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09-11-2003, 09.49.57 | #1 |
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Per gli amanti dei cani... e dei lupi...
LA FEDELTÀ NON E UN MIRAGGIO All'inizio dell'era neolitica compare il primo animale domestico, un piccolo cane addomesticato solo a metà, simile a un volpino, che certamente discende dallo sciacallo. Poiché assai probabilmente nell'Europa nord-occidentale, dove se ne sono trovati i resti, in quell'epoca non c'erano più sciacalli, mentre da molti segni sembra risultare che quel cane avesse già funzioni di animale domestico, non vi è dubbio che i palafitticoli dell'età della pietra avessero portato con sé i loro cani sulle sponde del Mar Baltico. Ma come è avvenuto l'incontro fra l'uomo dell'età della pietra e il suo cane? Probabilmente nell'era paleolitica grossi branchi di sciacalli seguivano le orde dei cacciatori nomadi circondandone gli insediamenti, come fanno ancor oggi in Oriente i cani paria, che nessuno sa se vadano considerati dei cani domestici inselvatichiti, oppure dei cani selvatici che hanno fatto il primo passo verso l'addomesticamento. E contro quei cacciatori di rifiuti i nostri antenati probabilmente non avranno fatto più di quanto facciano ancor oggi gli orientali col loro tradizionale fatalismo. Anzi,per quei cacciatori dell'età della pietra, per i quali i grossi animali feroci costituivano ancora un grave pericolo, deve essere stato assai piacevole sapere che il proprio campo era sorvegliato da una grossa cintura di sciacalli, i quali all'avvicinarsi di una tigre dalle lunghe zanne o di un orso delle caverne lanciavano gli urli più selvaggi. A un certo momento, oltre che fargli la guardia, i cani incominciarono ad aiutare l'uomo nella caccia. A un certo momento il branco degli sciacalli che, in attesa di rifiuti, seguivano i cacciatori, incominciò a precederli, a fiutare le orme della preda ed eventualmente a puntarla. E facile immaginare che questi progenitori dei cani domestici, ricevendo di solito i rifiuti degli animali grossi che senza l'aiuto dell'uomo essi non sarebbero stati in grado di abbattere, cominciassero proprio così a interessarsi di tali animali, e a seguirne le tracce attirando su di esse l'attenzione dell'uomo. I cani sono sorprendentemente rapidi nel capire quando possono avere le spalle coperte, e anche il botolo più codardo diviene un grosso attaccabrighe se è sicuro della protezione di un amico forte. Con queste considerazioni non attribuisco certo una eccessiva astuzia agli sciacalli preistorici. Per me è straordinariamente piacevole, anzi addirittura esaltante pensare che l'antichissimo patto fra uomo e cane sia stato contratto dalle due parti liberamente, senza costrizione alcuna. Tutti gli altri animali prima di divenire domestici sono passati attraverso un periodo di vera e propria cattività, a eccezione del gatto, che però ancor oggi non è un animale domestico in senso stretto. E tutti gli animali domestici sono dei veri e propri schiavi, solo il cane è un amico. Certo, un amico devoto, sottomesso: a po-co a poco, nel corso dei millenni, le migliori famiglie canine si sono abituate a non scegliere più un cane a guida del loro branco, come accadeva quando si trovavano allo stato selvaggio, ma a seguire il capo dell'orda umana. E ancor oggi i cani, e soprattutto quelli dal carattere più forte, tendono a considerare come loro vero signore il pater familias, mentre nelle razze più primitive il rapporto di sottomissione all'uomo ha spesso un carattere meno immediato: quando molti di questi cani sono tenuti insieme, uno di essi spicca con funzioni di leader, e gli altri sono fedeli e sottomessi a lui, e non all'uomo; solo il leader è in senso proprio il cane del suo signore, gli altri in senso proprio sono cani di quel cane. Leggendo fra le righe si capisce come anche fra le mute di cani da slitta dell'Alaska, di cui Jack London ci fa indubbiamente una descrizione veritiera, questo comportamento rappresenti la regola. Ed è interessante osservare che i cani maggiormente addomesticati non sembrino invece del tutto soddisfatti di avere per capo un cane, ma cerchino di avere come «signore» un uomo. La scelta del padrone da parte di un buon cane è un fenomeno magnifico e misterioso. Con rapidità sorprendente, spesso in pochissimi giorni, si stabilisce un legame che è di gran lunga più saldo di tutti, tutti i legami che possono mai stabilirsi fra noi uomini. Non esiste patto che non sia stato spezzato, non esiste fedeltà che non sia stata tradita, all'infuori di quella di un cane veramente fedele. Di tutti i cani che ho conosciuto finora i più fedeli sono quelli nelle cui vene, accanto al sangue dello sciacallo (Canis aureus) scorre anche una buona porzione di sangue di lupo. Il lupo nordico (Canis lupus) si è potuto addomesticare solo attraverso l'incrocio con lo sciacallo. Nonostante la diffusa opinione che il lupo costituisca una componente importante nella linea ancestrale di tutte le grandi razze canine, le ricerche di etologia comparata hanno messo in luce che in tutte le razze canine europee, ivi comprese quelle più grosse, come gli alani e i cani da pastore, scorre puro sangue di sciacallo, al massimo mescolato con poche gocce di sangue di lupo. I cani lupus dal sangue più puro sono certe razze canine dell'America artica, e in particolare i cosiddetti malemuti. Anche nei cani esquimesi c'è solo una debole traccia di sangue di sciacallo. Nelle razze nordiche del Vecchio Continente, come i cani lapponi, le laike russe, i samoiedi e i chow-chow, la percentuale di sangue di sciacallo è maggiore che nei cani nord-americani. Tuttavia si notano in essi gli zigomi più alti, gli occhi obliqui e il naso lievemente voltato in su che danno al muso del lupo la sua espressione caratteristica; d'altro canto proprio nel rosso fiammante del suo stupendo pelo il chow porta il segno non trascurabile della sua discendenza dallo sciacallo. Il «patto di fedeltà» che il cane stringe una volta per tutte con un solo padrone è una cosa molto misteriosa. Il legame si instaura in modo repentino, spesso in pochissimi giorni, soprattutto nei cuccioli provenienti da un canile. Il «periodo fecondo» per questo processo, che è il più importante nella vita di un cane, si estende tra gli otto e i diciotto mesi per il cane aureus, mentre per il cane lupus si aggira attorno al sesto mese di vita. Il vero grande amore dei cani ha due radici assai diverse. Da un lato esso non differisce dall'attaccamento di ogni cane selvatico per il leader del suo branco, attaccamento che il cane addomesticato trasferisce sull'uomo senza alterarne essenzialmente il carattere. Però nei cani maggiormente addomesticati si aggiunge ad esso una forma di attaccamento del tutto diversa. Molte caratteristiche che contraddistinguono i cani addomesticati dalle forme selvatiche originarie dipendono dal fatto che tratti somatici e comportamentali, che nelle forme selvatiche hanno carattere transeunte e compaiono solo in certi stadi giovanili, nella forma domestica hanno carattere duraturo: il pelo corto, la coda arricciolata, le orecchie pendule, il cranio più a volta e il muso più corto di molte razze canine sono alcune di queste caratteristiche. E per ciò che riguarda il comportamento, questa permanenza dei caratteri giovanili connessa con la condizione di domesticità si manifesta soprattutto nello stabilizzarsi di quell'attaccamento che i cani selvatici portano, solo quando sono molto giovani, alla loro madre, in un attaccamento per tutta la vita, quale è appunto quello che lega, con un vincolo di fedeltà perpetua, il cane domestico al suo padrone. Dunque la fedeltà al branco, che rimane invariata e viene semplicemente trasferita sull'uomo, e l'attaccamento infantile, che viene reso permanente dall'addomesticamento, sono due radici della fedeltà dei cani piuttosto indipendenti tra loro. Una differenza essenziale fra il carattere del cane lupus e quello del cane aureus consiste nel fatto che queste due radici hanno una consistenza assai diversa nelle due razze: per il lupo, il branco ha un'importanza incalcolabilmente più grande che non per lo sciacallo, che è essenzialmente un animale solitario e solo occasionalmente si unisce a un branco di suoi simili per andare a caccia, invece i lupi che scorrazzano nelle foreste del Nord sembrano legati fra loro da un patto ferreo ed esclusivo, e si aggirano sempre in branchi compatti, pronti a difendersi a vicenda fino alla morte. Spesso si afferma che i lupi di uno stesso branco si divorano fra loro, ma io la ritengo una menzogna, dato che i cani da slitta non lo fanno a nessun costo, neanche sul punto di morire di fame; e questa inibizione sociale non è stata certamente instillata in loro dall'uomo. ... |
09-11-2003, 09.51.26 | #2 |
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In tutte le razze canine con un ricco apporto di sangue di lupo c'è, fra le qualità molto positive, questo attaccamento esclusivo e questa pugnace solidarietà, e ciò le distingue favorevolmente dai cani aureus, che per lo più sono amiconi di tutti e seguono qualunque persona che regga l'altro capo del guinzaglio. Invece un cane lupus, se una volta ha giurato fedeltà a una determinata persona, sarà per sempre il suo cane, e un estraneo non potrà ottenere da lui il minimo cenno della sua coda pelosa. Chi è stato oggetto della esclusiva fedeltà di un cane lupus non potrà mai più essere felice con un cane aureus. A questa bella qualità delle razze canine in cui scorre sangue di lupo si contrappongono però notevoli difetti, che derivano direttamente dalla fedeltà esclusiva a un solo padrone. E chiaro fin da principio che un cane lupus già adulto non potrà mai divenire il vostro cane; ma c'è di peggio: se voi doveste abbandonarlo, l'animale perderà completamente il proprio equilibrio, non ubbidirà più né a voi né ai vostri figli, e nel suo dolore si degraderà rapidamente al livello di un cane randagio senza padrone, perderà le abitudini civili contratte nei confronti del pollame, e vagabonderà per il vicinato commettendo misfatti su misfatti. Inoltre un cane in cui scorra prevalentemente sangue di lupo, nonostante la sua incommensurabile fedeltà e il suo attaccamento, non è mai del tutto sottomesso. Se lo abbandonate muore, ma voi potete crepare senza poter ottenere da lui una reale ubbidienza; io per lo meno non vi sono mai riuscito, forse vi potrà riuscire un allevatore migliore. Per questo è raro vedere in città un chow che segue i passi del proprio padrone se non è tenuto al guinzaglio. Un cane lupus ha molte caratteristiche dei grossi predatori felini: sarà vostro amico fino alla morte, ma non sarà mai il vostro schiavo. E, benché non possa vivere senza di voi, sarà sempre ben chiaro che egli ha anche una sua vita privata. Invece nel cane che discende dallo sciacallo, addomesticato da tempo immemorabile, permane sempre quell'attaccamento infantile che lo rende un compagno docile e assai trattabile. In luogo della fiera e maschia fedeltà del cane lupus, che ha ben poco a che fare con l'ubbidienza, il cane aureus vi offre quella sottomissione che gli fa spiare giorno e notte, ora per ora e minuto per minuto, ogni vostro comando, anzi ogni vostro minimo desiderio. Il cane che discende dallo sciacallo è docile per natura, e accorre a un vostro richiamo non solo quando ne ha voglia o quando sa che volete fargli delle moine: accorre sempre, perché sa di dover ubbidire. E la sua ubbidienza è tanto più garantita quanto più imperioso è il richiamo, mentre un cane lupus, se chiamato imperiosamente, non viene affatto, ma cerca di rabbonirvi a distanza con gesti amichevoli. A queste caratteristiche positive e gradevoli del cane aureus se ne contrappongono purtroppo altre che derivano anch'esse dal suo stato perennemente infantile, ma sono assai meno piacevoli per il padrone. Per esempio, dato che i cuccioli al di sotto di una certa età sono tabù per tutti i membri della loro specie, cioè godono di un'assoluta immunità da morsi e aggressioni, questi bambinetti spesso si prendono una confidenza eccessiva e importuna con chiunque, e tormentano animali e uomini per indurii a giocare con loro, proprio come fanno molti bambini viziati che chiamano «zio» qualunque adulto. E se queste caratteristiche infantili permangono poi durevolmente nel cane adulto, esso verrà ad avere un carattere assai sgradevole, o meglio dimostrerà una totale mancanza di carattere. Ma l'aspetto peggiore della faccenda consiste nel fatto che tali cani vedono in ogni persona uno «zio», e divengono docili proprio «come un cagnolino» verso chiunque li tratti con una certa severità. L'aggressione scherzosa e invadente si trasforma subito in un atteggiamento infantile, umile e sottomesso. Certamente voi tutti conoscete dei cani di questo tipo, per i quali non esiste via di mezzo fra l'aggressione fastidiosa e petulante e un atteggiamento di supplichevole umiltà: se, col rischio di offendere la padrona di casa, sgridate la bestia che vi calpesta e vi copre di peli dalla testa ai piedi, essa cade spaventata sul dorso invocando pietà; se poi, per conciliarvi la padrona di casa, vi rivolgete alla bestia in tono amichevole, ciac, essa con un rapido balzo vi salta addosso leccandovi la faccia e continuando implacabilmente a seminar peli sui vostri calzoni. Un cane di questo tipo, cioè un cane di tutti, si può naturalmente smarrire con molta facilità, perché entra subito in confidenza con qualunque estraneo che gli si rivolga in tono amichevole. Ma se il mio cane si lascia rubare, che me lo rubino pure! Anche tutte le belle razze seducenti e nobili dei cani da caccia con le loro orecchie pendule mi sono antipatiche, perché di solito tali animali sono pronti a seguire chiunque porti un fucile. Certo, la loro utilità ai fini della caccia si fonda proprio su questa loro sottomissione a qualunque padrone, senza di che non si potrebbe mai comprare un cane da caccia già addestrato o fare addestrare il proprio da un allevatore di professione. È chiaro che un cane può venir addestrato solo da una persona verso cui è legato da una fedeltà e da un'ubbidienza assolute, e così, quando si affida un cane a un estraneo per farlo addestrare, gli si impone in fondo di rompere il patto di fedeltà con il padrone; il rapporto personale fra cane e padrone verrà dunque a soffrirne gravemente, anche se, una volta tornato il cane, si ristabilirà entro certi limiti il vecchio rapporto. Ma in una situazione del genere un cane con sangue di lupo o non imparerebbe nulla, e farebbe disperare il maestro con la sua cocciuta timidezza se non addirittura con un'aggressiva cattiveria (naturalmente solo se prima aveva già giurato fedeltà al suo padrone); oppure, se affidato all'allenatore in epoca assai precoce, prima di aver trovato un oggetto cui attaccarsi con irrevocabile fedeltà, l'animale, anche ad addestramento finito, rimarrebbe per sempre devoto al suo maestro. Quindi è assolutamente inconcepibile l'idea di comprare un cane di sangue prevalentemente lupino già del tutto addestrato: una volta separato dal suo padrone, ogni traccia di educazione andrebbe perduta. Il cane lupus o si affeziona per sempre e totalmente a un solo padrone, o, se non trova un vero padrone oppure perde quello che ha, non sarà più fedele a nessuno, e in questo caso si ridurrà a una specie di gatto, che vive accanto all'uomo ma senza un profondo legame affettivo con lui. È il caso della maggior parte dei cani da slitta nord- americani, le cui profonde qualità d'animo non vengono quasi mai messe in luce e sfruttate se non c'è un Jack London a riconoscerle. Lo stesso si può dire dei nostri chow dell'Europa centrale, che proprio a causa di ciò vengono disprezzati da molti conoscitori: anche i chow spesso divengono simili ai gatti nel senso sopra descritto, perché spesso sono stati delusi dal primo grande amore e non sono capaci di concepirne un secondo. L'irrevocabile patto di fedeltà viene stretto dai chow in età assai più tenera di quanto avvenga per ogni altro cane aureus: anche il cane aureus più fedele e dal carattere più spiccato, come il pastore tedesco o il terrier Airedale, può essere sempre conquistato all'amore di un nuovo padrone fino all'età di circa un anno, mentre, se ci si vuole assicurare la piena fedeltà di un cane dal sangue lupino, bisogna prenderlo in un'età molto più precoce. La mia pluriennale esperienza con i chow mi insegna che bisogna prendere questi cani a non più di cinque mesi di età, e questo non è poi un sacrificio tanto grave, perché nei cani dal sangue lupino la tendenza alla pulizia incomincia a manifestarsi assai prima che in un cane aureus. E l'amore quasi felino per la pulizia è uno dei tratti più gradevoli di questa razza. Intendiamoci, il mio amore non va tutto ai cani di sangue lupino, come forse si potrebbe dedurre da questa mia breve caratterologia canina. Nessun cane dal sangue lupino ha mai offerto al suo padrone una ubbidienza così assoluta come il nostro incomparabile pastore tedesco; ma, d'altro canto, non sono meno splendide le qualità di animale da preda proprie del cane lupus, come l'orgogliosa riservatezza verso gli estranei, l'indicibile profondità del suo amore per il padrone, e al tempo stesso il grande riserbo nel manifestarlo, insomma la sua nobiltà interiore, che non ha riscontro in nessun cane aureus. Ma non è proprio possibile ottenere tutte e due le cose insieme? Be', naturalmente non è tanto facile far recuperare d'un tratto al cane lupus le decine di millenni alle quali il cane aureus deve il suo stato di infantilismo permanente, e da cui derivano il suo attaccamento e la sua assoluta sottomissione. Si può però provare a raggiungere lo scopo per un'altra via. ... |
09-11-2003, 09.52.29 | #3 |
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Parecchi anni fa, mia moglie e io possedevamo una cagna per uno: io la già menzionata cagna da pastore Tito, mia moglie la piccola chow Pygi. Erano due esemplari puri della propria razza, due tipici rappresentanti di tutte le qualità, rispettivamente, del cane aureus e del cane lupus, e provocavano un costante conflitto coniugale. Mia moglie mi scherniva perché Tito salutava allegramente molti amici di famiglia, perché si rotolava in ogni sozza pozzanghera entrando in camera tutta infangata, senza il minimo tatto e il minimo riguardo, perché lasciava parecchio a desiderare dal punto di vista della pulizia quando ci scordavamo di farla uscire, e per mille altre piccole cose che un cane lupus non farebbe mai a nessun costo. Per di più la mia cagnetta non aveva una sua vita privata, ma era solo la pallida ombra del padrone, e dava anche sui nervi, quando se ne stava tutto il giorno presso la mia scrivania dimostrando con languidi sguardi di non aspirare a null'altro che alla prossima passeggiata. Era un'ombra priva di anima, diceva lei della mia Tito, questa cagna che era tutta anima! Io ribattevo piccato che me ne infischiavo di un cane con cui non si potesse andare a spasso: a che cosa serve un cane se non segue fedelmente il suo padrone? E Pygi, pur con tutta la sua fedeltà tanto lodata ed esclusiva, se ne andava sempre a caccia per conto suo; o che forse una volta mia moglie era tornata dalla passeggiata nel bosco insieme con lei? Allora tanto valeva comprarsi una gatta siamese, che è ancora più riservata e pulita, e soprattutto non pretende di esser diversa da ciò che veramente è: una semplice gatta. Pygi invece non era un vero cane. Ma neppure la mia Tito era un vero cane, rispondeva lei, o, nel migliore dei casi, era un personaggio sentimentale di un romanzo ottocentesco... Questa disputa scherzosa, in cui non mancava però anche un pizzico di serietà, ebbe fine con la più semplice e naturale delle transazioni: un figlio di Tito, Bubi, sposò la signorina Pygi. Ciò avvenne assolutamente contro la volontà di mia moglie, che, come si può anche capire, voleva allevare dei chow puri. Invece ci trovammo di fronte a un ostacolo imprevisto, a una caratteristica per noi nuova del cane lupus: la fedeltà monogamica della femmina a un determinato maschio. Mia moglie portò la sua cagna da quasi tutti i maschi chow che risiedevano a Vienna a quel tempo, nella speranza che almeno uno incontrasse i suoi favori. Ma invano: la cagnetta addentava furiosa tutti i corteggiatori, non pensava che al suo Bubi, e alla fine lo ottenne; o meglio fu lui che ottenne lei, riducendo in briciole una massiccia porta di legno dietro la quale Pygi era tenuta confinata. Così ebbe origine la nostra razza frutto dell'incrocio fra cani chow e cani da pastore, merito esclusivo del fedele amore di Pygi per il suo gigantesco e bonario Bubi. Il lettore saprà certamente apprezzare l'alto valore morale della mia più che fedele descrizione dei fatti. Sarebbe stato ben allettante scrivere a esempio: «Dopo un'analisi approfondita dei vantaggi e degli svantaggi inerenti al carattere del lupus e dell'aureus, decisi di provare a unire attraverso un incrocio le qualità positive delle due razze. Il successo fu superiore all'attesa: mentre infatti, assai spesso, con un incrocio non si ottiene che il potenziamento delle qualità negative di entrambi i genitori, nel nostro caso avvenne decisamente il contrario...». Questo sarebbe assolutamente veritiero per quanto concerne il successo dell'esperimento, il quale però aveva avuto luogo, ahimè, senza che vi fosse alcuna pianificazione da parte nostra. Al presente la nostra razza possiede ben poco sangue di cane da pastore, perché in mia assenza, durante la guerra, mia moglie l'ha fatta incrociare due volte con dei chow puri, cosa del resto necessaria se non si voleva ricorrere all'inincrocio. Ma anche così resta assai visibile l'eredità psichica di Tito: i cani sono incomparabilmente più affezionati e più facilmente educabili dei chow purosangue; mentre dal punto di vista esclusivamente somatico solo un occhio assai esperto può cogliere la componente di cane da pastore. Ho intenzione di continuare ad allevare questa razza mista, felicemente sopravvissuta alla guerra, nel tentativo consapevole di produrre un cane dal carattere ideale. Ha un senso questo mio desiderio di creare una nuova razza canina, oltre alle molte già esistenti? Io credo di sì. Oggi il cane ha per l'uomo un valore prevalentemente psicologico, se si prescinde da poche utilizzazioni, come l'impiego che ne fa il cacciatore o il poliziotto. La gioia che vi può dare un cane è assai simile a quella che danno a me le bestie selvatiche che mi accompagnano nel bosco: gli animali ci aiutano a ristabilire quell'immediato contatto con la sapiente realtà della natura che è andato perduto per l'uomo civilizzato. Ma a questo scopo mi occorre un cane che non sia frutto di un capriccio della moda, bensì un animale veramente vivo; non mi serve un artificioso prodotto di difficili e abili esperimenti di incrocio, ma una creatura schietta, dall'anima genuina. E questa purtroppo ce l'hanno soltanto pochissimi cani di razza, e meno che mai quelle razze che da un certo momento, essendo divenute di moda, sono state allevate solo per perfezionare la loro forma esteriore. Finora ogni razza canina che ha subito questo processo di selezione ne ha riportato gravi danni dal punto di vista psicologico. Io mi propongo lo scopo contrario: cerco esplicitamente di produrre un miscuglio ideale delle qualità psicologiche del cane lupus e del cane aureus, cerco di produrre un cane particolarmente capace di offrirci ciò che la povera umanità civilizzata, nella sua prigione di asfalto, cerca e chiede al cane. Ammettiamo questo bisogno, non mentiamo a noi stessi affermando di non poter fare a meno della protezione di un cane da guardia. E vero, abbiamo bisogno del cane, ma non per questo scopo. Io per lo meno ho sempre avuto molto bisogno di un cane che mi trotterellasse alle calcagna nelle cupe città straniere, e la sua sola esistenza mi è sempre stata di grande conforto, così come ci è di conforto un ricordo di infanzia, il pensiero dei folti boschi della patria lontana, e qualunque cosa che ci dia il senso della nostra identità e continuità nel flusso evanescente della vita. Poche cose mi danno un senso di consolante sicurezza come la fedeltà del mio cane. Konrad Lorenz, L’Anello di Re Salomone (1967). |
09-11-2003, 11.21.24 | #4 |
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(Y) Bellissimo libro
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Guarda i miei occhi . . Trinity . . Intorno a me c'è il buio,ma se il buio c'è e il buio fa parte della foresta allora il buio dev'essere buono. come what may... |
09-11-2003, 12.17.13 | #5 | |
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Bello davvero...! Mi ha lasciato un segno... gli "animali" sono straordinariamente sconosciuti... e misteriosi... quasi quanto noi umani... Ciao Trinity... |
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09-11-2003, 13.52.21 | #6 | |
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Ottima segnalazione Skorpios (Y) (Y) ed un meritato plauso all'autore Lorenz (Y) Ecco un libro che merita davvero, mi sa proprio che stavolta faccio un acquisto... |
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09-11-2003, 16.14.06 | #7 | |
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Devi! questo libro non può mancare
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09-11-2003, 16.18.28 | #8 | |
The Journalist
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come me è quasi un obbligo! Sarà fatto! |
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09-11-2003, 19.22.29 | #9 |
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(Y)
Lorenz è stato un grandissimo studioso del comportamento animale, ha fondato l'etologia e scritto moltissimi libri interessanti, tra l'altro è stato premio Nobel. http://www.britannica.com/nobel/micro/356_65.html Alef
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Chi non ha mai posseduto un cane non può sapere che cosa significhi essere veramente amato (Arthur Schopenauer) Auschwitz inizia ogni volta che qualcuno guarda a un mattatoio e pensa: sono soltanto animali. (Theodor Adorno) |
13-11-2003, 02.00.05 | #10 | |
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Grazie brunok, non parla solo di lupi o di cani però... Per esempio, mi è rimasto impresso il fatto che Lorenz, descrivendo l'intelligenza animale, affermi che il Corvo Imperiale sia l'animale più intelligente che esista (Konrad Lorenz non è/era un oceanografo, però...! )... e di un'intelligenza straordinariamente simile a quella umana... racconta di un esemplare che sapeva riconoscere quando un invitato lasciava davvero la casa del padrone... il corvo lo salutava dicendo: "Arrivederci, a presto"... o qualcosa di simile (in quanto a "parlare" fanno concorrenza ai pappagalli, come forse saprai)... la cosa poteva sembrare addirittura "quasi normale", sino a quando si provò a fingere di andar via... ma il corvo in quel caso non salutava... però quando gli astanti andavano via sul serio il corvo immancabilmente diceva "arrivederci" ... il racconto, che ovviamente è descritto dall'autore infinitamente meglio di quanto non sappia fare io (a quest'ora, poi) è davvero soprprendente... e lascia intuire come il linguaggio involontario del corpo possa essere recepito ed elaborato per trarne delle "conclusioni" umane, persino da un corvo... insomma, ora mi fermo quì... ma il libro è davvero interessante... e molto molto godibile... |
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13-11-2003, 02.06.21 | #11 | |
The Journalist
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Ciao e Buona Notte ! |
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13-11-2003, 02.30.38 | #12 | |
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Buonanotte a te, brunok... e grazie ancora... Aggiungo solo, per amor di precisione, che Konrad Lorenz fu insignito del Premio Nobel nel 1973 (insieme a Tito Tinbergen e Karl von Frisch), per la fisiologia e la medicina... |
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28-03-2004, 19.32.59 | #13 |
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Rispolvero questo vecchio (ma non troppo)thread per una notizia che ho letto oggi sulla Repubblica che mi ha fatto davvero incazzare...
Grande Fratello, "Rivoglio il cane me l'hanno preso con l'inganno" Mediaset ammette: "L'abbiamo comprato da una persona che trova animali da scena. Ma non dobbiamo niente alla signora" di VERA SCHIAVAZZI Gabor-Rodolfo, il cane della casa del Grande Fratello è davvero stato acquistato da un "procacciatore" di animali da scena che lo ha comprato da una signora romana la quale, però, era del tutto all'oscuro della sua "destinazione" televisiva. L'ufficio stampa Mediaset ammette: "E' vero, si tratta proprio del cucciolo descritto dalla signora romana. Eventuali equivoci tra lei e il compratore, tuttavia, non ci riguardano. Quest'ultimo è un professionista col quale abbiamo già lavorato in passato, che trova sul mercato gli animali necessari alle produziuoni televisive e cinematografiche. L'acquisto è stato regolare, dunque, non riteniamo di accogliere la richiesta della prima propietaria. Rodolfo sta benissimo, in questo momento corre nel giardino della casa. Quando la trasmisisone si concluderà, renderemo noto chi tra i partecipanti deciderà di adottarlo, come già avvenuto in passato con altri animali". La chiusura di Mediaset è una doccia freda per la signora "D" che si è pentita di aver venduto il cucciolo di Terranova, non avrebbe mai pensato di vederlo in televisione e, men che meno, al Grande Fratello, e vorrebbe averlo indietro. Rodolfo, il cane ospite (o 'prigioniero', come sostengono gli animalisti) nella casa del Grande Fratello è nato il 30 novembre 2003, e in realtà si chiama Gabor. La signora "D." ("Non metta il mio nome, non voglio notorietà, lo faccio solo per riavere il cane"), è una donna romana che vive alle porte della città col marito e con altri tre splendidi esemplari di Terranova, il padre, Enea, la madre Gas e una sorella maggiore, Asia, coccolatissimi e liberi di spaziare in 1.700 metri di giardino. - Pubblicità - Ecco il suo racconto: "I Ecco il suo racconto: "I cuccioli questa volta erano 8, Gabor è nato per primo, mentre io assistevo, come ho sempre fatto, al parto di Gas. Da subito si è visto che era bellissimo, come suo padre. Eravamo indecisi se tenerlo con noi o meno, ma quattro cani sono veramente tanti, così, dopo aver messo un annuncio su 'Porta Portesè e aver sistemato tutti gli altri fratellini, quando circa tre settimane fa è arrivata un'ultima telefonata ho acconsentito ad incontrare l'aspirante proprietario... Si è presentato un giovanotto, è venuto due volte, l'aspetto era rassicurante, lui e la sua ragazza mi hanno raccontato di vivere vicino al mare, nella zona di Ostia, e io mi sono rallegrata perché i Terranova adorano nuotare, mi sono raccomandata che lo portassero in spiaggia non appena cresciuto un po'. Abbiamo concordato il prezzo, non certo alto, perché io ci tengo soprattutto a piazzare bene i miei cani, e ho consegnato Gabor. Però qualche sospetto mi è venuto, perché mi sono accorta che il ragazzo che voleva tanto comprarlo in realtà non l'aveva mai neppure preso in braccio. Ma mi sono detta che ero la solita ansiosa...". Ma pochi giorni dopo l''inganno è stato rivelato da un'amica della donna: "Ero a casa, stavo guardando la tv, ma non il Grande Fratello. Mi ha chiamato una persona che conosce bene i miei cani e mi ha detto "c'è Gabor in televisione". Ho cambiato canale e sono stata subito certa che il cane fosse il mio. Però, per non rischiare di sbagliarmi, ho telefonato al ragazzo che l'aveva comprato, il quale ha ammesso senza difficoltà. Mi ha spiegato che non aveva potuto chiarirmi la vera destinazione del cucciolo perché si trattava di una sorpresa organizzata da chi conduce il programma per i ragazzi che nel frattempo avevano già perso alcuni amici e che non dovevo preoccuparmi di nulla perché il cane sarebbe stato seguito da un veterinario e, alla fine della serie, sicuramente uno degli occupanti della casa l'avrebbe adottato. Però non mi ha convinta, e ho subito chiesto la restituzione. Successivamente, ho continuato a guardare il programma, e mi sono convinta che Gabor deve essere tirato fuori di lì, e subito. Sono pronta a riaccoglierlo perché, alla sua età, un cucciolo ha bisogno di affetto e di un unico padrone. Voglio anche restituire il denaro, ma il mio interlocutore mi ha detto che non può fare nulla per farmelo riavere. Non ci credo, e mi appello alla redazione: fate tornare Gabor a casa, sarà un gesto apprezzato da tutti". Infine, D. aggiunge un dettaglio: "Il pedigree del cucciolo, che è di razza pura e quindi è stato subito iscritto all'Enci (l'Ente nazionale cinofilia italiana) è ancora intestato a me. Al momento della vendita, infatti, avevo dato al nuovo proprietario il numero con il quale far tatuare Gabor, dicendogli che a tatuaggio realizzato avrei provveduto al passaggio di intestazione e gli avrei spedito il documento. Ma questo non è mai avvenuto". (28 marzo 2004)
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Guarda i miei occhi . . Trinity . . Intorno a me c'è il buio,ma se il buio c'è e il buio fa parte della foresta allora il buio dev'essere buono. come what may... |
28-03-2004, 19.40.30 | #14 | |
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28-03-2004, 19.46.24 | #15 |
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Infatti...mò scrivo alla redazione del GF guarda un pò...
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