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Vecchio 16-09-2004, 14.01.53   #286
Giorgio Drudi
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Annan ha approvato cosa?

Annan ha fatto un'appello all'Italia perchè continuasse a svolgere il ruolo che svolge.

 
Vecchio 16-09-2004, 14.15.47   #287
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Annan, come volevasi dimostrare, ha difeso il mio mediocre voto di diritto internazionale

Non ho rubato una laurea, meno male
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Vecchio 16-09-2004, 14.25.57   #288
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Annan, come volevasi dimostrare, ha difeso il mio mediocre voto di diritto internazionale

Non ho rubato una laurea, meno male
Chiariscimi: ti riferisci alle sue dichiarazioni sopra riportate od all'appello di cui parla Drudi (che comunque risultano un pò contrastanti uno dall'altro) ?
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Vecchio 16-09-2004, 15.31.11   #289
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Chiariscimi: ti riferisci alle sue dichiarazioni sopra riportate od all'appello di cui parla Drudi (che comunque risultano un pò contrastanti uno dall'altro) ?
In uno dei mille post sull'argomento avevo proprio detto grossomodo che "l'invasione dell'Iraq non sia avvenuta in conformità con la Carta delle Nazioni Unite, e come dunque, sotto il profilo della Carta, essa sia stata illegale"."

Mi ero riferito alla legalità della azione secondo il diritto internazionale e alla procedura infranta dalla "coalizione dei volenterosi"

..notare il termine "invasione"...e il fatto che Annan parli al plurale, cioè a nome dell'organismo che presiede.

sull'altra dichiarazione di Annan non so nulla.
Non l'ho letta e non so se e quando l'ha detta.
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Vecchio 16-09-2004, 15.53.48   #290
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. Poi chiaro che la situazione dittatoriale non fosse rose e fiori, ma ora la situazione anzichè essere migliorata è peggiorata e fuggita completamente di controllo (cosa questa fin troppo prevedibile).
.....
E considerato che stanno sprofondando nella melma sempre più giorno dopo giorno anzichè migliorare, ecco che l'orizzonte è ancora più buio della più pessimistica previsione, un via per ora e chissà per quanto senza uscita...
L'Irak ha fatto due guerre quella contro l'Iran e l'invasione del Quwait...durante tutta la sua dittatura, stragi dei Kurdi coi gas, oppressione criminale della popolazione, stupri, avversari politici e no nelle fosse comuni, , ha fatto trucidare figli e parenti... i due figli sopravvissuti criminali quanto lui.
Dire che ciò che sta succedendo oggi è lontanamente paragonabile a quanto succedeva prima è senza senso.

Le immagini che ci danno i telegiornali nostrani, quasi sempre " di repertorio" danno una impressione fuorviante....si capisce che la situazione è pesante, auto-bombe e sequestri, e che l'esercito americano si macchia di episodi gravi che in guerra non si riescono e talvolta non si vogliono evitare ma la situazione oggi è assai migliore di ieri...e la responsabilità di una mancata normalizzazione è tutta dalla parte del terrorismo.
 
Vecchio 16-09-2004, 19.19.32   #291
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Il ministro inglese Hewitt ha risposto ad Annan che tre risoluzioni Onu costituirono la base legale per rovesciare il governo di Saddam, basi legali che c'erano anche per Giappone , Polonia e Australia.
 
Vecchio 16-09-2004, 19.58.13   #292
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.... ma la situazione oggi è assai migliore di ieri...e la responsabilità di una mancata normalizzazione è tutta dalla parte del terrorismo.
Che la situazione oggi sia meglio di quella di ieri è tutto da dimostrare, anzi i fatti smentiscono di brutto e comprovano proprio il contrario. Gettare la colpa di tutto al terrorismo è troppo facile. Perchè ora c'è il terrorismo, e quando c'era Saddam no?
La differenza è che ora ci sono gli invasori, prima era un affare interno, c'è una gran bella differenza al punto che i differendi interni non esistono più visto che la priorità assoluta è spingere gli invasori ed affini fuori dal territorio.
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Vecchio 16-09-2004, 20.07.27   #293
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Che la situazione oggi sia meglio di quella di ieri è tutto da dimostrare, anzi i fatti smentiscono di brutto e comprovano proprio il contrario. Gettare la colpa di tutto al terrorismo è troppo facile. Perchè ora c'è il terrorismo, e quando c'era Saddam no?
La differenza è che ora ci sono gli invasori, prima era un affare interno, c'è una gran bella differenza al punto che i differendi interni non esistono più visto che la priorità assoluta è spingere gli invasori ed affini fuori dal territorio.
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Vecchio 16-09-2004, 20.13.26   #294
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Riporto in versione integrale un articolo di Davide Caocci, specializzato in Diritto internazionale a Strasburgo e Diritto UE a Milano, collaboratore di alcune Organizzazioni internazionali (Unicef, Consiglio d'Europa)

Perdonate la lunghezza ma credo sia molto interessante e chiarificatore sotto il profilo del diritto internazionale.


Legitimatio ad bellum:
II guerra del Golfo e uso della forza in diritto internazionale


Mentre sto ultimando di scrivere questo articolo, la II guerra del Golfo si è ormai conclusa e l'Iraq, pur subendo ancora il fuoco e l'occupazione delle forze angloamericane, pare caduto in uno stato di caos assoluto da cui uscirà, forse, solo grazie ad un protettorato militare americano.

Secondo alcuni, dunque, commentatori ed analisti dovrebbero astenersi dal pronunciarsi sino a che la Storia, tra 50 o 100 anni, non emetta un suo giudizio e, magari, anche dopo farebbero meglio a non esprimersi (in particolare se il loro pensiero fosse ostile agli Stati Uniti). Io, però, non sono né un commentatore né un analista: sono un giusinternazionalista e, per questo, mi limiterò ad esaminare i recenti avvenimenti bellici e le condotte dei soggetti coinvolti solo alla luce delle prescrizioni di questa branca del diritto.

Può essere utile partire dal concetto di "guerra giusta" o bellum iustum, utilizzato già da Grozio nel De iure belli ac pacis, ma che si pone nella linea tradizionale intrapresa da San Tommaso d'Aquino alla questione XL, De bello, della sua Summa theologiae.
San Tommaso distingueva le guerre giuste da quelle ingiuste, individuando tre condizioni necessarie da verificare volta per volta: che la guerra sia stata decisa da chi legittimamente detiene il potere dello Stato; che la causa sia giusta o che tenda a rimediare un torto subito; che l'intenzione di chi detiene il potere, il monarca, sia buona o tenda a promuovere il bene (o ad evitare il male). Rifacendosi in più passi a Sant'Agostino e alla Bibbia, comunque, individuava nello stesso sovrano che prendeva la decisione di muovere guerra l'unico giudice che doveva e poteva esprimersi riguardo alla presenza o meno delle condizioni. Grozio, dal canto suo, ritiene che la guerra non sia illecita in quanto tale; anzi, la stessa nozione di "guerra giusta" implica per lui, in maniera abbastanza tautologica, la compatibilità tra guerra e giustizia.
Affinché la guerra sia giusta, devono essere giuste le sue cause: la legittima difesa, il recupero di beni propri, la punizione di un torto o di una violazione, il recupero di ciò che è dovuto. Si vede chiaramente che è esclusa la guerra cosiddetta "d'aggressione", tipica di una società pregiuridica, mentre si riconferma la possibilità per il sovrano di invocare una iusta causa per dichiarare una guerra giusta.

Tanto in San Tommaso quanto in Grozio, dunque, la decisione di dichiarare guerra è attributo del potere legittimo, del principe, del re, del signore, e mancando un giudice dei sovrani, ciascuno giudicherà autonomamente la giustezza della causa addotta.

Tale dottrina, tecnicamente, è circolata fino ai giorni nostri con alterne fortune ma dal punto di vista del diritto, a partire dalla fine della II Guerra Mondiale e con la nascita del sistema delle Nazioni Unite (1945-1948), il principio che si è imposto nella comunità internazionale è quello solennemente sancito all'art.1 dello Statuto delle Nazioni Unite ove si dice che, tra gli obiettivi dell'Organizzazione, il primo è il «mantenere la pace e la sicurezza internazionale», con la conseguente messa al bando della guerra o, come suol dirsi in diritto internazionale, dell'uso della forza quale minaccia della pace o atto di aggressione.

Ciò non significa che l'uso della forza sia bandito sempre e comunque, bensì che il ricorso alla violenza di stato viene regolamentato e inscritto in un sistema di rapporti tra Stati ove si riconosce la superiorità di un soggetto terzo imparziale, le Nazioni Unite o, meglio, il Consiglio di sicurezza. Tant'è che nello stesso Statuto delle Nazioni Unite si riconosce un uso legittimo della forza quale extrema ratio per mantenere o ristabilire la pace con la previsione di «azioni coercitive» (art.45) anche «con forze aeree, navali o terrestri» (art.42) «alle dipendenze» del Consiglio di Sicurezza (art.47, comma III) e comunque, ove siano utilizzate forme diverse da quelle previste dal capitolo VII, «sotto la sua direzione» (art53, comma I).

Si capisce facilmente che tra guerra e uso legittimo della forza non vi siano solo differenze formali, per quanto importante sia comunque il rispetto delle forme previste dal diritto positivo, ma di vera sostanza: la guerra è per sua natura un uso incontrollato della forza tendente ad annientare il proprio avversario (giungere dunque alla debellatio del nemico), con i soli limiti posti oggi dal sistema convenzionale del diritto di Ginevra; la legittimità dell'impiego della forza, invece, è data dall'uso di quei soli mezzi ritenuti strettamente necessari al mantenimento o ristabilimento della pace e, proprio per questo, posto sotto il costante controllo del Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite.

Se questo è, in abstracto, il quadro logico-giuridico in cui deve inserirsi l'uso della forza militare per potersi ritenere legittimo, cerchiamo di leggere ciò che è successo negli ultimi mesi in Iraq alla luce di tale regolamentazione internazionale per poi trarne delle conseguenze.
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Ultima modifica di Gigi75 : 16-09-2004 alle ore 21.41.31
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Vecchio 16-09-2004, 20.13.53   #295
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Nel documento del settembre 2002 intitolato The National Security Strategy of the United States of America, l'Amministrazione Bush afferma che il sostegno dato al terrorismo internazionale e il possesso di armi di distruzione di massa configurerebbero minacce alla sicurezza internazionale di tale entità da legittimare un'azione di forza ancor prima che una reale minaccia si sia realizzata.
Tale azione di autotutela preventiva contrasta con il dettato dell'art.2 par. 4 della Carta delle Nazioni Unite che obbliga gli Stati ad «astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall'uso della forza»; la stessa Carta, poi, ne permette l'impiego solo nell'ambito di operazioni condotte sotto la direzione o per impulso del Consiglio di Sicurezza in base al cap. VII o nel caso previsto dall'art.51 per esercitare una difesa legittima in risposta ad una aggressione reale.

Secondo la Carta dell'ONU, l'esistenza di una minaccia non giustifica mai un intervento unilaterale, ma soltanto l'adozione di misure adeguate da parte del Consiglio di Sicurezza; questo a maggior ragione quando la minaccia è solo ipotetica come nel caso di specie in cui non è stato provato né il reale possesso di armi di distruzione di massa da parte dell'Iraq né la volontà di farne uso contro territorio o cittadini statunitensi.

A questo punto non sembra azzardato affermare che, come affermato dalla dottrina Bush, gli Stati Uniti si propongano di istituire un novo ordine mondiale svincolato dalle classiche regole del diritto internazionale generale ove, al posto delle Nazioni Unite quale garante del rispetto delle regole di convivenza, vi siano gli stessi USA che impongono il proprio diritto, quello del più forte.

Non si può non riconoscere che, spesso, lo stesso Consiglio di Sicurezza si è dimostrato inefficace a fronteggiare situazioni di crisi internazionale; ma questo, dovuto alla struttura stessa dell'organo uscito dalle ceneri della II guerra mondiale e alla persistenza del diritto di veto in capo ai cinque membri permanenti, non può essere motivo valido per considerare non più vincolante il sistema convenzionale venutosi a creare intorno all'Organizzazione stessa ma, eventualmente, dovrebbe spronare gli Stati membri della comunità internazionale ad adoperarsi per una sua riforma in chiave maggiormente democratica e rappresentativa degli attuali e differenti equilibri geopolitici. Quindi, in presenza di un attacco armato, l'inattività del Consiglio di Sicurezza o l'inefficacia dei suoi pronunciamenti, lascia intatto il diritto dello Stato aggredito di reagire per legittima difesa ex art.51 della Carta, mentre non si può sostenere che il ricorso alla forza sia legittimo per rispondere ad una presunta minaccia di aggressione verso la quale, proprio perché presunta, tale organo non ha preso posizione: ciò porterebbe all'arbitrio totale nelle relazioni tra Stati.

Secondo l'opinione di alcuni giuristi statunitensi, si starebbero formando delle consuetudini in diritto internazionale generale tali da fungere quali eccezioni al divieto dell'uso della forza. Innanzitutto, risulta utile allora precisare cosa si intenda per consuetudine in diritto internazionale, vale a dire un comportamento costante ed uniforme tenuto dagli Stati, con la convinzione dell'obbligatorietà del comportamento stesso (ciò che i nostri padri latini individuavano negli elementi della diuturnitas e dell'opinio iuris sive necessitatis). A questo punto, è necessario verificare in quale direzione stiano andando gli atteggiamenti dei singoli Stati e delle Organizzazioni internazionali, universali e regionali, nei casi di uso della forza: si può constatare che nelle prese di posizione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nelle Dichiarazioni dell'Assemblea Generale e in numerosissime pronunce della Corte Internazionale di Giustizia (tutti organi rappresentativi della comunità internazionale) è sempre ribadito e confermato il principio condiviso e fermo del ripudio dell'uso della forza, e le sue violazioni sono sempre accompagnate dall'invocazione dell'eccezione prevista dall'art.51 o motivate dal consenso dello Stato destinatario dell'intervento. I due elementi sono quindi confermati.

Vi è un altro aspetto che occorre in questa sede verificare, ed è quello relativo all'ampliamento della facoltà di reagire in legittima difesa ex art.51 dinanzi a fenomeni di particolare rilievo quali gli attentati terroristici intesi come nuova forma di aggressione. Bisogna ricordare che il ricorso alla forza, pur considerato legittimo quale extrema ratio per uno Stato vittima di un attacco, deve rispondere ai criteri della necessità, immediatezza e proporzionalità, e costituisce un rimedio del tutto eccezionale esperibile solo in mancanza di altre misure. Nel caso di specie che si sta esaminando, tutti i criteri risultano mancanti: non si tratta di una risposta necessaria (dal momento che ben si potrebbe rispondere altrimenti), né immediata (l'aggressione cui rispondere non si è ancora verificata), né proporzionale (non c'è bisogno di portare le cifre sulle forze in campo per rendersene conto), né eccezionale (gli Stati Uniti hanno da subito mostrato la loro volontà di arrivare ad uno scontro armato finalizzato alla conquista militare dell'Iraq).

Per quanto riguarda, poi, la giustificazione addotta dall'amministrazione USA per l'attacco all'Iraq, vale a dire la violazione degli accordi sul disarmo e sul possesso di armi di distruzione di massa, bisogna riconoscere che, se pur violazione vi fosse (ancor tutta da dimostrare!), non integrerebbe di per se stessa gli estremi richiesti per configurare un'ipotesi di aggressione.

Anche in passato, la pericolosità di armamenti realmente posseduti da uno Stato non è stata ritenuta violazione dell'art.2.4 della Carta dell'ONU: ad oggi, dunque, data la diffusione di certe armi e la facilità di procurarsene per tutti gli Stati della comunità internazionale, risulterebbe assai pericoloso estendere la possibilità di appellarsi al diritto di legittima difesa per giustificare l'uso della forza nei confronti di uno Stato che semplicemente possiede, o si ritenga possa possedere, armi di distruzione di massa. I rapporti tra Stati sarebbero sottratti ad ogni controllo e l'arbitrio regnerebbe incontrastato.

Parimenti ingiustificato risulta un richiamo alla pretesa inottemperanza da parte del governo iracheno delle prescrizioni in materia di disarmo contenute in risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite adottate al termine della I guerra del Golfo (1991): solo lo stesso Consiglio di Sicurezza sarebbe, nel caso, legittimato ad intraprendere ulteriori azioni, tra cui, magari, l'uso della forza, per il ristabilimento dell'ordine internazionale violato. Allo stesso modo, è assai arduo ritenere tuttora valida l'autorizzazione all'uso della forza contenuta nella risoluzione 978 (1990), base del primo intervento in Iraq in seguito all'invasione del Kuwait.

Purtroppo, ciò a cui abbiamo assistito inermi è stata una campagna militare condotta nella più classica delle forme: una grande potenza interessata ad imporsi su un territorio particolare ove esiste un potere debole impiega tutti i suoi mezzi per giungere alla totale debellatio dell'avversario e, quindi, soggiogarlo. Tutto ciò, senza la benché minima cura del diritto internazionale generale, delle norme di condotta da tenere nei conflitti armati e della comunità internazionale.

Nonostante questo, noi crediamo fermamente in quello che anche il Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha ribadito a più riprese, vale a dire che «solo un approccio multilaterale e globale sotto l'egida delle Nazioni Unite può costituire una garanzia dell'efficacia della lotta al terrorismo internazionale».

L'accettazione del ruolo fondamentale dell'ONU nella gestione della crisi irachena avrebbe tributato a tale Organizzazione il riconoscimento che serviva per avviare una nuova era delle relazioni internazionali e, magari, aprire il nuovo millennio nella prospettiva della possibilità di costruire un nuovo ordine mondiale basato su relazioni pacifiche e regolato dalle stesse Nazioni Unite riformate. Invece, la II guerra del Golfo ha assunto delle caratteristiche molto simili a quelle della conquista delle Americhe nel XV-XVI secolo: vi si porta la democrazia perché da soli non riuscireste a raggiungerla, in cambio prendiamo solo il vostro petrolio (allora fu: vi portiamo la cristianità, in cambio del vostro oro e delle vostre ricchezze!).

Sembra proprio che l'Uomo non impari nulla dalla Storia!
Noi, però, continueremo a sollecitare riflessioni e a scuotere le coscienze dei dormienti (o almeno cercheremo di farlo).

"La nostra miglior difesa è un attacco adeguato"
(George W. Bush, The National Security Strategy of the USA, settembre 2002)
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Ultima modifica di Gigi75 : 16-09-2004 alle ore 20.27.20
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Vecchio 16-09-2004, 21.06.01   #296
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Che la situazione oggi sia meglio di quella di ieri è tutto da dimostrare, anzi i fatti smentiscono di brutto e comprovano proprio il contrario. Gettare la colpa di tutto al terrorismo è troppo facile. Perchè ora c'è il terrorismo, e quando c'era Saddam no?
La differenza è che ora ci sono gli invasori, prima era un affare interno, c'è una gran bella differenza al punto che i differendi interni non esistono più visto che la priorità assoluta è spingere gli invasori ed affini fuori dal territorio.
In Irak non c'era di certo il terrorismo se non alcuni campi di addestramento dei terroristi...pare.
 
Vecchio 16-09-2004, 21.07.42   #297
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Leggerò con calma ..e riposato i tuoi post domani.
Ciao
 
Vecchio 16-09-2004, 21.29.56   #298
davlak
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.....prima era un affare interno.....
Un affare interno?
Ma dico, li hai visti i filmati in cui Saddam pagava cospicue somme di denaro alle famiglie dei kamikaze palestinesi?
 
Vecchio 17-09-2004, 10.10.00   #299
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1-Sia S.Tomaso prima che Grozio poi ( nel quale riconosciamo un pensiero laico ed a-confessionale) sono alla radice della teorizzazione della guerra giusta. Questo è il primo concetto fondamentale, che possiamo accettare o no, e sul quale sarebbe bene che si aprisse un dibattito per chiarire se questo concetto viene assunto oppure no.

2-Nel caso si rispondesse "no" è pensabile contrastare il terrorismo globale con solo azioni di "polizia"? E' possibile senza fornire alla polizia i mezzi organizzativi e gli strumenti militari proprii di un esercito? E quale differenza c'è fra l'esercito e la polizia ?


3-L'Onu è il solo a poter giudicare se una guerra è giusta?
Quale organo dell'Onu?
Il solo Consiglio di Sicurezza?
Le Nazioni Unite danno le garanzie di potersi sostituire ad una nazione nel fare valere i suoi giusti diritti?
Se l'Onu, per il meccanismo di voto del Consiglio di Sicurezza è incapace di prendere decisioni determinanti per la sicurezza di una nazione, questa deve attenersi alle sue non-decisioni? Hanno le Nazioni Unite la capacità di coercizione senza la quale una risoluzione non può essere fatta rispettare?
L'Organizzazione delle Nazioni Unite ha dimostrato di essere all'altezza dei compiti che si prefigge e ha dimostrato di averne l'autorità morale?
Anche questa discussione è decisiva per poter trarre delle conclusioni.

4-Alla fine di ogni discussione su questi punti apparirà alla ragione un giudizio logicamente costringente ?

In attesa di questo scelgo di decidere con il cuore: il mio è con gli Stati Uniti.

Ultima modifica di Giorgio Drudi : 17-09-2004 alle ore 10.19.13
 
Vecchio 17-09-2004, 10.55.34   #300
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3-L'Onu è il solo a poter giudicare se una guerra è giusta?
Quale organo dell'Onu?
Il solo Consiglio di Sicurezza?
Le Nazioni Unite danno le garanzie di potersi sostituire ad una nazione nel fare valere i suoi giusti diritti?
Se l'Onu, per il meccanismo di voto del Consiglio di Sicurezza è incapace di prendere decisioni determinanti per la sicurezza di una nazione, questa deve attenersi alle sue non-decisioni? Hanno le Nazioni Unite la capacità di coercizione senza la quale una risoluzione non può essere fatta rispettare?
L'Organizzazione delle Nazioni Unite ha dimostrato di essere all'altezza dei compiti che si prefigge e ha dimostrato di averne l'autorità morale?
Anche questa discussione è decisiva per poter trarre delle conclusioni.

4-Alla fine di ogni discussione su questi punti apparirà alla ragione un giudizio logicamente costringente ?

In attesa di questo scelgo di decidere con il cuore: il mio è con gli Stati Uniti.
"Non si può non riconoscere che, spesso, lo stesso Consiglio di Sicurezza si è dimostrato inefficace a fronteggiare situazioni di crisi internazionale; ma questo, dovuto alla struttura stessa dell'organo uscito dalle ceneri della II guerra mondiale e alla persistenza del diritto di veto in capo ai cinque membri permanenti, non può essere motivo valido per considerare non più vincolante il sistema convenzionale venutosi a creare intorno all'Organizzazione stessa ma, eventualmente, dovrebbe spronare gli Stati membri della comunità internazionale ad adoperarsi per una sua riforma in chiave maggiormente democratica e rappresentativa degli attuali e differenti equilibri geopolitici. Quindi, in presenza di un attacco armato, l'inattività del Consiglio di Sicurezza o l'inefficacia dei suoi pronunciamenti, lascia intatto il diritto dello Stato aggredito di reagire per legittima difesa ex art.51 della Carta,mentre non si può sostenere che il ricorso alla forza sia legittimo per rispondere ad una presunta minaccia di aggressione verso la quale, proprio perché presunta, tale organo non ha preso posizione: ciò porterebbe all'arbitrio totale nelle relazioni tra Stati."

Questo è il diritto secondo quanto finora accettato dal mondo c.d. moderno, il cuore che comanda azioni contrarie a queste è solo illegalità, salvo non si voglia costituire un nuovo ordinamento internazionale.
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