo zar il diritto di designare il proprio successore, anche scavalcando il diritto di primogenitura.

Un altro importante obiettivo dello zar è lo sviluppo dell'economia nazionale che, pur incoraggiando l'iniziativa privata, ricorre ampiamente all'intervento diretto dello stato. L'industrializzazione interessa soprattutto gli Urali, dove Pietro I imprime un ponderoso impulso all'industria estrattiva e metallurgica. Adotta il calendario giuliano e la semplificazione dell'alfabeto cirillico; fa pubblicare il primo giornale russo.

L'obiettivo di Pietro I è fare della Russia la maggiore potenza dell'Europa orientale: ritiene essenziale conquistare uno sbocco al mare assicurandosi il predominio sul Baltico e sulla regione del Mar Nero. Ciò lo conduce allo scontro bellico con l'impero turco e la Svezia: trova un alleato naturale nell'Austria.
Pietro I da il via alla colonizzazione russa delle coste del Mar Nero: il possedimento viene confermato nel 1699 con la pace di Carlowitz, conclusa tra Asburgo, Venezia, Polonia, Russia e impero ottomano. Il predominio sul Mar Baltico è impresa assai più ardua: nella II guerra del Nord (1700-21) Pietro I aderisce alla coalizione contro Carlo XII di Svezia e invade l'Estonia; viene pesantemente sconfitto a Narva e abbandona momentaneamente il conflitto. Mentre gli svedesi sono impegnati contro la Polonia, la Russia riorganizza l'esercito, riconquista Ingria, Carelia ed Estonia e fonda sulle coste del Baltico la città di San Pietroburgo: è il 1703. La città viene elevata a capitale dell'impero russo nel 1712.

Chiuso il confronto con Carlo XII, Pietro I continua la guerra contro l'impero ottomano, alleato degli svedesi; la pace viene raggiunta nel 1711, ma costa alla Russia la rinuncia ad Azov. I possedimenti baltici, nuovamente contesi dalla Svezia, vengono definitivamente acquisiti con la pace di Nystad.
La conclusione della guerra nordica sancisce il predominio russo nella regione baltica: Pietro I si proclama "Zar di tutte le Russie".
Morirà a San Pietroburgo il 28 gennaio 1725.

Il processo di europeizzazione iniziato da Pietro il Grande è di importanza fondamentale nella storia della Russia moderna, anche se richiederà quasi due secoli per affermarsi in modo concreto.


Fonte: http://biografieonline.it/biografia....etro+il+Grande
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Vecchio 03-09-2004, 00.37.17   #8
davlak
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Le analisi per il passato sono ancora valide per le guerre di oggi? Il libro inchiesta “Il Dio della guer ra” (A. Guerini) conferma la tesi della religione come alibi.
Gli autori, Emanuele Giordana e Paolo Affatato, hanno pesato il fattore religioso in Cecenia, Indonesia, nei Balcani e in altre zone di conflitti etnico-religiosi.
• Bosniaci? No, musulmani
E anche il ruolo giocato dai luoghi comuni. “Per esempio, la definizione dell'esercito bosniaco come "musulmano" nasce dalle corrispondenze delle agenzie e dei quotidiani occidentali. L'esercito all'inizio era nazionale e pluralista: un inviato del quotidiano francese “Le Monde” ci ha detto che nei suoi articoli scriveva "esercito bosniaco", ma in redazione a Parigi cambiavano in “esercito musulmano", dato che vedere una guerra con la lente della religione era un modo per semplificare. Alcuni luoghi comuni, continuamente ripetuti dagli organi d'informazione, hanno certamente contribuito ad amplificare gli aspetti religiosi del conflitto”. Che restano però secondari nelle recenti guerre balcaniche, “In realtà” ritengono gli autori “lobby nazionaliste hanno strumentalizzato le diverse identità religiose”.
• Armi e interessi
Pure in Cecenia. è la guerra a usare la religione e non viceversa: i fondamentalisti islamici sono emersi di recente, in concomitanza con le aspirazioni di potere di alcuni capi locali. Ma il loro generale, Khattab, ha raccolto molti consensi sulle macerie della politica repressiva di Eltsin in Cecenia fino al 1996. “La leadership locale pensava di controllare i fondamentalisti, così come lo credeva l'esercito russo, che li strumentalizzava per legittimare le sue violazioni dei diritti umani sulla popolazione”.
Fonte: http://www.tanogabo.it/Diouno.htm

Nuova offensiva dei ribelli islamisti ceceni, i famosi boïevichi o come alcuni giornali occidentali sono soliti chiamarli "le forze fedeli al presidente indipendentista ceceno" Aslan Maskadov.
Tra l'altro è proprio il caso di ricordare che Maskadov solo pochi mesi fa venne ricevuto con tutti gli onori di un capo di stato a Washington e alla Casa Bianca dove intrattenne le più alte istanze statunitense sul problema della "violazione dei diritti umani" nel suo paese! Con la loro iniziativa militare i guerriglieri hanno sostenuto di avere conquistato lunedì 17 settembre, la seconda città della Cecenia, Gudermes oltre alla località montuosa e d'importanza strategica di Nojai-Iurt.
Nella tarda mattinata l'agenzia russa RIA confermava la notizia che circa 400 boïevichi "pesantemente armati, bene organizzati e che conoscevano bene la città hanno attaccato Gudermes, nella quale sono in corso durissimi combattimenti".
Secondo il portavoce degli "indipendentisti" Maerbek Vatchagaev "le forze russe sono state colte di sorpresa e avendo subìto pesanti perdite starebbero trattando la resa, mentre la popolazione di Nojai-Iurt si sarebbe unita spontaneamente ai ribelli".
Ma lo scatenamento della nuova offensiva è iniziata nella mattina dell'11 settembre (non molte ore prima della carneficina alle Twin Towers di New York) quando in vari punti del paese le forze russe sarebbero state attaccate e con particolare violenza quelle di stanza nella capitale (Grozny).
I boïevichi avrebbero anche abbattutto un elicottero blindato russo e nell'episodio avrebbero perso la vita due generali dell'Armata Rossa.
Interrogato dalla Reuters un portavoce del Ministero russo della difesa non ha confermato la caduta di Gudermes.
Nel frattempo i combattimenti continuano e mercoledì 19 settembre nel corso di un ennesimo assalto, i boïevichi avrebbero ucciso 15 soldati delle forze speciali russe e il vicepresidente del governo provvisorio insediato dai russi.
Quello che voglio sottolineare in questo secondo articolo è la concomitanza dell'offensiva in Cecenia e della carneficina di New York che non mi sembrano affatto scollegate l'una dall'altra.
A tale proposito vorrei ricordare che i leader militari dei boïevichi Shamil Bassiev e Khabib Abd Ar-Rahman Khattab (di nazionalità giordana) già nell'agosto del 1999 avevano occupato dei villaggi del confinante Daghestan proclamandovi uno "Stato Islamico del Daghestan".

Per chi vuole saperne di più, rimando al mio articolo: Giampaolo R. Capisani, "La Cecenia dalla colonizzazione all'"era Putin", in Giano. Pace, ambiente, problemi globali, (pp. 81-99), anno XI°, n° 33, 3/1999, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli.
Giampaolo Capisani 20-09-2001


Fonte: http://www.decoder.it/approfondiment...w&articleID=51


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Vecchio 03-09-2004, 00.44.38   #9
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Vecchio 03-09-2004, 01.16.46   #10
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Linko un'intervista a un ex-parà sovietico che ha combattuto per anni i ceceni. L'intervista è uscita oggi sul Corriere della Sera.

http://pacowt.altervista.org/Storia/..._3_Sett_04.jpg

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Vecchio 03-09-2004, 15.12.44   #12
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Linko un'intervista a un ex-parà sovietico che ha combattuto per anni i ceceni. L'intervista è uscita oggi sul Corriere della Sera.

http://pacowt.altervista.org/Storia/..._3_Sett_04.jpg

A riguardo potrei riportare, al di là di tutte le documentazioni che abbiamo linkato, una testimonianza di mio padre che in quelle zone ha operato per un anno.
Ma è già riassunta, ahimè, nel secondo periodo dell'intervista al parà.
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Vecchio 03-09-2004, 15.37.00   #13
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A riguardo potrei riportare, al di là di tutte le documentazioni che abbiamo linkato, una testimonianza di mio padre che in quelle zone ha operato per un anno.
Ma è già riassunta, ahimè, nel secondo periodo dell'intervista al parà.
La leggerei con interesse.
Se vuoi...
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Vecchio 03-09-2004, 15.48.35   #14
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Vecchio 03-09-2004, 18.44.53   #15
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Analisi di Sergio Romano pubblicata sul Corriere della Sera il 2 Settembre, l'ho divisa in tre parti:

http://pacowt.altervista.org/Storia/...tt_04_1di3.jpg

http://pacowt.altervista.org/Storia/...tt_04_2di3.jpg

http://pacowt.altervista.org/Storia/...tt_04_3di3.jpg

Cartina della Russia Caucasica:

http://pacowt.altervista.org/Storia/..._Caucasica.jpg

Sergio Romano fa un breve riassunto sulla storia del conflitto.


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