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13-11-2003, 15.09.45 | #1 |
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Malasanità
Gli fanno al volo un elettrocardiogramma (e solo quello), l'esito è negativo e lo mandano a casa: "Non si preoccupi, lei è solo affaticato, lavora troppo, vada a casa e si riposi". Sua moglie, niente affatto convinta, lo porta in un altro pronto soccorso. Gli rifanno un altro elettrocardiogramma, gli fanno un esame per verificare il livello degli enzimi cardiaci. Risultato: il mio amico aveva un bel infartino in corso. Altro che affaticamento e riposo a casa: lo hanno messo in terapia intensiva, e se dava ascolto ai primi medici che lo avevano visitato a quest'ora era passato a miglior vita, lasciando orfani i suoi tre bimbi. Un altro amico di famiglia, lo stesso giorno, era a fare una visita per dei problemi intestinali che lo affliggono da un paio di mesi. Era solo la seconda visita, questo nostro amico non ha fatto ancora nessun esame particolare. Eppure il medico, a muso duro, gli ha detto: "lei quasi certamente ha un tumore", testuali parole. Ora nelle prossime setimane dovrà fare tutti gli esami "certi" per confermare la diagnosi "intuitiva". Però nel frattempo è un miracolo se non gli viene la depressione Quando ho a che fare con medici e ospedali, non ho praticamente mai problemi. Il mio patrigno (che brutta parola "patrigno" però) è medico, e questo apre molte porte. Anzi, direi che le apre tutte. Quando arrivo al pronto soccorso sono solo una tra tanti. Poi salta fuori che sono figlio di medico, e allora divento riverito e seguito come un principino. Ammetto di non essermi mai privato di questa "opzione". Quando si è al pronto soccorso con una bronco-polmonite o con la gamba ingessata, che bisogna fare la coda di tre ore per una radiografia, in mezzo ad altra gente che soffre, hai un solo pensiero in testa: fare il più presto possibile e tornartene a casa. Però non lo trovo affatto giusto |
13-11-2003, 15.30.43 | #2 | |
Hero Member
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Re: Malasanità
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non è un rimprovero il mio...ma non vedo come questa cosa tipicamente italiana (e di tutti i paesi sottosviluppati) possa cambiare se non la cambiamo noi quando ne abbiamo l'occasione...certo chi ci rimette non può che aspettare....almeno tu lo ammetti perché la cosa credo ti crei problemi di coscienza....ci sono opure quelli che se ne vantano... |
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13-11-2003, 15.41.16 | #3 |
The Journalist
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Messaggi: 3.715
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C'è veramente da pregare di non avere mai bisogno del servizio-disservizio sanitario, quelli sono peggio dei macellai, tirano ad indovinare e giocano con la pelle altrui con un livello di preparazione scarsissimo. Sembrano le previsioni meteo che non ci azzeccano manco per sbaglio.... è atroce, ma la fiducia è sottozero...!!! avendone viste e sentite di tutti i colori... :anger:
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13-11-2003, 16.19.06 | #4 |
Guest
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Nel 1987 mi fù diagnosticata una grave malformazione (prolasso avanzato) della valvola mitralica.
I sintomi erano tachicardia, affanno, dispnea notturna. Mi venne prospettata la possibilità di un imminente intervento chirurgico. Ero nel pieno della mia attività agonistica e rinunciare allo sport per me era come morire. Gli esami si susseguirono, per mesi...il responso era sempre il medesimo...dovevo decidermi in fretta a farmi ricoverare Decisi che non me ne fregava niente e se dovevo rimanere "invalido" tanto valeva infischiarsene dei consigli dei medici e, se ci dovevo rimanere secco, amen. Non accadde nulla negli altri 6 mesi successivi...tanto che decisi di farmi visitare da un cardiochirurgo di fama mondiale. Mi disse che non avevo una beneamata ceppa e che i colleghi che avevano fatto quella diagnosi erano degli emeriti imbecilli...era solo una eco di un soffio cardiaco congenito associato a uno stato d'ansia, e mi ORDINO' di continuare tranquillamente l'attività sportiva. E mi rilasciò un certificato. Alla successiva visita medica, indispensabile per avere accesso alle competizioni, il problema della valvola mitralica fù nuovamente riscontrato...con la conseguenza che non mi fù rilasciato il certificato di idoneità. Presentai, allora, il certificato del Prof. di cui sopra. La visita fù ripetuta e in effetti la diagnosi cambiò nuovamente: non avevo niente che potesse compromettere alcun tipo di attività fisica. Non ho mai approfondito. Sono passati 16 anni e di infarti non ne ho avuti, ora mi dicono che il mio cuore è un orologio, bradicardico (48 pulsazioni al minuto) e assolutamente sano. Certo, questo non rientra in un contesto di malasanità...ma potrei parlare di confuso-sanità (il confuso + di tutti sono stato io, a dire il vero, ma ora nemmeno ci penso più)... Ma ho seriamente rischiato di andare sotto i ferri, e allora forse si che avrei avuto dei seri problemi. |
13-11-2003, 16.20.33 | #5 | |
Guest
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Re: Re: Malasanità
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Forse ho esemplificato male, perché se mi qualifico come figlio di medico non è tanto per passare davanti a gli altri che come aspettano in corsia. E' solo per avere un sorriso dal personale che mi sta davanti e avere soprattutto la certezza di essere curato. E' solo per non essere trattati a pesci in faccia e rischiare di rimetterci le penne come il mio amico. E' solo, alla fin fine, per essere trattato normalmente, non come una sub-persona che è lì solo per scocciare. Al posto mio cosa faresti? Tra la certezza di essere curato bene ma come raccomandato, o il rischio di essere rimandato a casa con un infarto in corso come uno qualsiasi, cosa scegli? |
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13-11-2003, 17.02.41 | #6 |
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ah, scusa...avevo capito che era per passare avanti nelle code...:-(
toccandomi nelle parti basse finora sono sano come un pesce.. (mi hanno tolto solo le adenoidi, sbagliando, quando ero piccolo, troppo piccolo per ribellarsi....poi dopo mi sono solo rotto un braccio e basta....niente malattie particolari se non quelle infantili (tranne la pertosse)....) ...dall'86 nopn ho più preso medicine (tranne un paio di anestesie dal dentista per estrarre il dente del giudizio...)... non ti racconto quello che hanno fatto con mio padre...qualche anno in più avrebbe certo vissuto se non si fossero dimenticati le analisi in qualche cassetto per riscoprirle solo quando era troppo tardi... |
13-11-2003, 17.18.56 | #7 | |
The Journalist
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13-11-2003, 19.13.25 | #8 | |
Junior Member
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Messaggi: 107
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...di fargli la tac successiva, tipica del caso...etc..etc..etc... ...il mio rapporto con i medici fasulli (quando riesco ad identificarli) è di tipo aggressivo e, anche di più...vado giù piatta, senza nessun ritegno... |
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17-02-2005, 23.59.39 | #9 |
Guest
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Operato testicolo sano, fa causa
Cremona, ora rischia infertilità E' disperato perché si sente privato della sua virilità. Doveva essere un banale intervento ad un testicolo, e invece, un errore dei medici ha sconvolto la vita di Kristian Daniel Nikita, 34 anni camionista rumeno: l'uomo è stato operato al testicolo sano e ora rischia l'infertilità. "Temo - ha detto in lacrime davanti ai giudici - che mia moglie mi lasci perchè dopo questa operazione non sono più un uomo". Per questa vicenda, due medici della clinica privata cremonese S.Camillo, Renzo Verani e Alberto Colturato, sono finiti sul banco degli imputati con l'accusa di lesioni gravi e falso materiale. I sanitari si difendono spiegando che non è mai stato compiuto alcun errore e che, comunque, il paziente era informato di quanto sarebbe accaduto in sala operatoria. Il calvario di Nikita è iniziato nel giugno del 2001, quando si è accorto di avere una ciste al testicolo destro. Dopo una serie di ricoveri "drammatici" in diversi ospedali (una volta ha rischiato la trombosi durante l'anestesia locale), ha deciso di farsi operare nella clinica San Camillo. Tutto sembrava essere andato per il meglio, ma il giorno successivo all'intervento, il rumeno si è accorto di essere stato operato al testicolo sano. Nikita, secondo la sua deposizione, è tornato dai medici che, pur avendo ammesso l'errore davanti al paziente, avrebbe creato un certificato falso per giustificare un'anomalia al testicolo sinistro: la parte realmente operata. Di fronte a questa grave situazione, il rumeno, ha spiegato in aula che ora non intende farsi più operare, sebbene la condizione della ciste sia sempre più grave. Il suo difensore, avvocato Ada Ficarelli, ha chiesto al tribunale di poter far eseguire una seconda perizia sull'uomo per valutare un ulteriore abbassamento del tasso di infertilità. Il giudice si è riservato la decisione. Il processo continuerà con l'audizione dei periti del pubblico ministero Cinzia Piccioni. |
18-02-2005, 02.17.16 | #11 |
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Messaggi: 5.651
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Io forse, avrò avuto fortuna, ma nel 1999 una sera di maggio, a casa, ero in cima ad una scala a sistemare dei libri su una libreria. Dietro di me all'altezza del viso un ventilatore a pale (di metallo) di quelli a soffitto che girava a 20 cm dalla testa.
Mi sono girato per prendere non so cosa, dimenticandomi del ventialtore in questione, e le pale in movimento mi hanno centrato in pieno l' occhio destro, mentre il secondo di striscio. Corsa all'Oftalmico di Milano. Risultato: 15 punti sulla palpebra all'altezza dell'arcata sopracigliare e retina caduta. Ripeto, sarò stato fortunato, ma della cicatrice, a seguito dei punti che mi sono stati dati quella sera stessa, non ne è rimasta traccia. Anche mio padre è medico e so per certo che in una situazione di emergenza è compito primario salvarti gli organi fregandosene dell'estetica. Di fatto quel medico (forse perchè non c'erano altre urgenze) mi diede i cosidetti punti di sutura estetici unendo alla perfezione 2 lembi di pelle aperti da una ferita lacero contusa. Il raggio laser per la retina ha fatto il resto e ora, per fortuna, e come se nulla fosse successo!
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L'ignorante parla a vanvera, l'intelligente parla al momento opportuno, il saggio parla solo se è interpellato, il fesso parla sempre! |
18-02-2005, 02.46.25 | #12 |
Sarunashi
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Loc.: Napoli
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Ho appena sentito al tg che in Sicilia è morto un uomo perchè non ha trovato posto in rianimazione in nessun ospedale della: Sicilia,Calabria,Basilicata e Campania.Nessuno dei centri contattati aveva un posto libero
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Io sono parte nopeo e parte napoletano |
18-02-2005, 10.43.24 | #13 |
Junior Member
Registrato: 21-09-2004
Loc.: La parte soleggiata della terra
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Io da piccolino sono caduto da cavallo e mi sono rotto il braccio sinistro...mi hanno diagnosticato una lussazione e mi hanno mandato a casa invitandomi il giorno dopo per una lastra(non si sa mai).
Dopo la lastra hanno riscontrato una frattura scomposta e il medico ha detto che forse era troppo tardi per avere una buona ricomposizione. Ingessato..altra lastra..qualcosa non va bene e me l'hanno spezzato di nuovo e reingessato. Per fortuna che ero 14enne ed incosciente e non mi sono fatto problemi. PS Se avessi un buon chirurgo amico nell'ospedale non esiterei a chiamarlo per qualsiasi mio ipotetico intervento....lo chiamerei anche di notte. |
13-06-2005, 12.36.36 | #14 |
High King of Noldor
Er pistone dell'Urbe Registrato: 12-01-2002
Loc.: Lost
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Stefania, 23 anni sulla sedia a rotelle per una diagnosi sbagliata
«Ho scoperto da sola il mio male, ora cammino» Trekking in Nepal per festeggiare BACENO (Verbania) - «Ventitré anni, capisce? Lo sa quanti sono 23 anni?». Impossibile capire davvero, se non ti succede. Impossibile immaginarsi 23 anni da disabile, invalidità al 100 per cento, 8.395 giorni aggrappati a una vita in salita. Le lunghe attese imbarazzate dietro il banco alle elementari, quando squillava la campanella di fine lezioni: «Prima di andarmene aspettavo sempre che uscissero tutti. Mi vergognavo. Per fare pochi passi ci mettevo un’eternità». Alle superiori i momenti più bui: «Molti ridevano vedendomi camminare. Non volevo più uscire di casa. Non riuscivo ad accettarmi». In sedia a rotelle, nel '99 (Arias) Finché una mattina, una delle tante passate seduta davanti a Internet, Stefania ha provato a digitarle sulla tastiera quelle parole che l’avevano inchiodata all’immobilità. Eccole lì, due sole, quindici lettere: sospetta atassia. Per accorgersi che tutto ciò che leggeva sui siti non c’entrava niente con lei. Sintomi differenti, progressi della malattia in cui non si riconosceva. Così Stefania si stampa tutto e si ripresenta dai medici: «Fatemi l’esame del Dna. Il mio male è un altro». Aveva ragione. E, quel che è straordinario, le è bastata una pastiglia per curare in poco tempo la vera malattia da cui era affetta e tornare a camminare «come avete sempre fatto voi, un passo dopo l’altro, senza problemi». Dopo quegli 8.395 giorni in salita è cominciata la discesa verso la vita vera. Ma alle salite Stefania ormai si era abituata. E allora quelle gambe tornate scattanti ha deciso di farle arrampicare sulle sue montagne della Val d’Ossola. Ma dopo 23 anni di immobilità mica può bastare. Per placare la sua ansia di vitalità ritrovata ha voluto scalare le montagne del Nepal. Ora sì, è tranquilla. In pace con se stessa e con gli altri. Nessun rimpianto, nessun rancore. Oggi, la sua vita normale Stefania Vanini la trascorre a Baceno, un paesino di 954 abitanti a venti chilometri da Domodossola. Aria frizzante di montagna, sole, silenzio. E ricordi. All’inizio c’è Stefania bambina, che muove i primi passi, e non sono passi come quelli degli altri: «Camminavo sulle punte, tutta piegata sulla destra. Andavo avanti, e poi indietro, come i gamberi». Si cominciano ad interpellare i medici delle vallate. Nessuno sa spiegare cosa succede. Stefania nel suo trekking in Nepal (Arias) A nove anni il ricovero all’Istituto Besta di Milano, specializzato in malattie neurologiche. Dalla Tac non risulta nulla. Ma una diagnosi alla fine di tanti esami arriva: «Sospetta atassia spastica familiare». La dottoressa che l’ha in cura le spiega che le sue condizioni sarebbero peggiorate col passare del tempo, i nervi si sarebbero contratti, fino ad arrivare all’immobilità totale. Parole difficili da accettare che assomigliano troppo ad un’agghiacciante condanna. Di quei tempi di ragazzina le tornano alla mente le gite scolastiche. «Le foto di gruppo, le odiavo. Cercavo di mettermi in piedi, appoggiandomi a qualcuno dei miei amici. Non volevo che si vedesse la sedia a rotelle. Mostrarla era come immortalare la mia sconfitta». Le scappa un sorriso pensando alle foto ricordo che si fa scattare adesso: in piedi, in montagna, su qualche cima conquistata con gli scarponcini da trekking. Sul viso le passa un’altra nuvola di ricordi, stavolta è alle superiori: «Non riuscivo ad accettarmi. Passavo la giornata a guardare le partite di calcio alla tv». La famiglia, gli amici veri hanno capito che da sola non ce l’avrebbe fatta: «Mi hanno fatto reagire. Mi accompagnavano dappertutto: a scuola, in discoteca, in viaggio». Non era sola, per fortuna, neanche quel giorno in cui la cacciarono da una pizzeria: «Camminavo tutta storta e il proprietario ha pensato fossi una drogata. Morale: mi ha buttata fuori dal locale. Quando gli ho spiegato che ero disabile, anziché scusarsi mi ha urlato addosso "Noi agli handicappati la pizza la diamo gratis!". Sì, quella volta ho pianto. Proprio io che non mi lascio mai avvilire da niente e nessuno... ». Già, perché la storia della sua malattia è anche quella di un’invincibile determinazione. Che la porta ad allenarsi giorno dopo giorno fino a partecipare ai giochi per disabili in tre specialità: lancio del peso, del giavellotto e del disco. E poi i viaggi, con l’inseparabile sedia a rotelle: l’Egitto, la Norvegia, un mese intero di California. Poi un giorno, navigando su Internet, la voglia di capirne di più di quella sua «sospetta atassia». «Mi sono imbattuta in un sito che parlava dell’esame del Dna, diceva che con quello era possibile risalire alle origini di un male come il mio». Ha già 30 anni quando torna al Besta e si sottopone a quell’analisi, venti anni prima neppure ipotizzabile. «Torna tra due anni, ti diremo se abbiamo trovato qualcosa» le dicono i medici. «Ci ho sperato, ma per tutto quel tempo ho tentato di non farmi illusioni». Due anni dopo, siamo nell’ottobre del 2002, Stefania chiama l’istituto: «Sei positiva alla distonia responsiva alla levodopa, hai buone probabilità di migliorare» le spiega la neurologa Paola Soliveri. La sua malattia è un morbo raro, ma curabile. Per guarire basta una pastiglia al giorno, il «madopar», un farmaco utilizzato anche dai malati di Parkinson. «Ho provato una sensazione pazzesca, inimmaginabile. Solo qualche ora dopo aver preso la medicina cominciavo a camminare. Mi appoggiavo al muro, come ero abituata, ma più andavo avanti più mi rendevo conto che quel muro non mi serviva più. Potevo farcela da sola. A quel punto mi è presa la paura di addormentarmi: temevo di stare dentro a un sogno e che al risveglio sarebbe svanito tutto». Invece, sette mesi dopo, grazie anche alla fisioterapia per riabituare i muscoli fermi da troppi anni, Stefania ha ripreso a camminare come tutti. E ha potuto realizzare i suoi due grandi sogni fino ad allora impossibili: un trekking in Nepal e due settimane da volontaria con i bambini del Kosovo. Ha mantenuto il suo lavoro in Comune ma il suo contratto non è più il part time destinato alle «persone svantaggiate». E’ una dipendente come gli altri, l’invalidità al 100% solo un ricordo. «I medici legali non ci credevano, mi hanno fatto un sacco di domande», ride con la felicità negli occhi. E con lo stesso sguardo racconta la sua impresa più bella: «La traversata di cinque ore Severo-Veglia insieme a mio zio, guida alpina. Per 23 anni l’ho pensata ogni giorno come un sogno impossibile, in cinque ore era tutto fatto. Ora nella mia testa c’è solo il Perù, la meta del mio prossimo trekking». Cristina Marrone 13 giugno 2005 ----- MIO DIO. ventitre anni su una sedia a rotelle. come possono risarcirmi?
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4 - 8 - 15 - 16 - 23 - 42 Salve, sono Guybrush Threepwood, un temibile pirata. Powered by OsX Tiger Google™ santo subito. |
13-06-2005, 13.04.50 | #15 |
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.....ma il pizzettaro lo infiliamo nel forno...no?
cmq butto lì anche la mia: 3° media faccio a cazzotti con uno, mi rompo il pollice della mano dx, vado al pronto soccorso con un pollice gonfio e blu che sembra un puffo, mi fanno la lastra e mi mandano in sala gessi. Il tipo (non ricordo se fosse un infermiere, un tecnico o un medico) guarda la lastra ed enuncia:" steccategli l'indice della mano sinistra" ... soffocai una risata e dissi, sollevando il suddetto puffo-pollice della dx: "ma a me me fa male questo" ...momento di imbarazzo in sala gessi...
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"mette in bella il mio pensiero violento" Damose da fà. Volemose bene. |
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