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01-06-2006, 12.56.58 | #1 |
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Loc.: La Città dei Mille
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Referendum sulla Devoluzione. Si o No?
Entrambe le parti sembrano essere d'accordo che il testo ha delle pecche che vanno migliorate. Ma mentre il CD sostiene che siccome la nuova legge prenderà il via solo dal 2011, ci sono ben 5 anni per apportare le necessarie modifiche. Se invece vincesse il no, temono che il discorso si arenerebbe per via degli strenui difensori della costituzione del '48 (leggasi la sinistra radicale). Il CS da par suo dice che la legge fa troppo schifo e ci vogliono pensare lor a riscriverla da capo, di comune accordo col CD. Analizzare il testo dal punto di vista tecnico, e giudicare in base a quello, non è di per sè facile. A complicare le cose ci si mette il fatto che il voto assumerà un fortissimo significato politico. Una vittoria del SI rinvigorirebbe il CD e la sua voglia di rivincita. Una vittoria del NO rinforzerebbe il governo Prodi e potrebbe persino decretare la frantumazione della CdL. (Ipotesi che personalmente trovo molto suggestiva) Io sono molto molto molto indeciso, perchè anche gli argomenti a favore del SI non mi sembrano campati per aria. Voi cosa ne pensate? Intanto comincio a postare un po' di "pareri illustri".
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01-06-2006, 12.59.00 | #2 |
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A favore del si: Angelo Panebianco del Corriere
Per decidere come comportarsi nel referendum costituzionale del 25 giugno credo si debbano immaginare gli scenari che discenderebbero, rispettivamente, da una vittoria del sì e da una vittoria del no. Pensiamo a che cosa accadrebbe se vincesse il sì. Le parti più importanti della riforma entrerebbero in vigore solo nel 2011. Ci sarebbe il tempo per intervenire sugli aspetti più insoddisfacenti del testo: in particolare, per modificare composizione e prerogative del Senato (così come è congegnato è il principale punto debole della riforma). Si noti che molti esponenti del centrodestra si sono dichiarati consapevoli della necessità di apportare modifiche su questo e altri punti. In caso di vittoria del sì, si aprirebbe dunque lo spazio (con cinque anni di tempo per raggiungere un accordo) per una trattativa fra centrosinistra e centrodestra al fine di migliorare il testo. Una volta fatto ciò avremo finalmente la riforma costituzionale vanamente inseguita per un quarto di secolo. Avremo un nuovo ordinamento caratterizzato da un premier forte, dalla fine del bicameralismo perfetto (due Camere con uguali poteri, causa di tante inefficienze), una drastica riduzione del numero dei parlamentari e una correzione abbastanza ragionevole (per lo più, in senso centralista) della pessima devolution (la riforma del titolo V) voluta dal centrosinistra nel 2001. Immaginiamo ora che cosa accadrebbe se prevalesse il no. Accadrebbe che la Costituzione tornerebbe ad essere immodificabile per parecchi decenni a venire. È il vero punto debole del manifesto dei «riformatori per il no», lanciato da due costituzionalisti di cui chi scrive ha grande stima, Augusto Barbera e Stefano Ceccanti. Molte idee contenute nel manifesto, sia sui gravi difetti della Costituzione vigente sia su quelli del testo varato dal centrodestra, sono, almeno per chi scrive, condivisibili. Ciò che non è condivisibile è la conclusione, la tesi secondo cui, in caso di vittoria del no, ci sarebbe ancora lo spazio per riprendere a breve termine la strada della riforma costituzionale. Non è così. Per almeno tre ragioni. In primoluogo, perché, come dimostrano gli argomenti usati dai promotori del referendum, è tuttora molto forte in questo Paese l'area dei conservatori costituzionali ad oltranza, persone che (legittimamente) ritengono la Costituzione vigente la migliore delle Costituzioni possibili e che, per difenderla, non hanno neppure esitato a rispolverare l'ideologia resistenziale (sembra, ad esempio, che per costoro il premierato sia una specie di tradimento dei valori resistenziali, l'apertura delle porte al fascismo, eccetera). In caso di vittoria del no, essi si appellerebbero legittimamente al responso degli italiani per bloccare ogni nuova ipotesi di riforma. La seconda ragione è che nella maggioranza di centrosinistra ci sono molti gruppi contrarissimi al premierato e questi gruppi farebbero valere il ruolo che svolgono ai fini della stabilità del governo per bloccare nuovi tentativi di riforma. Da ultimo, non sarebbe più possibile né togliere al Senato il potere di conferire la fiducia al governo né ridurre il numero dei parlamentari. I senatori, e i parlamentari in genere, lo impedirebbero. Se queste misure sono passate con la riforma del centrodestra ciò è accaduto per una specie di miracolo, probabilmente perché molti parlamentari del centrodestra non credevano in cuor loro che la riforma sarebbe davvero andata in porto. È difficile che imiracoli si ripetano due volte. Due parole, infine, sulla devolution. Premesso che chi scrive trova comunque insoddisfacente qualunque intervento in questo campo che eluda gli aspetti fiscali, resta che, se si confrontano i due testi, il titolo V riformato dal centrosinistra oggi in vigore e il testo della riforma, si scopre che la devolution 1 (la riforma del centrosinistra) è assai più confusa e pasticciata della devolution 2 (quella del centrodestra). Quest'ultima, per lo meno, definisce meglio le competenze esclusive delle Regioni e ricentralizza (reintroducendo il principio dell'interesse nazionale) materie che, insensatamente, il centrosinistra aveva attribuito alla competenza congiunta di Regioni e Stato. Per queste ragioni, chi scrive voterà sì. http://www.corriere.it/Primo_Piano/E...nebianco.shtml
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01-06-2006, 13.00.42 | #3 |
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A favore del NO: Michele Salvati del Corriere
Si sarà appena attenuata l'onda d’urto delle elezioni amministrative che comincerà a montare quella del referendum sulla riforma costituzionale. Dalla fine di giugno, se Dio vuole, staremo tranquilli; ma intanto ci aspetta un altro mese di strepiti inconcludenti. Un mese in cui sarà molto difficile informare e convincere sulla base di argomenti razionali. I motivi di questa difficoltà sono due. Il primo ha a che fare con la difficoltà della materia; il secondo con il contesto in cui la decisione avviene e dunque con le conseguenze politiche della vittoria dei Sì o dei No nel referendum. La riforma riscrive l’intera seconda parte della Costituzione. Fatti salvi i 54 articoli della prima, i cittadini dovranno dire Sì oNo ad un ordinamento della Repubblica radicalmente riformulato nel disegno dei suoi organi fondamentali. E questa nuova Costituzione è stata scritta utilizzando una procedura—quella dell’articolo 138—del tutto impropria per revisioni di portata così vasta. Il primo strappo l’aveva fatto il centrosinistra, con la riforma del Titolo V alla fine della XIII legislatura. Il centrodestra ne fa uno ancora più forte, e già solo questo merita che si risponda No al referendum: per mandare a dire, a centrodestra e centrosinistra, che riforme così radicali, se ritenute necessarie, si fanno con l’accordo di gran parte dei giocatori, non con decisione unilaterale di uno di loro. Ma sono poi necessarie riforme così radicali? Per rispondere mi limito ad uno solo dei tanti punti toccati dalla riforma: quello della forma di governo ed in particolare dei poteri del premier. In quale misura il cattivo funzionamento del nostro bipolarismo discende da un disegno costituzionale inadeguato a sostenerlo, dalla mancanza di un premier forte? E in quale invece è causato da un puro problema politico, dalla mancanza di solidi partiti che organizzino gran parte dei due campi avversi? Non è a questo che si cerca di porre rimedio costruendo un grande Partito democratico a sinistra e un grande partito moderato a destra? Se così avvenisse, non basterebbero ritocchi minori, invece di pasticciare la forma di governo parlamentare che la nostra Costituzione delinea? Così la pensano molti esperti— costituzionalisti e scienziati politici — guidati da Giovanni Sartori, le cui ragioni sono state riesposte sul Corriere anche la scorsa settimana. Su queste ragioni, di conseguenza, essi motivano il loro No nel referendum. L’argomento della «maggioranza degli esperti », l’appello all’autorità dei «tecnici», non suscita in me grande simpatia e mi ricorda sempre la pubblicità dei 9 dentisti su 10 che consigliano un dentifricio. Credo in particolare sia possibile ritenere che maggiori poteri del premier siano utili e ritenere insieme che il modo in cui la riforma li disegna sia inadeguato. E ritenere inoltre che ancor più erronei siano altri aspetti del testo che dovremo approvare o respingere. Questa è la tesi sostenuta da Barbera e Ceccanti in un recente appello per il No che trovo convincente: proprio ieri essi hanno riesposto i loro argomenti su questo giornale, sia nei confronti della maggioranza dei costituzionalisti (un No resta sempre un No, anche se sostenuto da motivi diversi), sia nei confronti dei sostenitori del Sì. Non mi sembra dunque sia il caso di ripeterli. Gli argomenti di questo dibattito — e ho menzionato solo uno dei molti punti controversi — sono però difficili, anche quando sono proposti in perfetta buona fede e totale indifferenza politica tra una tesi e quella opposta. Sono ancor più difficili quando l’indifferenza politica non può esserci, quando la vittoria dei No sarebbe un successo per il centrosinistra e quella dei Sì per il centrodestra. Quando, attraverso la vittoria dei Sì, Berlusconi spera di dare la «spallata» al governo che non gli è riuscita con le elezioni amministrative: in questa battaglia politica è ingenuo cercare buona fede e candore nei due contendenti, predisposizione onesta a farsi convincere dalla tesi dell’avversario. Insomma, non vorrei essere nei panni di un cittadino inesperto, indifferente tra i due schieramenti e che cerca solo di farsi un’idea. Io voterò No e credo di essere guidato dalla ragione e da una discreta conoscenza dei problemi nel farlo. Ma non posso escludere che la mia scarsa simpatia per il tentativo di «spallata» di Berlusconi giochi un qualche ruolo nella decisione. http://www.corriere.it/Primo_Piano/E.../salvati.shtml
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01-06-2006, 13.03.05 | #4 |
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A favore del SI: Marco Taradash dei Riformatori Liberali
Il sì, un'occasione di confronto Editoriale di Marco Taradash pubblicato oggi sull'Indipendente: Non nascondiamocelo: dal punto di vista tecnico-istituzionale ci sono ottime e abbondanti ragioni sia per votare sì che per votare no alla riforma polista elaborata una fresca estate fa nelle valli del Cadore. Forse essi presero esempio dall’insuperato maestro Bassanini, autore apocrifo della più storpia variante autostradale mai costruita, i cui svincoli federalisti hanno prodotto un terribile ingorgo di conflitti fra regioni e stato davanti alla Corte Costituzionale. Certo, nella riforma del titolo V votata a colpi di maggioranza dal centrosinistra venne inserito quella specie di cubo di Rubik costituzionale che ha posto sullo stesso piano Stato, Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni, muovendo ad amarezza e ira quel grande costituzionalista liberale che fu Vincenzo Caianiello. La riforma della Casa della Libertà non contiene di queste slabbrature del tessuto “resistenziale” (come direbbe Andrea Manzella) ma certo va riconosciuto che sul cruscotto dei “riformatori” il navigatore alle volte non ha funzionato. La destinazione era giusta, la rotta, alle volte, drammaticamente sbagliata. Colpa anche del centrosinistra che ha boicottato la discussione parlamentare accusando la CdL di eversione (perché andava avanti a “colpi di maggioranza” – esattamente ciò che avevano fatto loro la volta precedente..). Si voleva, giustissimamente, rafforzare il ruolo del governo del primo ministro, ma in realtà si rischia di renderlo prigioniero delle minoranze interne alla maggioranza; si voleva abolire, giustissimamente, il bicameralismo perfetto, che non esiste in nessun’altra democrazia liberale al mondo, ma si sono lasciate al Senato funzioni e poteri di veto così importanti che alla fine, se la riforma entrasse in vigore, il premier rimpiangerebbe amaramente di non poter più richiedere il voto di fiducia anche alla Camera alta; si voleva dare, giustissimamente, alle Regioni la corresponsabilità (anche finanziaria) delle decisioni che le riguardano, ma poi il Senato è stato di fatto privato proprio della funzione di rappresentare la voce delle regioni. Ecco, chi intendesse votare no potrebbe tranquillamente farsi forte di questi macrodifetti. Ma il referendum del 25 giugno non chiamerà al voto 50 milioni di costituzionalisti, ma il popolo sovrano. Ad esso non verrà chiesto un parere tecnico, ma una scelta politica. In gioco c’è infatti la possibilità effettiva di avere, entro questa legislatura, una buona costituzione, capace di offrire al governo e al parlamento della Repubblica gli strumenti necessari per funzionare e deliberare le necessarie riparazioni del sistema politico, economico e sociale. Se si risponde no, questo non accadrà e neppure si aprirà la porta a una meglio gioventù riformatrice del centrosinistra. Al contrario festeggeranno i sepolcri imbiancati che ostentano un sacramento, quello dell’intangibilità della Costituzione nata eccetera, spudoratamente usato per mascherare la voglia di razzia che perdura in gran parte del sistema partitico italiano. Se vincerà il sì la maggioranza di centrosinistra avrà invece tre ottime ragioni per ottenere le modifiche che occorrono. La prima è che in ogni caso il testo non entrerà in vigore se non nel 2011 (ah la saggezza del legislatore), la seconda è che nel centrodestra la consapevolezza della necessità di forti modifiche si è fatta largamente strada, la terza è che il centrosinistra ha la maggioranza e la Costituzione si è già due volte modificata “a colpi di maggioranza”. Il sì è insomma una buona salvaguardia per tutti, è una vera occasione per un confronto bipartisan senza inciuci reali o temuti, e, soprattutto, è una assoluta necessità per la Repubblica. http://www.riformatoriliberali.org/dettaglio.asp?id=507
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01-06-2006, 13.06.52 | #5 |
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A favore del NO: Giovanni Sartori
Bene o male le alte cariche dello Stato sono in carica. Male più che bene Prodi è riuscito a confezionare un governo. Così per una diecina di giorni il popolo si può rilassare. Ma a fine maggio ci saranno importanti elezioni amministrative (tra l’altro a Roma e Milano). Dopodiché il 25 giugno arriva il referendum confermativo, o sconfermativo, della nuova costituzione. Anche se il buon popolo forse non lo avverte, quest’ultimo è il voto più importante di tutti. La costituzione stabilisce le regole della politica e della gestione del potere. Regole malfatte, che non funzionano, creano un Paese che non funziona. Regole che limitano poco e male il potere sono regole che portano all’abuso di potere. Per di più, le costituzioni durano; e se sono buone costituzioni è bene che durino. Ma durano anche perché sono difficili da cambiare. Il che sottintende che se facciamo una cattiva costituzione il rischio è che ce la dovremo tenere. Dobbiamo davvero cambiare ab imis la costituzione vigente? L’argomento dei «cambisti» è che chi difende la costituzione del ’48 è un «conservatore», un invecchiato, un sorpassato, sordo alle esigenze del progresso. Ma questo è uno slogan di bassa e sleale propaganda. Alla stessa stregua è conservatore il medico che ci conserva in vita, il pompiere che ci conserva la casa che sta bruciando e l’ecologista che si batte per conservare un’aria pulita. Scorrettezze polemiche a parte, il discorso serio è che cambiare una buona (relativamente buona) costituzione per una cattiva costituzione è un «cambismo» stolto e dannoso. Una costituzione è da conservare finché non si dimostri che sia necessario rifarla e, secondo, a condizione che sia sostituita da una costituzione migliore. E sfido chicchessia a dimostrare che la carta Bossi-Berlusconi sia preferibile, nel suo insieme, a quella del '48. Le difese della nuova Carta sono due. La prima è che finalmente crea una Italia federale. Benissimo. Il guaio è che quel progetto è fatto con i piedi. Ma sul federalismo «alla Bossi» è doveroso dedicare un (prossimo) pezzo a sé. La seconda difesa - di Calderisi e Taradash, lettera al Corriere del 13 maggio - merita invece di essere affrontata subito, e argomenta che la nuova costituzione ha il fondamentale merito di eliminare il bicameralismo simmetrico, o paritario (due Camere con uguale potere), perché «sottrae la fiducia al Senato». L’argomento è davvero tirato per i capelli. C’è bisogno di impiombare il Paese con una macchinosa devolution per così poco? Basterebbe un articoletto che dica press’a poco così: che nel caso di maggioranze diverse nelle due Camere (altrimenti non c’è problema) il voto di fiducia compete soltanto alla Camera dei deputati. Per andare da Roma a Firenze Calderoli mi vorrebbe far passare da Pechino. Grazie no: preferisco la via diritta. L’argomento è anche manchevole perché riduce il problema al voto di fiducia. Ma in Parlamento si votano leggi tutto il tempo e ogni volta il governo deve ottenere una maggioranza che approva. Anche se il caso viene limitato alla legislazione concorrente, non ci siamo lo stesso. L’ultimo affondo del Nostro è che «se il 25 giugno dovesse prevalere il no alla riforma la spinta conservatrice (sic , ci risiamo) sarebbe tale da congelare qualsiasi tentativo riformatore della nostra Carta del ’48». Ma perché mai? Sono decenni che i costituzionalisti propongono ritocchi migliorativi di quel testo. Se l’ultimo «riformone» verrà bocciato forse è l’occasione buona per arrivare finalmente alle «riformine» che occorrono. http://www.corriere.it/Primo_Piano/E.../sartorI.shtml
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01-06-2006, 13.13.00 | #6 |
WT Odate Buta
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Non so proprio che dire:
La nostra costituzione è di sicuro, a dir poco anacronistica e va riscritta. Ma non credo che al momento in Italia ci siano tecnici in grado di farlo. E poi c'è da capire se il futuro debba essere ipotizzato in chiave europeista... se ci fosse nell'aria la possibilità (non ci credo a dire il vero) di una costituzione comunitaria, sprecare tempo e risorse per riscrivere la "nostra" sarebbe inutile. Confesso che non saprei cosa votare.
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"God's in his heaven. All's right with the world". "Anche un maiale può arrampicarsi su un albero quando viene adulato". |
01-06-2006, 13.18.28 | #7 |
Le so' .. tutteee
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Messaggi: 2.006
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quoto doomboy a parte che voterò per il NO
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Chiacchiere e tabaccher e legn, o Banc e Napule nunne 'mpegn |
01-06-2006, 14.08.33 | #8 |
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Sicuramente voterò... e lo farò per il no.
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SITO ADAO , SITO TAIKO Fate del bene...se potete - Centralinista e barelliere - Io non uccido "Non ho nulla di nuovo da insegnare al mondo, la verità e la non violenza sono antiche come le montagne." Mahatma Gandhi |
01-06-2006, 14.14.52 | #9 |
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Messaggi: 3.549
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..non credo alla formula "federalistica" applicata all'Italia...
..così come oggi stanno le cose, porterebbe solo ad uno spostamento dei problemi sotto il tappeto dei più deboli..
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sommelier di emozioni |
01-06-2006, 14.16.28 | #10 |
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Messaggi: 2.267
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voterò NO, e non tanto per la questione federale, ma per quella del premierato forte, che mi spaventa alquanto.
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............If you love somebody set them free............ (Sting) ............Mo' mme 'ššcrivo ai terrorišti............ (Magnotta) |
01-06-2006, 15.13.56 | #11 |
Guest
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Assolutamente no.
Per una motivazione politica: è una modifica fortemente voluta, ispirata e scritta da una partito, la Lega, che nel suo programma ha "l'indipendenza della Padania" ossia del Nord Italia dal resto delle regioni. Inammissibile per me che lo Stato italiano si pieghi alle volontà di un partito che, di fatto, lo Stato italiano lo sbeffeggia in continuazione. Inoltre è una modifica profonda e radicale della Costituzione che però è stata scritta da una sola parte politica, senza alcuna iniziativa di dialogo con le altre parti. Per una motivazione "tecnica": il premier, con possibilità di dissoluzioni delle camere, diventa un premier "forte" sul modello inglese, con una piccola differenza però: in Inghilterra hanno la monarchia, con un monarca appunto che è garante assoluto dello Stato. Invece non solo noi siamo una Repubblica parlamentare, quindi del tutto inadatta a un premierato forte, ma per giunta questa riforma vuole ridurre il Presidente della Repubblica a semplice notaio. Negativo su tutta la linea |
01-06-2006, 15.14.45 | #12 |
WT Italian Team Leader
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Devo anche dire cosa voterò? Non penso abbiate dubbi
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01-06-2006, 15.22.36 | #14 |
WT Italian Team Leader
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Ma sono l'unico???
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01-06-2006, 15.27.01 | #15 | |
WT Odate Buta
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Quota:
Non si può votare per il si. Al limite mi astengo.
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