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24-09-2004, 16.52.15 | #1 |
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La spontaneità
Volevo anche farvi leggere qualcosa e ho trovato questo testo molto interessante, scritto almeno 60 anni fa. Ci sono testi che dicono più o meno le stesse cose anche di 2000 anni fa. Questo perchè la spontaneità non si evolte, esiste già in tutti noi. Ecco il testo: L'attività spontanea è la risposta ai dubbi sul senso della vita. di Erich Fromm Tratto da "Escape from freedom", 1941 Fuga dalla Libertà, edizioni di Comunità Milano 1978 capitolo 7 (Libertà e democrazia), paragrafo 2 (libertà e spontaneità), quarto capoverso, quarta frase. Premessa Volevo proporvi un brano tratto da "Fuga della Libertà" di Erich Fromm che ritengo estremamente stimolante. È un canto liberatorio che inneggia alla attività spontanea (che successivamente, per esempio in L'arte d'amare o in Essere e Avere, Fromm chiama attività produttiva, identificandola con ciò che Meister Eckhart chiamava "essere vivi e attivi") quale chiave per un'esistenza di autenticità, consapevolezza e felicità. Ho commentato il testo con grassetti, sottolineature e corsivi che mettessero in evidenza le parti cruciali del discorso o quelle a mio giudizio più vibranti. Mi sono permesso di tagliare alcune frasi che mi sembravano superflue nell'economia del messaggio, sostituendole con una frase riassuntiva. Inoltre, ho usato un accorgimento per riportare il linguaggio di Fromm al livello di quello della letteratura psicoterapeutica e umanistica di 60 anni dopo in cui il termine Io o Ego è ormai universalmente usato per indicare quella prospettiva angusta della personalità che la crescita mira a trascendere, quell'istanza gretta e misera, narcisistica, sfruttante, manipolatoria etc. Del resto ciò che Fromm chiama Io non sempre può essere inteso come "Sé", la propria identità più vasta che ha smaltito i confini dell'io. Più spesso l'accezione positiva con cui il termine Io ricorre in Fromm significa ciò che oggi può essere chiamato "identità individuale", "consapevolezza" e dunque, per tenere salvo questo significato mi sono permesso di sostituire il termine Io con termini o perifrasi oggi a mio giudizio più evocativi e fedeli. Ho evidenziato in verde nel testo queste sostituzioni, qualora voleste preferire e ripristinare l'originale "Io". È un brano che leggo spesso, e in particolare gli ultimi due capoversi sono molto illuminanti, dando uno schizzo molto entusiasmente circa la visione - che Fromm svilupperà in seguito - del potere come espressione di sé stessi piuttosto che come asservimento ad un'autorità o controllo sugli altri. Matteo L'attività spontanea non è l'attività coatta, alla quale l'individuo è spinto dall'isolamento e dall'impotenza; non è l'attività dell'automa, che è assimilazione acritica di modelli suggeriti dall'esterno. L'attività spontanea è libera attività della propria essenza e implica, in termini psicologici, quello che la radice latina della parola, sponte, significata letteralmente: di propria libera volontà. Per attività non intendiamo il «far qualcosa», bensì quell'attività creativa che può operare nelle proprie esperienze emotive, intellettuali e sensuali, e anche nella propria stessa volontà. Un presupposto di questa spontaneità è l'accettazione della personalità totale, e l'eliminazione della spaccatura tra «ragione» e «natura»; infatti, solamente se l'uomo non reprime parti essenziali del proprio essere, solo se è diventato trasparente a sé stesso, e solo se le diverse sfere della vita hanno raggiunto una fondamentale integrazione, l'attività spontanea è possibile. Benché la spontaneità sia un fenomeno relativamente raro nella nostra civiltà, non è che ne siamo completamente privi. Per aiutare a comprendere questo punto, vorrei ricordare al lettore alcuni casi in cui tutti incontriamo scampoli di spontaneità. In primo luogo, conosciamo individui che sono - o sono stati - spontanei, i cui pensieri, sentimenti e atti sono l'espressione di loro stessi e non di un automa. Questi individui ci sono familiari per lo più come artisti. Infatti l'artista può essere definito un individuo in grado di esprimersi spontaneamente, e proprio così lo definiva Balzac; in tal caso, anche certi filosofi e scienziati devono pure essere chiamati artisti, mentre altri che passano per essere artisti ne sono invece tanto lontani quanto un vecchio fotografo può esserlo da un pittore creativo. Ci sono poi altri individui i quali, pur non avendo la capacità - o forse semplicemente la preparazione - per esprimersi in un mezzo oggettivo come fa l'artista, possiedono la stessa spontaneità. Ma la posizione dell'artista è vulnerabile, poiché in realtà si rispetta l'individualità e la spontaneità del solo artista riuscito; se non riesce a vendere la sua arte, egli resta per i suoi contemporanei un eccentrico, un nevrotico, così come il rivoluzionario vittorioso viene poi considerato uno statista, mentre il rivoluzionario fallito non è altro che un criminale. I bambini offrono un altro esempio di spontaneità. Hanno la capacità di sentire e pensare ciò che è veramente loro; questa spontaneità si manifesta in quello che dicono e pensano, nei sentimenti che i loro visi esprimono. Se ci si chiede perché i bambini piacciono alla maggior parte delle persone, credo che la risposta, a prescindere dalle ragioni sentimentali e convenzionali, vada cercata proprio in questo carattere della spontaneità. Essa attira profondamente chiunque non sia talmente arido da aver perduto la capacità di percepirla. In realtà non c'è nulla di più accattivante e convincente della spontaneità, in chiunque la si trovi. CONTINUA |
24-09-2004, 16.53.02 | #2 |
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La maggior parte di noi è in grado di notare certi momenti in cui è spontaneo, che sono nello stesso tempo momenti in cui è autenticamente felice. Si tratti della fresca e immediata percezione di un paesaggio, o del sorgere di una verità come risultato della nostra riflessione, o di un piacere dei sensi che non sia filtrato attraverso stereotipi, o dell'insorgere dell'amore per un'altra persona: in questi momenti sappiamo tutti che cosa sia un atto spontaneo, e tutti possiamo intuire che cosa la vita umana potrebbe essere se le esperienze spontanee non fossero così sporadiche e casuali.
In che senso l'attività spontanea è la risposta al problema della libertà? Abbiamo detto che la libertà negativa (indipendenza) di per sé fa dell'individuo un essere isolato, il cui rapporto con il mondo è remoto e sospettoso, e il cui io è debole e continuamente minacciato. La attività spontanea è il solo modo in cui l'uomo può superare il terrore della solitudine senza sacrificare l'integrità del suo essere; infatti nella realizzazione spontanea della propria essenza l'uomo si riunisce al mondo: all'umanità, alla natura e a sé stesso. L'amore è la principale componente di tale spontaneità, non l'amore come dissoluzione della propria identità in un'altra persona, non l'amore come possesso di un'altra persona, ma l'amore come affermazione spontanea della realtà e degli altri, come unione dell'individuo con l'esterno sulla base della conservazione della propria coscienza individuale. Il carattere dinamico dell'amore sta proprio in questa polarità: esso sorge dal bisogno di superare la separazione, porta all'unità, e tuttavia l'individualità non è eliminata. Il lavoro è l'altra componente: non il lavoro come attività ossessiva per sfuggire la solitudine, non il lavoro come rapporto con la natura che in parte è dominio su di essa e in parte adorazione e sottomissione agli stessi prodotti delle mani dell'uomo; bensì il lavoro come creazione, in cui l'uomo diventa uno con la natura nell'atto del creare. Ciò che è vero dell'amore e del lavoro è vero di ogni altra forma di spontaneità, si tratti della consapevole percezione del piacere dei sensi o della partecipazione alla vita politica della collettività. La azione spontanea afferma l'individualità e nello stesso tempo unisce l'io agli uomini e alla natura. La fondamentale dicotomia implicita nella libertà - la nascita dell'individualità e il dolore della solitudine - viene dissolta su un piano più alto dall'attività spontanea. In ogni attività spontanea l'individuo abbraccia il mondo. Non solo la sua essenza individuale resta intatta, ma si rafforza e si consolida. Infatti l'essere di ciascuno è tanto forte quanto è attivo. Non c'è vera forza nel possesso, sia esso di beni materiali, oppure di qualità spirituali, come i sentimenti o i pensieri. Non c'è forza nemmeno nell'uso e nella manipolazione degli oggetti; ciò che usiamo non è nostro semplicemente perché lo usiamo. Nostro è solo ciò a cui siamo legati dalla nostra attività creativa, si tratti di un oggetto o della relazione con una persona. Solo le qualità che sorgono dalla nostra attività spontanea rafforzano l'identità e formano pertanto la base della sua integrità. L'incapacità di agire spontaneamente, di esprimere quel che veramente si sente e si pensa, e la conseguente necessità di presentare uno pseudo-io agli altri e perfino a sé stessi, sono la radice del sentimento di inferiorità e di debolezza. Che ne siamo o no coscienti, non c'è nulla di cui ci vergogniamo di più del fatto di non essere noi stessi, e nulla che ci dia più orgoglio o felicità del pensare, sentire e dire quello che davvero è nostro. Ciò implica che quello che importa è l'attività in quanto tale, il processo e non il risultato. Nella nostra civiltà l'accento batte proprio sulla cosa opposta. Produciamo non per una soddisfazione concreta, ma per il fine astratto di vendere la nostra merce; riteniamo di poter acquistare ogni bene materiale o immateriale comprandolo , e così le cose diventano nostre senza alcuna partecipazione di creatività o consapevolezza da parte nostra nei loro confronti. Analogamente consideriamo le nostre qualità personali e il risultato dei nostri sforzi come merci che possono essere vendute in cambio di denaro, prestigio e potere. Così l'accento si sposta dall'immediata, naturale, soddisfazione dell'attività creativa, al valore del prodotto finito. In questo modo l'uomo perde la sola soddisfazione che può dargli vera felicità - l'esperienza dell'attività del momento presente - e rincorre un fantasma che lo lascia deluso non appena crede di averlo afferrato: quell'illusoria felicità che si chiama il successo. Se l'individuo realizza sé stesso mediante l'attività spontanea, e in questo modo si mette in rapporto con il mondo, allora cessa di essere un atomo isolato; sia lui che il mondo diventano parti di un tutto organico; egli occupa il suo giusto posto, e così i dubbi su se stesso e sul significato della vita si dileguano. Questi dubbi scaturivano dal suo isolamento e dal soffocamento della vita; quando egli riesce a vivere non in modo coatto, né da automa, ma spontaneamente, essi scompaiono. Ha coscienza di sé come di un individuo attivo e creativo, e riconosce che c'è un solo significato della vita: l'atto stesso di vivere. Se l'individuo supera il dubbio fondamentale su se stesso e sul suo posto nella vita, se si riunisce al mondo abbracciandolo nell'atto del vivere spontaneamente, acquista forza come individuo e acquista anche sicurezza. Questa sicurezza, però, è diversa dalla sicurezza che caratterizza la fase preindividuale, allo stesso modo che il nuovo rapporto con il mondo è diverso da quello che caratterizzava i legami primari. La nuova sicurezza non è radicata nella protezione che l'individuo riceve da un potere esterno superiore; e nemmeno è una sicurezza in cui sia eliminato il carattere tragico della vita. La nuova sicurezza è dinamica; non è fondata sulla protezione, ma sull'attività spontanea. È la sicurezza che si acquista ogni singolo momento per mezzo dell'attività spontanea. È la sicurezza che solo la libertà può dare, e che non ha bisogno di illusioni perché ha eliminato le condizioni che rendono necessarie le illusioni. FINE FONTE: http://www.riflessioni.it/testi/senso_vita.htm |
24-09-2004, 23.00.00 | #3 |
White Stripes
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Gran bel pensiero complimenti...allora WT Dreamer nn ti è stato appioppato per caso complimenti..... (Y)(Y)(Y)
Cmq a tal proposito volevo dire ke io sono spontaneo qnd scrivo i miei post.....
___________________________________
Bu Viviamo nel paese dei balocchi...abbiamo i ciuchini che ci governano >>Alex alias Alcalino << |
24-09-2004, 23.17.35 | #4 |
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Grazie e aggiungo che si vede che sei spontaneo, dico sul serio. (Y)
Questo thread dimostra che la verità è talmente bella e affascinante che ti lascia senza parole. |
25-09-2004, 07.51.45 | #5 |
Guest
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Erich Fromm è rappresentante di quell'ebraismo umanistico che è molto vicino al cristianesimo.
L'argomento( spontaneità) è interessante e mi riprometto di postare. ( Dopo aver aggiustato i danni provocati dal maltempo) |
25-09-2004, 10.04.21 | #6 | |
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Grazie Paco. |
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25-09-2004, 11.59.31 | #7 |
Guest
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Spontaneo si dice di fatti naturali che avvengono senza l’intervento dell’uomo, ma riferito al comportamento umano, oltre ad altri significati che non penso siano quelli a cui ti riferisci né a quello che intende Fromm, significa “un apprezzabile franchezza o naturalezza”.
Anche l’etimologia propende per questo significato : “autonomia spirituale” ( lo fa derivare da “spons” sopravvissuto solo nei casi genitivo e ablativo ,che assume una funzione avverbiale). Perché la spontaneità sia positiva, quella profonda e originaria dell’essere umano, quella credo cui ti riferisci, penso debba essere distinta da quella in qualche modo legata agli istinti congeniti ed immutabili. Bisogna in qualche modo che la spontaneità sia anch’essa plasmata dalla coscienza. Nei bambini istinto e spontaneità sono quasi fusi in un flusso originario di coscienza, che e caratterizzata dall’ innocenza, dal candore, e dalla semplicità…credo che per questo Gesù abbia pronunciato quelle parole in cui, tutti, intuiamo la veridicità : ” In verità vi dico: se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. (Matteo 18:3e) e " Gesù, veduto ciò, si indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano da me; non glielo vietate, perché il r gno di Dio è per chi assomiglia a loro." ( Marco 10:14) Negli adulti deve essere plasmata dalla coscienza e questa deve essere liberata dall’odio, dalle antipatie, dai pregiudizi, dall’invidia, dall’interesse: nella misura in cui siamo liberi, la nostra spontaneità è “originale”, fresca, positiva...insomma è l’amare che rende la nostra spontaneità amabile. |
25-09-2004, 12.26.33 | #8 |
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Daccordo con il tuo discorso.
La spontaneità è appunto una volontà e la coscienza in qualche modo è una volontà, ma deve essere autonoma. L'errore che si commette spesso è quello di separare l'istinto dalla ragione e dalla spontaneità nelle nostre azioni e nei nostri pensieri, mentre nel bambino, come hai ben detto tu, vivono quasi in simbiosi naturalmente, senza costrizioni. L'adulto perde la sua spontaneità, o meglio la nasconde, nel momento in cui si impone falsi obiettivi inflenzati dall'esterno. Quei versetti andrebbero ripetuti tutti i giorni. |
25-09-2004, 12.27.35 | #9 | |
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25-09-2004, 12.28.04 | #10 | |
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P.S. Anche a me è venuta voglia di leggere qualcosa di suo. |
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25-09-2004, 12.32.31 | #11 |
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Vi invito a dare un'occhiata alla fonte di quel testo: http://www.riflessioni.it/
C'è dell'ottimo materiale su cui riflettere. |
25-09-2004, 14.34.09 | #12 | |
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"laudato sìi mi Signore per frate vento...." |
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25-09-2004, 15.34.52 | #13 | |
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25-09-2004, 19.17.19 | #14 |
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Riassumo il percorso di di Erich Fromm: la sua "formazione" è quella della scuola di Francoforte che si applicò in modo critico alla riflessione su tutti gli "elementi" che costituiscono la società moderna.
Fromm individua nell'avere e nell'essere le due categorie essenziali per interpretare la società moderna e la sua crisi : "l'avere" a cui riduciamo l'essere ( uno è ciò che ha ) che porta alla "civiltà" dei consumi e rappresenta il vero motivo della degradazione sociale. Brama di possesso, avidità, e quindi violenza. L'avere è il modo di vivere che prevale nel mondo attuale e sta portando l'umanità alla catastrofe. L'altra categoria è "l'essere " che egli non analizza metafisicamente, astrattamente,..."essere", per lui, vuol dire "fare", "essere attivi" ma non nel senso materiale; essere produttivi in senso spirituale, sviluppando le proprie doti, rigenerarsi ...per giungere ad essere capaci di amare. Questa, e solo questa, è la strada da percorrere... perchè le altre strade conducono al fallimento, al nulla e alla catastrofe. Ovviamente analizzare l'amore, denunciare il falso amore, insegnare ad amare ( anche se riconosce che non c'è ricetta valida per tutti) è il momento successivo della sua riflessione, fissata nel libro "L'arte di amare". Ultima modifica di Giorgio Drudi : 25-09-2004 alle ore 19.44.42 |
26-09-2004, 11.46.02 | #15 |
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Grazie Giorgio!
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