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18-05-2004, 11.54.40 | #61 |
Junior Member
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Tanti ragazzi sono partiti pensando di partecipare ad una missione per il mantenimento della pace ed ora si trovano in guerra e senza avere il mezzi necessari per difendersi, solo perchè c'è chi si rifiuta di riconoscere che le cose sono diverse e non vuole cambiare il mandato d'ingaggio. |
18-05-2004, 11.57.39 | #62 | |
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Scusa per il cut, ma con questo quote voglio solo ribadire il mio dissenso più volte espresso dalle motivazioni e le modalità con cui questa guerra è stata intrapresa. Non ho mai speso una sola parola a favore dell'amministrazione Bush, meno che mai riguardo alle scelte del nostro governo. Il mio post che può apparire machiavellico era solo il mio punto di vista rispetto alla situazione attuale, per ribadire che di fronte alla prospettiva di cedere le armi e abbandonare il campo di battaglia ormai dominio di organizzazioni terroristiche, peraltro non appoggiate se non in infinitesimamente piccola parte dalla popolazione, bisogna restare là e combatterle duramente. Al momento quello che ha fatto o non ha fatto Bush non mi interessa. Ci penseranno gli americani a occuparsi di lui, in piena libertà...di questo sono convinto. |
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18-05-2004, 12.44.46 | #63 | |
Don Chisciotte
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Non confondere quello che sta succedendo ora con la situazione alla epoca dell'invio dei nostri soldati che furono mandati in Iraq a guerra terminata per espletare quelle mansioni di aiuto, ricostruzione, sorveglianza per le quali siamo presenti in altre parti del mondo mi pare con grande professionalità. In Iraq ci sono, evidentissimo, gruppi sovversivi aiutati da terroristi cui non sta bene qualsiasi piano atto a stabilire una democrazia in quel paese. Vogliono imporsi con la forza per il potere e dunque si stanno adoperando con ogni mezzo, purtroppo devo dire con un certo successo almeno per il momento, per destabilizzare e creare fratture nello stesso mondo occidentale. Quindi gli avvenimenti tragici che lì accadono non sono dovuti ai cattivi italiani che hanno portato la guerra, al contrario stanno subendo la guerra e si limitano all'autodifesa. Che poi si voglia discutere se sussistano o meno le condizioni per operare nello spirito originario della missione, questo è altro discorso ed io stesso ho scritto delle perplessità. Non siamo andati dunque in Iraq per fare la guerra ma solo per portare P A C E |
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18-05-2004, 13.26.51 | #64 | |
Junior Member
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Nessuno mette in dubbio che gli Italiani siano andati a combattere invece che aiutare la popolazione, molte testimonianze dimostrano il contrario e le difficolta' incontrate a causa delle loro regole d'ingaggio lo confermano. La guerra che si sta svolgendo pero' e' una vera guerra e non lascia spazio ad un'azione di tipo umanitario. E' sempre stato cosi' ma a Nassiria le azioni contro i nostri soldati erano limitate (provocando comunque una strage). Adesso che l'offensiva si e' fatta piu' serrata o si attacca (ovvero si entra in guerra e non e' possibile per la nostra costituzione) oppure si abbandona la missione umanitaria divenuta ormai insostenibile.Per gli Iracheni (o per chi li comanda - anche i moderati) noi valiamo tanto quanto gli Americani o gli Inglesi e se ne fottono se la nostra e' una assurda missione di pace. Gli americani hanno conquistato un paese intero senza incontrare resistenza e non era credibile che i soldati e le armi fossero evaporati.Il fatto che il nostro governo ha fatto finta di non prevedere tutto questo e' una grave responsabilita' politica. JaNnAz JaNnAz |
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18-05-2004, 13.28.34 | #65 | |
Junior Member
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COMMENTO Berlusconi, il Milan e il senso dello Stato DI FRANCESCO MERLO Se i miliziani che con terribile violenza ci attaccano a Nassiriya domenica sera avessero visto il capo politico dell'odiato nemico intervenire ad una festa di pallone e stappare lo champagne, avrebbero avuto quanto meno una crisi di identità: quel che piace al tuo nemico dispiace a te, la sua gioia è il tuo dolore, la sua festa è il tuo funerale. Più chiaramente: com'è possibile che il nemico festeggi proprio quando i suoi uomini sono stati tanto duramente colpiti e un loro giovane campione sta morendo? Insomma neppure i terroristi di Al Qaeda, che pure celebrano la morte, riuscirebbero a capire come sia potuto accadere che proprio mentre si spegneva il giovane e ingenuo cuore di Matteo Vanzan, quello del suo vecchio e navigato presidente si accendeva, come ha scritto il Giornale, "dentro lo zucchero filato". Berlusconi dunque ha spiazzato persino Al Qaeda. Se infatti l'Occidente è il luogo in cui una insulsa vittoria dicalcio può oscurare lo scontro di civiltà e la morte di un soldato, che bisogno c'è dell'uso integralista del Corano, dell'Islam, e di tutto il resto dell'armamentario? Se l'Occidente è questo, a che serve ammazzare un uomo morto, a che serve sgozzare cadaveri, a che serve sparare alla nuca agli ostaggi, a che servono mortai, lanciarazzi e bombe? Ma l'Occidente non è Berlusconi e anche gli italiani hanno smesso di lodare come trovate antipolitiche le sue strampalaggini, come accadeva nei primi tempi, quando il presidente del Consiglio ci spiazzava tutti perché si autocelebrava o faceva le corna o mancava di rispetto a qualcuno. E tutti i giornali d'Italia, e noi con loro, scoprivamo nelle gaffes goliardiche, nelle maleducazioni più spudorate e negli spiazzamenti più insensati l'uso sapiente della demagogia, l'intelligenza diabolica del comunicatore, un rapporto consapevole con le cose. Chissà se mai è stato cosi. Sicuramente non è più così. Ci voleva la guerra per farci capire che non c'è alcuna perfida intelligenza politica nel festeggiare il Milan mentre il nemico ci assedia, ed è strano che nessuno dei saggi e dotti consiglieri di Palazzo Chigi ricordi allo strampalato Berlusconi, che pure tanto ama le storielle, la vicenda vera e densa di significati di quel giovane della letteratura siciliana, che fu chiamato "Pippo il nano" da Giovanni Verga. Rintronato dalla guerra, più "Pippo il nano" si comportava in modo insensato e più appariva pericolosamente intelligente ai garibaldini di Nino Bixio, più li spiazzava con le sue trovate "scimunite" e più quelli gli attribuivano perfidie e sapienza, al punto che finì fucilato. Letteratura, è vero. Ma quale intelligenza politica da grande comunicatore, quale sapiente demagogia può ancora nascondersi nella scelta di partecipare alla festa del Milan il giorno in cui qualsiasi altro capo di governo, non importa se di destra o di sinistra, si sarebbe rifugiato nel riserbo e nella compostezza? Senza ovviamente piangere in pubblico o indossare il lutto, qualsiasi altro premier avrebbe difeso, fosse pure per mero dovere, il dolore, l'autorità e la solennità delle istituzioni ben sapendo che domenica sera Nassiriya era un nodo che serrava la gola di ogni italiano informato e per bene. Berlusconi invece ci spiazzava tutti, proprio come "Pippo il nano", quel siciliano di Verga che fu poi riscoperto da Sciascia. E festeggiava il Milan, felice ma imbarazzante per noi: "Non potevo non venire ma ho il cuore diviso"; "Mi sono informato ben quattro volte sulle condizioni di salute del soldato". "Gli altri hanno ferite lievi, lui non troppo lievi". Sono frasi da ultrà che riducono la guerra al calcio, i petardi di San Siro come le bombe di Nassiriya, sino al paradosso di scambiare la morte di un italiano in battaglia per una specie di fallo o di sgambetto sul campo di calcio: "Sono professionisti e sanno quello che fanno" dove il professionismo dei soldati è come quello di Kakà, il professionismo come "affar loro", terra di nessuno, la terra di nessun pudore. Convinto che ogni critica sia un attacco e che la sua inadeguatezza sia un'invenzione dei nemici, Berlusconi non accetta appelli, sos, preghiere del mattino. È dunque inutile spiegargli che sottolineare questi suoi aspetti grotteschi non ci diverte più ma, al contrario, procura un profondo malessere a tutti, e soprattutto ai suoi elettori. La sua presunta sapidezza è ormai sale sulle piaghe del Paese. Noi italiani conviviamo infatti con morti e feriti, con sofferenze, crudeltà e paure terribili. Ebbene, in mezzo a questa poltiglia abbiamo bisogno di compostezza, di eleganza, di sobrietà. Perciò gli "spiazzamenti" istituzionali non ci piacciono più, non siamo più disposti a dare senso politico alle scempiaggini, a perdonare le leggerezze irresponsabili, a mettere il calcio avanti ai morti. Purtroppo anche noi rischiamo di somigliare a quel Pippo il nano che più era insensato e più insospettiva Bixio. Sciascia spiegò molto bene che è sempre tragica la figura dello "scemo di guerra", dove la scemenza non è certo una menomazione cerebrale ma, appunto, la cifra interpretativa di una tragedia, un'ipotesi storiografica su un personaggio tipico dei piccoli paesi di provincia, prodotto di tutti i dopoguerra, perché è vero che la guerra rintrona ed è inutile nasconderlo. Ma Sciascia spiegava la tragedia di questa doppia figura letteraria aggiungendo che capita pure, e molto spesso, che uno scemo diventi un protagonista della guerra. Come si vede la cosa si imbroglia e Berlusconi qui non c'entra davvero più nulla. Pippo il nano, lo scemo di guerra, è solo letteratura, ma di quella inquietante. JaNnAz |
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18-05-2004, 13.39.42 | #66 | |
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18-05-2004, 14.56.57 | #67 | |
Don Chisciotte
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18-05-2004, 15.25.41 | #68 |
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Parole di Francesco Cossiga:
«Sono contro il ritiro sia per la dignità nazionale, sia per la politica. Restare in Iraq è l'unico modo per chiedere efficacemente all'Onu, cioè alle grandi potenze, di accordarsi e prendere in pugno la situazione. Per questo trovo inaccettabile che da presidente della Commissione europea Prodi propugni il ritiro italiano proprio mentre un altro organo dell'Unione, il consiglio dei ministri degli Esteri, invoca l'intervento Onu». |
18-05-2004, 16.20.21 | #69 | |
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1)Le grandi potenze hanno gia' deciso a suo tempo che entravano in guerra senza ONU 2)L'Europa non e' un'entita' politica ma economica - ognuno ha fatto per se - Italia Spagna Inghilterra e alcuni stati minori hanno partecipato gli altri erano contrari. 3)Prodi ha sempre chiesto una missione ONU ma solo adesso si e' arreso all'evidenza dell'impossibilita' che cio' accada e vuole il ritiro. JaNnAz |
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18-05-2004, 16.37.46 | #70 | |
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Se le brigate di Al Sadr attaccano le postazioni Italiane questi hanno ben ragione a difendersi - se e' un attacco sporadico tutto ok la missione di pace riprende - ma se gli attacchi sono organizzati e continui equivale ad essere in un coflitto a difesa di una postazione (Nassiria). La nostra missione era di pace solo sulla carta o comunque lo e' stata solo per un breve periodo, diciamo che e' stata una presa in giro, una farsa che sarebbe arrivata certamente a questi risvolti (bastava leggere i giornali o contare i morti e non basarsi sulle immagini di Bush che atterra con il caccia sulla portaerei e appare il cartellone mission accomplished come nei videogiochi). Se effettivamente arriveremo in una "posizione belligerante anticostituzionale" al 100% il capo dello stato e il consiglio della difesa lo valuteranno attentamente (per adesso sembra che alla cosa siamo scampati) ma il fatto che i nostri soldati siano stati infilati in un vicolo cieco e' ormai l'evidenza. JaNnAz Ultima modifica di jannaz : 18-05-2004 alle ore 16.45.47 |
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18-05-2004, 18.16.36 | #71 | |
Don Chisciotte
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Di fronte a questa escalation in ns paese può certo avere un ripensamento ma, e questo è il minimo, ha il dovere di preavvertire gli Usa in modo da consentire un ricambio. Non credo poi che si possa dire che i soldati son satti infilati in un vicolo cieco poichè metterla così equivale a dire che c'è stato un qualche dolo. |
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18-05-2004, 19.49.54 | #72 |
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Parla la famiglia del soldato italiano ucciso in Iraq
«Finché non mi costringono, io non sparerò» I genitori: «Nostro figlio diceva così. Ora è morto, non è più una missione di pace» CAMPONOGARA (VENEZIA) - - «Era bello, bello... Gesù, se era bello il mio Matteo... Me lo vedo che entra da quella porta. Me lo sono visto tutta la notte. Ho preso non so quante pasticche per provare a dormire. Non ci riesco. Quegli occhi neri... Quelle sopracciglia... Sempre sorridente. Allegro. Un figlio stupendo. Il figlio che ogni mamma... Un colosso. Un bestione buono di quasi due metri. Sempre pronto ad aiutare gli altri, sempre disponibile. Come si può perdere un figlio così? Come si fa a perderlo così?». Sono le otto di mattina, c'è un sole limpidissimo e tutte le persiane del villino di Camponogara in cui viveva Matteo Vanzan, il giovane lagunare ucciso a Nassiriya, sono abbassate. A nessuno è venuto in mente di tirarle su: «Semo imbriaghi de dolor », spiega la madre Lucia, girando come una sonnambula per casa con addosso una vestaglia, «ubriachi di dolore». Enzo, il marito, ha la barba lunga, accende una sigaretta dietro l'altra e ciabatta avanti indietro, grattandosi la testa, lo sguardo perduto nel vuoto. La strada, che tra un'ora si riempirà di telecamere e militari e autorità e cronisti, è vuota. Ogni due minuti suona il telefono. Parenti. Agenzie di stampa. Televisioni. Lucia si solleva dalla panca della tavernetta e va a rispondere: «Sì...No... Non so se me la sento... Sa, siamo un po' scossi... In diretta... Sì... Proviamo...». Un calvario. «Li portino via», sospira, «Li portino via tutti quei ragazzi, dall'Iraq. Non è giusto che li lascino lì per farli morire». Tira fuori un po' di quaderni di foto dalla copertina rossa o blu. Ricordi a cavallo tra l'Eufrate e il Brenta. Matteo steso sulla sabbia, tuta mimetica ed elmetto in testa, mentre finge di sparare col mitragliatore. Matteo con il giubbetto antiproiettile insieme con un altro soldato davanti a una palizzata. Matteo con la faccia allegra stravolta dalla luce del flash durante una serata di festa in compagnia. Matteo con un amico mentre fuma una sigaretta mostrando una banconota irachena che porta ancora impressa l'immagine di Saddam. «Era andato lì in missione di pace. Ma lo è ancora?», si interroga il papà, «A me non pare che sia ancora una missione di pace. E' una guerra». Era partito mercoledì scorso, la mattina: «Non potevo accompagnarlo. Mi ha detto: "Papà, ti lascio la macchina davanti alla caserma". Chi lo immaginava che non l'avrei più visto?». «Facevamo affidamento, su questo nostro ragazzo», dice con un filo di voce Lucia, «Tre anni fa eravamo già stati colpiti. Duramente. L'altro nostro figlio, Marco, che ha due anni più di Matteo, è rimasto paralizzato in un incidente di macchina. Era con degli amici, lui era seduto dietro. Sbagliarono una curva qui, a cento metri da casa. Da allora è in carrozzina. Fa rieducazione motoria ma non abbiamo speranze...». Vive con una badante a Mogliano Veneto, sulla strada da Mestre a Treviso, dove i genitori lavorano. Infermiere professionale lui, infermiera lei, al Centro di Igiene Mentale. Cinquemila euro al mese prendeva, Matteo, a stare in Iraq. Anche per questo, spiegano i genitori, era già stato giù da ottobre a fine gennaio: «Non che pensasse a sposarsi, perché se parlavi di quello la buttava sul ridere. Ma pensava, logico, di farsi un giorno o l'altro una casa sua». «Una sera, qualche settimana fa, siamo usciti con la sua ragazza», racconta Lucia, «Io, mio marito, lui e lei, che si chiama Pamela e vive a Musile di Piave. Una bella ragazza dai capelli rossi. Giovane. Ci ha portati in un ristorante brasiliano. Fu una bellissima sera. Era felice. Eravamo tutti felici». Era giù anche il giorno dell'attentato del 12 novembre. I ragazzi morti li conosceva: «Ci telefonò per dirci di non preoccuparci. Anche l'ultimo Natale lo abbiamo solo sentito al telefono». Maledetta missione: «Io e mio marito non avremmo voluto che tornasse giù. Ma lui ci credeva, nella divisa. A scuola non era mai andato bene. Fatto l'istituto professionale a Marghera, aveva provato a fare l'idraulico ma era un lavoro che non gli dava soddisfazione. Avrebbe voluto fare il pompiere, quello sì. Il carabiniere. O il poliziotto. Alla fine decise di tornare giù a Nassiriya». Dice che no, lei ed Enzo non cercarono più di tanto di convincerlo a restare: «L'altra settimana, però, la situazione non pareva ancora bruttissima come adesso. Avesse dovuto partire oggi, forse, sarebbe stato diverso». L'ultima volta, raccontano, hanno sentito il figlio venerdì: «"Mamma, la situasiòn qua 'a se gà un fia' ingarbujà", mi ha detto. Si è un po' ingarbugliata. Prima di partire glielo avevano detto, che tutto si era complicato. Un ufficiale aveva raccomandato: "Se c'è uno che vi punta addosso il fucile, che sia uomo, donna o bambino, voi aprite il fuoco". Era andato via lo stesso. Col sorriso sulla bocca. Diceva: "Se proprio non sono costretto, io non sparo". Ma credeva davvero che la missione di pace potesse ancora dare risultati? A sentire Enzo Vanzan, sì e no: «Lui ci credeva. Ed era orgoglioso di essere lì. In divisa. Ma diceva anche che laggiù era diventata dura. Che non c'era verso di mettere tutti d'accordo. Che gli arabi non riuscivano a capire che noi siamo andati lì per motivi umanitari. Per portare la pace. Che per chiudere la guerra sarebbe stato necessario "coparli tuti"». Cioè? Voleva dire che la situazione si era fatta irrimediabile ed era ormai impossibile uscirne? «Così diceva: "bisognaria coparli tuti. Par far finire la guera bisognaria che tuti i arabi fosse morti"». Anche lui pensa che la missione di pace, così come era nata, sia finita: «Ormai è andata. Non si può più rimediare. E' andata. Lì non si risana più. Non si risana più». Del ferimento del figlio, dicono, sono stati informati la sera: «"Ferite non lievi". Anche a noi avevano detto così: ferite non lievi. Con schegge in una gamba. Ci hanno detto che era morto alle tre di notte». Hanno chiamato dal ministero: «Le cose di rito». La scelta di Silvio Berlusconi di partecipare alla festa per lo scudetto del Milan nelle ore in cui i ragazzi come Matteo erano assediati e sotto tiro, dice Enzo, non li ha feriti più di tanto: «Sono tutti uguali...». Lucia si accascia su una sedia, stremata: «Sono ubriaca. Devono essere i tranquillanti. Non riesco a pensarci. Matteo non c'è più. Non c'è più. E tutto, tutto, di colpo, non ha più senso. Lavorare... Vivere...». Guarda Shira, la femmina di dobermann, e i due bastardini che gironzolano inquieti e si accucciano mugolando: «Povere bestie. Ieri sera non volevano più uscire di casa. Avevano già capito tutto». |
18-05-2004, 20.03.37 | #73 | |
Junior Member
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Chissa come mai gli Americani & co hanno mandato 155.000 uomini forse per simpatia?Secondo te gli Americani non avevano previsto che i sunniti e gli sciiti non si sarebbero lamentati del governo fantoccio di bush?Santa innnocenza! JaNnAz |
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18-05-2004, 20.08.29 | #74 |
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...condotta male condotta male condotta male...
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18-05-2004, 20.24.24 | #75 | |
Don Chisciotte
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perchè noi si parla della missione italiana non dei motivi buoni o cattivi che avrebbero spinto gli Usa. |
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