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Vecchio 08-12-2002, 19.12.34   #1351
Lello
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Vecchio 08-12-2002, 19.53.25   #1352
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Se lo sono..."fine" non lo so, certo non giudico un gran che l'essere rozzi, e tu?

Il popolo si fa plagiare, vuoi dire? Immagino che tu non appartenga al popolo, allora. Appartieni all'aristocrazia? Oppure?.. Va a finire che tu hai la coscienza di essere...diciamo un intellettuale, cui spetta giudicare se le scelte che fa il popolo siano corrette o meno ed il criterio per distiguere è il tuo pensiero; portando questa convinzione alle sue estreme conseguenze, avremo la democrazia solo quando tu ed i tuoi simili ci governeranno. Se poi il popolo voterà in altra direzione allora sarà giusto e doveroso annullarne le scelte elettorali,...per il bene del popolo che non capisce...s'intende.
Il tuo modo di valutare il risultato di libere elezioni, e quanto vi è implicito nei tuoi giudizi è ESATTAMENTE ciò che ha portato al comunismo reale ed al nazismo , anzi è il pensiero con cui si sono giustificati i peggiori regimi della storia umana e che hanno causato al popolo "plagiato" dolori immensi.
Sono sicuro, però, che quando dici quello che dici non ti rendi conto delle conseguenze e delle implicazioni che contengono le tue parole, e che se lo capirai rifiuterai la tua analisi "elettorale".
Spero che quello che ti ho detto insinui in te il dubbio che forse anche tu sei plagiato...e che anche tu sei solo...popolo.
Ciao Pacissimo


Come ha detto Lello, non stai esagerando?
Ora ti spiego una cosa, esiste sempre il modo per roversciare l'idea di una persona e tu ne sei la dimostrazione. Trovi in tutti i nostri post qualcosa che non va. Forse l'atteggiamento che hai descritto è proprio il tuo. Non sono aristocratico e non appartengo neppure a quella fetta di Italia che ha votato Berlusconi. Sono libero di questo? Sembra di no da quello che dici. La mia idea sulle ultime elezioni è più che realista. É da ipocriti pensare che tutto il popolo italiano sia attento alla politica italiana!
Torna con i piedi per terra e poi ricominciamo a discutere.
Ciao Giorgio
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Vecchio 08-12-2002, 20.09.34   #1353
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Un sito...resistente...

"La nostra idea e' quella di lanciare nel mondo dei blog un sondaggio quotidiano (audiblog) per vedere quali sono i programmi televisivi di prima serata piu' visti e anche quelli che piacciono di piu'. Ovviamente non vogliamo fare concorrenza all'auditel, vogliamo solo lanciare un sasso nello stagno e certo, piu' saremo, piu' i risultati saranno credibili. Dunque votate, parlatene e aggiungete link ai vostri siti.....

http://audiblog.blogspot.com/



Un nuovo Auditel... fatto dagli ascoltatori... un'idea carina da divulgare...
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Vecchio 08-12-2002, 20.13.14   #1354
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...ricominciamo a discutere.
Ciao Giorgio

Siamo qui per questo... e le nostre differenze culturali sono una ricchezza, non un valico insormontabile...
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Vecchio 08-12-2002, 20.23.05   #1355
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Siamo qui per questo... e le nostre differenze culturali sono una ricchezza, non un valico insormontabile...


Pienamente daccordo con te, però essere definito un estremista mi fa star male.

Ciao
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Vecchio 09-12-2002, 00.17.28   #1356
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L'addio al giudice Caponnetto

L'addio al giudice Caponnetto.
Tanta gente, nessuno del Governo


Un piccolo corpo scosso dai tremiti, una piccola figura raccolta in se stessa e stretta fra uomini delle scorte e resa quasi invisibile alla folla enorme stipata nella basilica della Santissima Annunziata. Betta è accasciata su una sedia, a due passi dalla bara di noce chiara dove riposa un magistrato fuori dall'ordinario, la toga nera ripiegata e adagiata ai bordi. Betta forse pensa che non avrà più a chi fare ogni giorno litri di spremute d'arancia nella speranza di ridargli forza e salute. Antonella, invece, la figlia di «nonno Nino», riesce a trovare forza e parole in un giorno come questo: «Ciao, babbo. Ci provo» comincia dall'altare. Parte rapidissimo il primo applauso. Lei si ferma come a dire: se continuate ad applaudire mi commuovo e non se ne parla più.

E parla del «babbo». Parla di un babbo col quale erano inevitabili - ricorda - «gli scontri generazionali». Parla di un babbo che «come tanti babbi» a volta ai suoi figli appariva distratto. Ma questo babbo - aggiunge Antonella - ci aveva insegnato il valore delle scelte anticonformiste. E lui, giudice da sempre, ci «aveva insegnato a non giudicare mai». Infine, con la voce ormai rotta dall'emozione, ne ricorda «quel gran senso dell'umorismo» che contraddistingueva i suoi racconti, i suoi discorsi in famiglia. Ci sono tanti modi di ricordare una persona che non c'è più.



E ieri, in una basilica stracolma, con una piazza antistante altrettanto stracolma, Nino Caponnetto è stato ricordato in tanti modi, con tante parole differenti, da tante angolature, con aneddotiche diverse a seconda di chi prendeva la parola.

Ecco: ieri, a dargli l'estremo addio, non c'erano gli eredi del nulla. Non si sono riuniti i naufraghi di un'illusione, i superstiti di una sfida audace e dunque perduta. Giuseppe Ajala lo ha detto bene, arrivando in Chiesa: «prima di Caponnetto, a Palermo, alle spalle dei giudici antimafia c'era il vuoto. D'ora in avanti ci sarà sempre l'eredità Caponnetto». Ingredienti dell'eredità: onestà, rigore morale, senso del dovere e del sacrificio, spirito di servizio, capacità di affrontare il nemico a viso aperto, capacità di ascolto degli altri, carisma, infinito carisma. E allora una frase di Antonella che stavamo per dimenticare: «babbo adesso conoscerai la verità, saprai tutto quello che noi cerchiamo ancora di sapere. Ora pensa un po' a divertirti: levità, leggerezza, erano parole che ti erano congeniali».

Poveri uomini di governo. Poveri ministri; ministri, loro sì, del nulla. Poveri esponenti di quel centro destra convinto che con la mafia si debba e si possa convivere. Non sono venuti. Non hanno mandato lo straccio di un telegramma di stato. Forse erano convinti che fosse morto un paria. Uno sconosciuto di una setta degli intoccabili, quelli che vivono di legalità e giustizia. Paria, appunto, nell'Italia berlusconiana, affaristica e bottegaia. E invece esistono sette sotterranee, con migliaia, milioni di aderenti, che sanno riconoscere a vista i loro capi, i loro punti di riferimento. Nino Caponnetto era uno di loro.

Trova belle parole anche Gherardo Colombo quando dice: «non so se dopo la sua morte la lotta alla mafia sarà più facile o più difficile. So che chi vorrà farla non potrà fare a meno del patrimonio rappresentato da Caponnetto». Direte che, in casi del genere, la retorica è inevitabile. Penserete che in giornate come queste l'emozione e i sentimenti fanno velo alla ragione. E invece no.

Don Luigi Ciotti che dice messa, paragona Caponnetto a Mosè: «Nino - dice - era un po' come Mosè». Certo. L'immagine è bella. L'ebreo Mosè che vive alla corte del Faraone, circondato dagli agi, ricco di privilegi, che però, a un certo punto, avendo occhi per vedere, scopre il giogo cui è costretto il suo popolo. E sa ribellarsi. E sa intraprendere l'esodo del suo popolo. Solo che Caponnetto non offrì nuove tavole della legge. Si limitò, in un Italia che spesso le dimenticava e le dimentica, ad applicare le leggi che c'erano e ci sono. E si diventa quasi Mosè, in questo nostro paese, se si vogliono far rispettare le leggi. E il tutto con in più quell'anticonformismo di cui ha parlato, appunto, Antonella. Miscela pericolosissima per l'establishment.

Parla per primo un prete giovane. E' di Rovigo. E dice dei «tempi bui» che verranno. Che «non c'è bisogno di piangere per lui» il quale ci aveva insegnato «cosa significa resistere agli uomini». E viene letto il messaggio dell' arcivescovo di Firenze, Ennio Antonelli.
Ai bordi della bara, portata spalla dagli uomini della scorta, - quelli che Nino chiamava «i miei angeli custodi» - i magistrati fiorentini. E, accanto a loro, Gabriele Chelazzi, che fu, insieme a Giuseppe Nicolosi, pubblico ministero nel processo per le stragi del 1993.

Piero Grasso è costretto a restare a Palermo all'ultimo momento, per un grave problema familiare. Prende la parola, al suo posto, il giovane sostituto Antonio Ingroia, amico personale di Caponnetto. Quello stesso Ingroia che qualche anno fa, in un momento di durissima offensiva dei poteri forti contro la lotta alla mafia, si rivolse all'Italia degli onesti invitandola «a battere un colpo». E Caponnetto, raccolse al volo l'invito organizzando, proprio qui a Firenze, uno dei primi vertici della legalità. Ingroia parla di un «faro» che si è spento.

Guardo le facce dei fiorentini. Facce di tutte le età. Di tutte le estrazioni sociali. Sono le facce di un'Italia che resiste. Un'Italia oscurata dai tiggì, Rai o Mediaset che siano. In mezzo a loro, semplicissimi cittadini uniti dal dolore, anche Riccardo e Massimo, gli altri due figli di Nino, e Salvatore Calleri, negli ultimi anni il suo unico portavoce. E anche giornalisti, tanti giornalisti che con una mano tengono il taccuino o il microfono e con l'altra cercano di applaudire: da Maurizio De Luca a Piero Marrazzo, da Enrico Deaglio a Sandra Bonsanti a Gianni Minà, da Franca Selvatici a Simona Poli…

Stringo la mano a Gianni De Gennaro, il capo della polizia, e non ci scambiamo inutili parole. De Gennaro, in anni lontani, prelevò Tommaso Buscetta dal Brasile e lo portò in Italia dando così iniziò a quella che sarebbe diventata la storia del pool, di Caponnetto Falcone e Borsellino… Storie vecchie, ricordi da reduci, pezzi di storia d'un'Italia che non c'è più. Ma quell'Italia la ricorda ancora Virgilio Rognoni, quando rievoca l'impegno che Caponnetto profuse in sostegno del primo maxi processo a Cosa Nostra che si andava a celebrare a Palermo.

Ma ha ragione Ajala. Hanno ragione Rita Borsellino e Gian Carlo Caselli «ci si dovrà abituare» a questa assenza. È venuta, al gran completo, una delegazione ufficiale Ds: Vannino Chiti e Massimo Brutti, ma anche Valdo Spini, Stefano Passigli e Michele Ventura… Ci sono il sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, il presidente della Toscana, Claudio Martini. E Achille Serra, prefetto di Firenze. E Pino Arlacchi e Tano Grasso… Davvero enorme questa setta degli intoccabili paria.

http://www.unita.it/index.asp?SEZION...TOPIC_ID=21568
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Vecchio 09-12-2002, 00.22.27   #1357
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«Non si preoccupi, presto vi incorporeranno»

Berlusconi alla Rai: «Per l'intervista chiedete a Mediaset, tanto vi assorbiranno»

Il Milan ha vinto. Il suo presidente lascia lo stadio con il sorriso dei tempi migliori, quello che mette bene in vista la perfetta dentatura. I giornalisti di Mediaset lo intervistano. Dopo di loro la giornalista della Rai, Paola Arcaro, gli porge il microfono, mentre il teleoperatore Sergio Calabrese lo riprende: ma Berlusconi ha fretta. «Ho fatto con lui», dice indicando il giornalista della televisione di sua proprietà, «chiedete a lui». «Non siamo ancora la stessa azienda…», ribatte la Arcaro. «Non si preoccupi, presto vi incorporeranno», risponde ridendo il presidente. Audio e video: la televisione non perdona. Il servizio di Raidue su Milan-Roma finisce così, davanti a milioni di tifosi in attesa di gol e commenti.



Enrico Varriale, che come ogni domenica conduce «Stadio 2 Sprint», riprende la linea dallo studio di Saxa Rubra: «Il Presidente del Milan non ha voluto essere da meno del Presidente del Consiglio con le battute». Ogni riferimento a fatti e cose dei giorni scorsi non è casuale. È il presidente delle barzellette, il presidente che fa le corna, il presidente che si toglie le scarpe in pubblico.

.............

«Non si preoccupi, presto vi incorporeranno»: alla moviola sorprende ancora la sfrontata leggerezza dell'uomo di tv, di Sua Emittenza. Meglio di chiunque altro sa dosare i suoi «passaggi televisivi», governarli, amplificarli: è in video per dare consigli sulla sicurezza stradale, per confortare i terremotati, per rassicurare gli operai in mezzo a una strada.
.............

La novità sta nel fatto che questa volta la «battuta» arrogante e sprezzante è andata in onda. Che i giornalisti della Rai non sono più disposti a chiudere un occhio sugli scherzi del presidente. Stavolta «non aveva tempo comico», avverte l'Usigrai, il sindacato dei giornalisti: non con gli ascolti che hanno perso il vantaggio su Mediaset, non con un'azienda pubblica «in condizioni di notevole precarietà» mentre la concorrenza conta su «risorse e prospettive ben più certe». «Presidente - conclude l'Usigrai - prima di scherzare aspetti che ci siamo ripresi», perché nessuno pensi che quelle sue parole nascondano un programma di governo.

http://www.unita.it/index.asp?SEZION...TOPIC_ID=21569
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Vecchio 09-12-2002, 00.35.58   #1358
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Come la Luce di Blade Runner

Come la Luce di Blade Runner
di Sergio Cofferati

Credo sia oggi più che mai necessario non rinunciare a battersi per l’affermazione di una società più democratica e più giusta. Una società nella quale si possa competere senza mettere in discussione i diritti delle persone. Una società che sappia e possa misurare la propria civiltà sulla base della quantità e della qualità delle opportunità che è in grado di offrire ai cittadini, in primo luogo quelli più giovani.
E credo per questo che tutti coloro che hanno ruoli di responsabilità debbano lavorare perché soprattutto le generazioni più giovani abbiano la possibilità di realizzare se stesse.
Non ci si può insomma chiamare fuori. Né limitarsi a resistere. Occorre porsi in ogni circostanza il problema di come si garantiscono le persone, come si dà loro una prospettiva positiva. Occorre non dimenticare che in qualsiasi momento della vita di ciascuno esistono diritti universali da rispettare.
Diritti universali che vanno rispettati sia quando sono diritti di cittadinanza sia quando attengono alla sfera lavorativa. Occorre essere consapevoli che, per quanto possa essere difficile, ogni qualvolta si pone l'alternativa tra un diritto e un bisogno la priorità spetta al diritto...........

C'è bisogno in realtà di cambiare radicalmente l'ordine di priorità e dare valore all'estensione dei diritti, alla loro modulazione per i nuovi lavori, per quelle tante ragazze e quei tanti ragazzi che oggi non hanno né tutele né diritti riconosciuti. Va privilegiata la creazione nel Mezzogiorno delle condizioni di ambiente economico e sociale per attrarre investimenti.
In definitiva, penso che una società giusta sia una società che sappia riconoscere il valore dei diritti, nella quale siano disponibili politiche di protezione, di tutela, che promuovano sviluppo e occupazione. Nella quale sia possibile l'adozione di un sistema universale di diritti che valga per chi è nato qui e per chi, essendo nato altrove, decide liberamente di venire a vivere e lavorare in Italia. I diritti sono sostanza della libertà, della coesione sociale e dunque della democrazia. Perciò la democrazia si difende anche difendendo i diritti e la loro universalità.
Mi è capitato qualche anno fa di ricordare, durante un'incontro con gli studenti nell'aula magna dell'università Federico II di Napoli, un film tratto da un romanzo scritto da un autore che mi piace molto, Philip K. Dick, che è oramai diventato un classico, Blade Runner, che comincia in una metropoli buia, multietnica, non casualmente di un futuro apparentemente lontano. È un film immerso in un buio tetro; solo alla fine, quando uno dei replicanti, seduto sul tetto di una casa muore, al suo atto estremo, la rinuncia alla vita, fa seguito la liberazione di una colomba bianca che si alza verso il cielo, e in quell'istante appare l'unico squarcio di luce in tutto il film. Ecco, io continuo a essere convinto che il nostro futuro possa avere questo squarcio di luce. Che il mondo che aspetta i più giovani avrà la luce che si vede quando quella colomba bianca si alza nel cielo.
Soprattutto se quelli che giovani non lo sono più faranno fino in fondo il loro dovere.

Questo testo costituisce la prefazione del libro di Vincenzo Moretti «La casa dei diritti - Politica e globalizzazione, Sud e nuove tecnologie» L’ancora del Mediterraneo Editore, da oggi in libreria.
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Vecchio 09-12-2002, 02.21.10   #1359
Giorgio Drudi
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Quando uno che non mi conosce esclude in partenza la mia buonafede, mi dà zero in autocoscienza e pensa che il mio percorso di comprensione esistenziale sia ancora da iniziare, io di solito, ed è quello che farò, chiudo il discorso e lo lascio cucinarsi da solo nella sua superiorità. Tutti gli altri discorsi non vale la pena di scambiarli, non cambierebbero niente.
Al prossimo scambio, sperando magari che sia più proficuo.
Ciao.

1 La buonafede, scusami l'espressione, non c'entra una mazza.
2 La mia superiorità è una tua fantasia.
3 Se quando qualcuno ti fa notare che parli di cose che non conosci, invece di contraddirlo sul merito, t'inalberi e chiudi il discorso, beh sei solo infantile, ma non è grave...
4 Sarebbe "proficuo" che tu mi spiegassi cosa intendi per liberal-socialismo invece di scantonare in indignazioni senza senso.
5 Una domanda : spero che non penserai di non aver nulla da imparare.. vero?
6 Ti sarò grato se mi mostrerai le contraddizioni del mio pensiero e mi insegnerai qualcosa.
Ciao Leila
 
Vecchio 09-12-2002, 02.35.02   #1360
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Re: Come la Luce di Blade Runner

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Come la Luce di Blade Runner
di Sergio Cofferati

Credo sia oggi più che mai necessario non rinunciare a battersi per l’affermazione di una società più democratica e più giusta. Una società nella quale si possa competere senza mettere in discussione i diritti delle persone. Una società che sappia e possa misurare la propria civiltà sulla base della quantità e della qualità delle opportunità che è in grado di offrire ai cittadini, in primo luogo quelli più giovani.
E credo per questo che tutti coloro che hanno ruoli di responsabilità debbano lavorare perché soprattutto le generazioni più giovani abbiano la possibilità di realizzare se stesse.
Non ci si può insomma chiamare fuori. Né limitarsi a resistere. Occorre porsi in ogni circostanza il problema di come si garantiscono le persone, come si dà loro una prospettiva positiva. Occorre non dimenticare che in qualsiasi momento della vita di ciascuno esistono diritti universali da rispettare.
Diritti universali che vanno rispettati sia quando sono diritti di cittadinanza sia quando attengono alla sfera lavorativa. Occorre essere consapevoli che, per quanto possa essere difficile, ogni qualvolta si pone l'alternativa tra un diritto e un bisogno la priorità spetta al diritto...........

C'è bisogno in realtà di cambiare radicalmente l'ordine di priorità e dare valore all'estensione dei diritti, alla loro modulazione per i nuovi lavori, per quelle tante ragazze e quei tanti ragazzi che oggi non hanno né tutele né diritti riconosciuti. Va privilegiata la creazione nel Mezzogiorno delle condizioni di ambiente economico e sociale per attrarre investimenti.
In definitiva, penso che una società giusta sia una società che sappia riconoscere il valore dei diritti, nella quale siano disponibili politiche di protezione, di tutela, che promuovano sviluppo e occupazione. Nella quale sia possibile l'adozione di un sistema universale di diritti che valga per chi è nato qui e per chi, essendo nato altrove, decide liberamente di venire a vivere e lavorare in Italia. I diritti sono sostanza della libertà, della coesione sociale e dunque della democrazia. Perciò la democrazia si difende anche difendendo i diritti e la loro universalità.
Mi è capitato qualche anno fa di ricordare, durante un'incontro con gli studenti nell'aula magna dell'università Federico II di Napoli, un film tratto da un romanzo scritto da un autore che mi piace molto, Philip K. Dick, che è oramai diventato un classico, Blade Runner, che comincia in una metropoli buia, multietnica, non casualmente di un futuro apparentemente lontano. È un film immerso in un buio tetro; solo alla fine, quando uno dei replicanti, seduto sul tetto di una casa muore, al suo atto estremo, la rinuncia alla vita, fa seguito la liberazione di una colomba bianca che si alza verso il cielo, e in quell'istante appare l'unico squarcio di luce in tutto il film. Ecco, io continuo a essere convinto che il nostro futuro possa avere questo squarcio di luce. Che il mondo che aspetta i più giovani avrà la luce che si vede quando quella colomba bianca si alza nel cielo.
Soprattutto se quelli che giovani non lo sono più faranno fino in fondo il loro dovere.

Questo testo costituisce la prefazione del libro di Vincenzo Moretti «La casa dei diritti - Politica e globalizzazione, Sud e nuove tecnologie» L’ancora del Mediterraneo Editore, da oggi in libreria.

Quasi tutto condivisibile sul piano dei sentimenti e della speranza di un mondo migliore, solo in una cosina non sono d'accordo con chi ha scritto quella prefazione e cioè che i diritti vengono prima dei bisogni. I bisogni vengono prima dei diritti: se ho fame e non ho altro mezzo per procurarmi cibo allora è lecito e giusto che me lo procuri prendendo il cibo dovunque lo trovi ed a chiunque appartenga
contraddicendo il diritto.
" Com'egli, al tempo del sommo sacerdote Abiatar, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani di presentazione, che a nessuno è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche a quelli che erano con lui?»
 
Vecchio 09-12-2002, 03.51.25   #1361
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Se dobbiamo fare un elenco delle atrocità commesse dall’umanità anche in nome della religione, dalla preistoria ad oggi, non ne veniamo più fuori.
Gramsci scrisse, su “Ordine Nuovo”, che vi è un lembo di tunica di Cristo in ogni bandiera rossa comunista: secondo te cosa vuol dire? …non è forse un messaggio di pace e non di carneficina?
Inoltre, come ben sai, in ogni società è importante sia la satira che l’umorismo: non siamo in regime e, da quello che ho letto nei tuoi post precedenti, dai l’impressione (dimmi se sbaglio) di aver fatto della religione il tuo regime padrone.
Se fossi un po’ più elastico, libero e democratico o meno fondamentalista e assolutista delle tue convinzioni religiose, non immagini, Giorgio, quale piacere sarebbe per tutti approfondire qualsiasi argomento sociale con te dal punto di vista religioso.
Potresti anche conoscere un po’ di più le persone del forum, quindi permetterti, con i dovuti riguardi, di azzardare un giudizio ma, con queste modalità e condizioni d’approccio no, non mi pare la strada giusta.



Ciao Giorgio Drudi
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Ultima modifica di Giorgio Drudi : 09-12-2002 alle ore 06.21.18
 
Vecchio 09-12-2002, 06.34.05   #1362
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Giorgio, ho letto tutto e ti stavo rispondendo ma, nel frattempo, hai cancellato tutto...aspetto di leggere il tuo nuovo pensiero nei miei confronti...l'impulso è quello di postare la mia risposta, ma aspetto volentieri...

Ciao!

Ultima modifica di sarahkerrigan : 09-12-2002 alle ore 06.57.57
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Vecchio 09-12-2002, 18.34.53   #1363
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Pienamente daccordo con te, però essere definito un estremista mi fa star male.

Ciao

Se ti fa male..allora... forse... la tua coscienza...ti ha detto che c'è qualcosa di vero in quell'accusa, cioè anche la tua coscienza ti accusa ...e la tua coscienza sei tu non un altro.Vorresti vivere senza dolori? E rimanere sempre un bambino?
Riflettici sopra,... alle critiche, non alle adulazioni...e quando ci avrai riflettuto... se la tua coscienza darà una sentenza positiva accettala e respingi con tranquillità quella critica...ma se tu stesso, cioè la tua coscienza ti confermerà che c'è qualcosa di vero...allora adeguati a lei cioè a te stesso( perchè non tolleriamo il non essere coerenti con i principi che noi stessi, quali che siano, ci siamo dati)....e ringrazia chi ha fatto conoscere te a te stesso con la sua giusta critica e manda a farsi fottere il maledetto orgoglio. Se ammetterai di essere stato un estremista di colpo non lo sarai più. Se non credi alla rivelazione dei libri credi almeno alle rivelazioni della tua coscienza. Ciao Pacissimo
 
Vecchio 09-12-2002, 18.40.49   #1364
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Re: L'addio al giudice Caponnetto

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Un piccolo corpo scosso dai tremiti, una piccola figura raccolta in se stessa e stretta fra uomini delle scorte e resa quasi invisibile alla folla enorme stipata nella basilica della Santissima Annunziata. Betta è accasciata su una sedia, a due passi dalla bara di noce chiara dove riposa un magistrato fuori dall'ordinario, la toga nera ripiegata e adagiata ai bordi. Betta forse pensa che non avrà più a chi fare ogni giorno litri di spremute d'arancia nella speranza di ridargli forza e salute. Antonella, invece, la figlia di «nonno Nino», riesce a trovare forza e parole in un giorno come questo: «Ciao, babbo. Ci provo» comincia dall'altare. Parte rapidissimo il primo applauso. Lei si ferma come a dire: se continuate ad applaudire mi commuovo e non se ne parla più.

E parla del «babbo». Parla di un babbo col quale erano inevitabili - ricorda - «gli scontri generazionali». Parla di un babbo che «come tanti babbi» a volta ai suoi figli appariva distratto. Ma questo babbo - aggiunge Antonella - ci aveva insegnato il valore delle scelte anticonformiste. E lui, giudice da sempre, ci «aveva insegnato a non giudicare mai». Infine, con la voce ormai rotta dall'emozione, ne ricorda «quel gran senso dell'umorismo» che contraddistingueva i suoi racconti, i suoi discorsi in famiglia. Ci sono tanti modi di ricordare una persona che non c'è più.



E ieri, in una basilica stracolma, con una piazza antistante altrettanto stracolma, Nino Caponnetto è stato ricordato in tanti modi, con tante parole differenti, da tante angolature, con aneddotiche diverse a seconda di chi prendeva la parola.

Ecco: ieri, a dargli l'estremo addio, non c'erano gli eredi del nulla. Non si sono riuniti i naufraghi di un'illusione, i superstiti di una sfida audace e dunque perduta. Giuseppe Ajala lo ha detto bene, arrivando in Chiesa: «prima di Caponnetto, a Palermo, alle spalle dei giudici antimafia c'era il vuoto. D'ora in avanti ci sarà sempre l'eredità Caponnetto». Ingredienti dell'eredità: onestà, rigore morale, senso del dovere e del sacrificio, spirito di servizio, capacità di affrontare il nemico a viso aperto, capacità di ascolto degli altri, carisma, infinito carisma. E allora una frase di Antonella che stavamo per dimenticare: «babbo adesso conoscerai la verità, saprai tutto quello che noi cerchiamo ancora di sapere. Ora pensa un po' a divertirti: levità, leggerezza, erano parole che ti erano congeniali».

Poveri uomini di governo. Poveri ministri; ministri, loro sì, del nulla. Poveri esponenti di quel centro destra convinto che con la mafia si debba e si possa convivere. Non sono venuti. Non hanno mandato lo straccio di un telegramma di stato. Forse erano convinti che fosse morto un paria. Uno sconosciuto di una setta degli intoccabili, quelli che vivono di legalità e giustizia. Paria, appunto, nell'Italia berlusconiana, affaristica e bottegaia. E invece esistono sette sotterranee, con migliaia, milioni di aderenti, che sanno riconoscere a vista i loro capi, i loro punti di riferimento. Nino Caponnetto era uno di loro.

Trova belle parole anche Gherardo Colombo quando dice: «non so se dopo la sua morte la lotta alla mafia sarà più facile o più difficile. So che chi vorrà farla non potrà fare a meno del patrimonio rappresentato da Caponnetto». Direte che, in casi del genere, la retorica è inevitabile. Penserete che in giornate come queste l'emozione e i sentimenti fanno velo alla ragione. E invece no.

Don Luigi Ciotti che dice messa, paragona Caponnetto a Mosè: «Nino - dice - era un po' come Mosè». Certo. L'immagine è bella. L'ebreo Mosè che vive alla corte del Faraone, circondato dagli agi, ricco di privilegi, che però, a un certo punto, avendo occhi per vedere, scopre il giogo cui è costretto il suo popolo. E sa ribellarsi. E sa intraprendere l'esodo del suo popolo. Solo che Caponnetto non offrì nuove tavole della legge. Si limitò, in un Italia che spesso le dimenticava e le dimentica, ad applicare le leggi che c'erano e ci sono. E si diventa quasi Mosè, in questo nostro paese, se si vogliono far rispettare le leggi. E il tutto con in più quell'anticonformismo di cui ha parlato, appunto, Antonella. Miscela pericolosissima per l'establishment.

Parla per primo un prete giovane. E' di Rovigo. E dice dei «tempi bui» che verranno. Che «non c'è bisogno di piangere per lui» il quale ci aveva insegnato «cosa significa resistere agli uomini». E viene letto il messaggio dell' arcivescovo di Firenze, Ennio Antonelli.
Ai bordi della bara, portata spalla dagli uomini della scorta, - quelli che Nino chiamava «i miei angeli custodi» - i magistrati fiorentini. E, accanto a loro, Gabriele Chelazzi, che fu, insieme a Giuseppe Nicolosi, pubblico ministero nel processo per le stragi del 1993.

Piero Grasso è costretto a restare a Palermo all'ultimo momento, per un grave problema familiare. Prende la parola, al suo posto, il giovane sostituto Antonio Ingroia, amico personale di Caponnetto. Quello stesso Ingroia che qualche anno fa, in un momento di durissima offensiva dei poteri forti contro la lotta alla mafia, si rivolse all'Italia degli onesti invitandola «a battere un colpo». E Caponnetto, raccolse al volo l'invito organizzando, proprio qui a Firenze, uno dei primi vertici della legalità. Ingroia parla di un «faro» che si è spento.

Guardo le facce dei fiorentini. Facce di tutte le età. Di tutte le estrazioni sociali. Sono le facce di un'Italia che resiste. Un'Italia oscurata dai tiggì, Rai o Mediaset che siano. In mezzo a loro, semplicissimi cittadini uniti dal dolore, anche Riccardo e Massimo, gli altri due figli di Nino, e Salvatore Calleri, negli ultimi anni il suo unico portavoce. E anche giornalisti, tanti giornalisti che con una mano tengono il taccuino o il microfono e con l'altra cercano di applaudire: da Maurizio De Luca a Piero Marrazzo, da Enrico Deaglio a Sandra Bonsanti a Gianni Minà, da Franca Selvatici a Simona Poli…

Stringo la mano a Gianni De Gennaro, il capo della polizia, e non ci scambiamo inutili parole. De Gennaro, in anni lontani, prelevò Tommaso Buscetta dal Brasile e lo portò in Italia dando così iniziò a quella che sarebbe diventata la storia del pool, di Caponnetto Falcone e Borsellino… Storie vecchie, ricordi da reduci, pezzi di storia d'un'Italia che non c'è più. Ma quell'Italia la ricorda ancora Virgilio Rognoni, quando rievoca l'impegno che Caponnetto profuse in sostegno del primo maxi processo a Cosa Nostra che si andava a celebrare a Palermo.

Ma ha ragione Ajala. Hanno ragione Rita Borsellino e Gian Carlo Caselli «ci si dovrà abituare» a questa assenza. È venuta, al gran completo, una delegazione ufficiale Ds: Vannino Chiti e Massimo Brutti, ma anche Valdo Spini, Stefano Passigli e Michele Ventura… Ci sono il sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, il presidente della Toscana, Claudio Martini. E Achille Serra, prefetto di Firenze. E Pino Arlacchi e Tano Grasso… Davvero enorme questa setta degli intoccabili paria.

http://www.unita.it/index.asp?SEZION...TOPIC_ID=21568

Che alluvione di retorica per dire che Caponnetto è stato un onesto e coraggioso siciliano.Per giunta dopo la sua morte,... perchè è sempre possibile farci su qualcosa coi santi.
 
Vecchio 09-12-2002, 18.42.55   #1365
Giorgio Drudi
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Re: Re: L'addio al giudice Caponnetto

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Originariamente inviato da Giorgio Drudi

Che alluvione di retorica per dire che Caponnetto è stato un onesto e coraggioso siciliano.Per giunta dopo la sua morte,... perchè è sempre possibile farci su qualcosa coi santi.

Se poi fossero andati ci si poteva ricavare sopra un sermone sull'ipocrisia? E questo che dico è TUTTO VERO!
Ciao Lello
 
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