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Torna indietro   WinTricks Forum > Off Topic > Chiacchiere in libertà

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Vecchio 12-08-2003, 09.49.41   #1
KillingTime
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storia NON di viaggio

Quando avevo venti anni e qualcosa, ed ancora studiavo, lavoravo di sera fino a tardi per pagarmi gli studi ed avere indipendenza economica. Naturalmente non avevo tempo per niente altro, specialmente per le ragazze, le quali, nella citta' del sud piena di vita dove vivevo, erano molte, attraenti e libere...ma naturalmente, come italiane, seguivano il principio delle "mutande di ferro", e per starci bisognava perderci tempo, corteggiarle, portarle fuori, farle la corte...tutte cose che io non potevo fare, non perche' non volessi (corteggiare? bellissimo) ma perche' lavoravo ogni sera fino a tardi e studiavo il resto del tempo. Il lavoro di per se' non era male: era in un locale pubblico molto alla moda, luci, gente, belle storie.

Quindi - data l'eta' e i livelli di testosterone che gli si accompagnano - mi regolavo con giudiziose seghe, che pero' non bastavano a calmare il desiderio di donna, e il romanticismo innato che lo faceva bruciare.

Una sera tardi mi feci convincere da alcuni colleghi ad andare con loro dopo il lavoro - passata mezzanotte - a quello che loro chiamavano "u'niggt clubb". Io innocente, potevo mai pensare che parlavano di tutt'altra cosa? I primi dubbi mi vennero quando, in macchina, arrivammo nel cuore del centro storico della citta'. Parcheggiammo e scendemmo. C'era un bar notturno con poca gente, ma dozzine di macchine parcheggiate lungo la strada, sul marciapiede. Entrammo nel portone di un palazzo ottocentesco a piu' piani, e cominciammo a salire le scale di marmo. La prima cosa che mi colpi' fu l'odore. Un odore strano, dolciastro e pesante aleggiava nell'aria. C'era altra gente che saliva e scendeva le scale. Un sacco di gente, infatti. Tutti uomini. chi rideva con gli amici, chi faceva sforzi per non incrociare lo sguardo con nessuno.

La prima sorpresa fu al pianerottolo del primo piano: due appartamenti, entrambi con le porte aperte. Una vecchia, seduta su una sedia di paglia, gli occhi truccati, guardava in giro e taceva.

Dentro la prima porta c'era una saletta antica, poltrone e tendaggi che una volta dovevano essere belli ma che erano ora consumati dall'eta' e dall'uso. Una mezza dozzina di signori, seduti ed intenti a fumare ed a ignorarsi a vicenda, aspettavano.

I miei accompagnatori rimasero in piedi sull'uscio, ed io con loro. Dopo un minuto si apri' una porta interna, e ne usci' un uomo, il quale passo' in mezzo a noi e scomparve per le scale. Sulla soglia della porta interna, appoggiata allo stipite, rimase una donna. Forse trentenne, bionda, camicia da notte trasparente, mutandine, tacchi e sigaretta. "chi e' il prossimo?
Uno degli astanti si alzo, entro' nella camera interna. Lei lo segui', chiuse la porta dietro di se'.

Io ero a bocca aperta per lo stupore: un bordello! mi avevano portato in un bordello, di cui io avevo solo letto sui libri, e che pensavo non esistessero piu', chiusi dalla legge Merlin prima che io nascessi.

Non rimanemmo li'. Il gruppo con cui ero era solo "venuto a vedere", per cosi' dire. Appresi dopo che la maggior parte dei visitatori erano li' solo per "vedere"...alla faccia delle storie sui focosi uomini del sud...
Girammo tutti i piani del palazzo per guardare "le ragazze". Quattro piani, otto appartamenti, due/tre camere per appartamento, non meno di venti donne. Bionde vere e finte, brune, rosse. Tutte italiane - erano i tempi prima dell'immigrazione - (e anche prima dell' AIDS).

Durante la visita, io non ero sicuro di come mi sentissi, o di come mi dovessi sentire. Mi ricordo ancora un paio delle donne. Mi piacquero, mi attiravano.
La serata fini' come era cominciata. nessuno di noi entro' nelle camere, e ce ne andammo presto, io silenzioso, i miei occasionali compagni di baldorie, abituati alle visite di questo tipo, commentavano cosce e didietri come se fossero stati di cavalli.

Chiesi quanto costasse "andare" con una donna. "La marchetta e' 20.000 lire" mi dissero.

(1)
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Vecchio 12-08-2003, 09.51.58   #2
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Nei giorni seguenti pensai spesso alla "casa chiusa" (cosi' si chiamava) che avevo visitato. Era estate, lavoravo fino a dopo mezzanotte, mi spostavo con una Guzzi California nera e cromo, andavo a visitare amici e amiche dopo il lavoro, in generale non ero ne' scontento ne' depresso...ma continuavo a sentire nella mente l'odore di quel posto.
Una sera mi decisi, e ci andai. Parcheggiai la moto con la ruota davanti sul marciapiede, entrai e salii le scale. Nessuno fece caso a me, anche se ero convinto di essere rosso in faccia. Dovete capire, non ero piu' vergine da un paio d'anni, ma ero anche un ragazzo perbene, per cosi' dire. La mia vita era fatta di studio, sport, lavoro, libri (sopratutto libri). Trovarmi in una situazione simile per scelta mi scombussolava parecchio. Quella sera.

Mi sedetti nel salottino dell'appartmento dove mi ricordavo di avere visto una donna che mi aveva attratto. Aspettai, insieme ad altre tre/quattro persone gia' li' prima di me. Si apri' la porta interna, e grande fu la mia delusione quando vidi che era un'altra.

Appresi in seguito che la mafia (la quale organizzava il tutto) faceva ruotare le ragazze ogni quindici giorni, da citta' in citta'.

Deluso, mi alzai per andarmene...ma poi invece mi sedetti in un altro salottino. E poi un'altro, sempre nello stesso palazzo.
Passai un bel po' di tempo quella notte ad aspettare di "vedere" le donne, nel frattempo studiavo i clienti. C'erano giovani ed anziani, uomini sposati e celibi, di ogni eta' e fascia sociale (almeno a giudicare dai vestiti e dal comportamento in sala d'attesa) Giudicai che il tempo medio per ogni cliente doveva essere dieci/quindici minuti.

Quando mi ero quasi convinto che stavo perdendo tempo, e che avrei fatto meglio ad andarmene, un cliente usci' e la vidi.
Era bruna, di media statura, capelli ondulati, fianchi bellissimi. Aveva un neglige' nero trasparente, e mi guardava negli occhi.
"allora? entri?"
Mi accorsi che, oltre me, non c'era piu' nessuno nella saletta.
Balbettai qualcosa, occhi fissi, persi nei suoi, poi mi voltai, e fuggii. Pochi minuti dopo, Mentre in sella al Cali mettevo in moto, mi ero gia' pentito di non essere rimasto. Ma ormai era tardi, il "night club" chiudeva.

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Vecchio 12-08-2003, 09.54.25   #3
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Non dissi a nessuno delle mie inconcludenti visite al bordello.
Di sicuro non ne parlai agli amici - cosa ci sarebbe stato da dire?
Non ne parlai neanche con le due buonissime amiche-solo-amiche che avevo. Anche se a quell'eta' non capivo ancora esattamente come il modo di pensare femminile sia diverso da quello maschile, l'intuito mi convinse a non far parola con nessuno, ne' di cio' che avevo imparato, ne' di cio' che venne in seguito.

L'indomani non mi detti pace per essere ignominiosamente fuggito. Ma non per qualche malguidato attaccamento ad un'immagine di machismo interiore mai posseduta. Mi tormentavo piuttosto perche' non riuscivo a non pensare ai suoi occhi, ai suoi fianchi, alla sua voce leggermente divertita quando mi disse "allora? entri?".
Non ero certo innamorato: ero pero' irresistibilmente attratto.

La notte successiva ero di nuovo la', seduto nel salottino, aspettando impassibilmente il mio turno. Ci andai volutamente tardi, per incontrare meno gente possibile.
Lei mi noto' subito, mentre accompagnava fuori un cliente e ne faceva entrare un'altro il cui turno era prima di me. Ma non disse niente, ne' mi guardo'.
Tentai di calmarmi durante l'attesa: stavo per andare a letto con una donna, la quale sarebbe stata disponibile in cambio di denaro. Tutto qua. Cosa c'era da essere nervosi? Niente. E allora perche' avevo le farfalle nello stomaco e le mani sudate mentre il cuore mi batteva un ritmo ossessivo nel petto?

Quando tocco' a me mi alzai ed entrai direttamente nella sua camera da letto. Passando accanto a lei attraverso la soglia il suo odore mi tocco'. Lei chiuse la porta dietro di noi.

Mi guardai attorno: c'era un letto grande con su un lenzuolo azzurrino spiegazzato; un armadio chiuso, un como' con specchio. Il como' era coperto da oggetti, borse, trucchi, profumi, cartoline...di fronte al letto c'erano un lavandino ed un bidet, ed in un recesso chiuso da una tenda, un cesso. Nell'aria, la luce di una lampadina e odore di sudore.

Mi voltai per guardarla, e le dissi la frase lungamente preparata:
"Cosa ci fa una bella ragazza come te in un posto come questo?"
Mi guardo' divertita, e rispose:
" E tu?"
La risposta mi spiazzo' completamente. Per nascondere il mio imbarazzo cominciai a spogliarmi. Lei si giro', si sedette sul bidet si lavo' velocemente, e si tolse quei pochi vestiti che aveva. Quando fini' eravamo entrambi nudi...e per qualche ragione il mio imbarazzo non c'era piu'.

Si sposto' accanto al lavandino "Vieni qui" disse.
Mi fece mettere in piedi accanto a lei, apri' l' acqua, afferro' delicatamente il mio arnese, mi lavo' ed insapono' bene, sciacquo' il tutto e mi asciugo'...strizzando bene e guardando da vicino. Non seppi trattenermi:
"Cosa guardi?" chiesi.
"Se hai lo scolo".
Soddisfatta, mi prese per mano e mi porto' a letto.

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Vecchio 12-08-2003, 09.56.48   #4
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Il lenzuolo mi fece subito un po schifo, non appena mi ci sdraiai: era umido e spiegazzato. Ma non ebbi il tempo di farmi influenzare da questo fatto tattile perche' lei si era gia' accoccolata attorno al mio ventre e me l'aveva preso in bocca... fino alla radice...cosa che fino a quel momento non avevo creduto fisicamente possibile. Il calore e le sensazioni nuove che questo mi procuro' mi fecero dimenticare il lenzuolo, il posto, l'odore dolciastro nell'aria....mentre il mio corpo si inarcava fra talloni e spalle a lei basto' solo una manciata di secondi per accorgersi che non c'era affatto bisogno di stimolarmi in quel modo per prepararmi.
Con mio grande disappunto si sdraio' accanto a me e tento' di guidarmi sopra di lei. Ma io avevo idee diverse.
"Mettiti tu sopra". le dissi.
Mi guido' in lei in un attimo, e si sedette su di me in silenzio ma guardandomi negli occhi. Progressivamente tutti i miei sensi si persero in lei: con le mani le accarezzavo piedi, gambe e cosce, i fianchi e il filo della schiena, sentivo le sue ginocchia stringermi il torace, guardavo il suo mezzo sorriso e la curva del suo collo, e quando si chino' su di me i suoi capelli mi accarezzarono gli occhi ed il suo odore mi entro' nel naso e mi sali' al cervello. Ingenuamente tentai di baciarla sulle labbra, ma lei volto' la testa.
"Niente baci" mi sussurro'. Ma si fece baciare sul collo, sulle spalle e sul petto.
Mi accorsi che accellerava il ritmo: i movimenti dei suoi fianchi su di me cambiarono e divennero piu' brevi e rapidi. I nostri bacini si urtavano. Senza che io me ne accorgessi, o potessi fare niente per ritardarlo, mi stava portando all'orgasmo.
"Dai..."mi respiro' nell' orecchio.
Venni istantaneamente, sempre infisso in lei.
Mi diede il tempo di finire le contrazioni, sempre guardandomi con un mezzo sorriso, poi si alzo' rapidamente, si rimise mutande e camicetta. Io ero ancora a letto, e la guardavo riprendendo fiato.
"Sbrigati" mi disse.
Capii' che, nonostante i sensi mi avessero persuaso del contrario, ero solo un'altro cliente soddisfatto. Rapidamente mi rimisi jeans, stivali, e giubbotto. Mi ricordai appena in tempo di tirare fuori le 20.000 lire dal portafogli e di dagliele. Le butto' sul como'. Mentre mi guidava alla porta disse:
"Era la prima volta a pagamento, vero?"
"Si" risposi. Mi apri' la porta
"Ciao bello".
"..."

Discesi le scale lentamente. Pochi minuti dopo ero in sella, testa al vento in crociera lungo la strada del mare. Gelsomini e zagara mi toccavano il naso. Non le avevo neanche chiesto il nome. Pazienza, mi dissi. Dovro' tornarci. Sorrisi alla notte.

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Vecchio 12-08-2003, 09.59.50   #5
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Per abbreviare una storia lunga, tornai da lei la notte seguente, ed anche tutte le notti che rimanevano prima dello scadere della "quindicina" (cosi' si chiamava il periodo di due settimane durante il quale sarebbe rimasta in citta'). Spesi in lei quasi tutti i soldi che avevo. Ma non m'importava: come ho detto, lavoravo, e guadagnavo anche bene per gli anni che avevo. Imparai il suo nome (d'arte), che oggi non ricordo piu'.

La procedura era sempre la stessa: l'attesa, lo spogliarsi rapidamente, il lavaggio. La terza sera che ero da lei, appena entrato le chiesi:
"Posso stare con te piu' di dieci minuti?"
"Quanto vuoi rimanere?"
"Mah, mezz'ora, un'ora?"
"Aspetta".
Si copri' con una vestaglietta ed ando' a conferire con la vecchia seduta sul pianerottolo. La saletta era vuota, ero di nuovo l'ultimo cliente. Torno' rapidamente.
"Centomila lire per un'ora"
Non mi feci neanche i conti.
"Va bene"

Andammo a letto. Senza l'assillo del tempo mi piacque molto di piu'. Mi ricordo la forma della sua schiena, l'odore del suo collo, il sapore del suo sesso.

(mi rendo conto che questo ultimo particolare puo' fare ribrezzo a qualche maschietto qui dentro...ma perche'? Lei si lavava bene fra un incontro e l'altro...e come si dice da noi, ...un pasticcino piu' dolce non c'e'... inoltre, lei lo faceva a me...)

Aveva deciso di farmi divertire. Dopotutto, pagavo. Ci rotolammo sul letto, facendolo dolcemente e vicini. Pelle su pelle. Se le facevo schifo, non lo dava sicuramente a vedere. Ugualmente, non cercava neanche di farmi credere che la cosa le stesse piacendo. Non gemeva. Respirava con attenzione, attenta ai miei gemiti. Io ero in paradiso. La mia esperienza a quell'eta' era stata con un paio di coetanee inesperte quanto me. Bello ma ruvido, in un certo senso. Con lei era diverso. Poteva avere forse trenta anni. Ogni suo movimento contribuiva ad aumentare la mia passione, ed i suoi occhi mantenevano quall'aria leggermente divertita che mi aveva tanto attratto all inizio. Continuava a non farsi baciare, ma non le dispiaceva quando io le baciavo il ventre, il petto, i capezzoli.

Cambiammo posizione, lo facemmo sul letto, in piedi, sulla sedia.
Quando non potei resistere piu' (e si che ce la stavo mettendo tutta) se ne accorse, mi tiro' sopra di lei, mi avvolse con gambe e braccia. Venni per un tempo che mi sembro' interminabile.

Ci staccammo, entrambi senza fiato. Rimanemmo a letto per un poco.
"Perche' fai questo lavoro?" le chiesi.
"Non e' una storia interessante"
"Dai, raccontamela. Abbiamo ancora qualche minuto"

Me la racconto'. Viveva in una citta' vicina. Orfana, diplomata, sposata con due figli piccoli, il marito se n'era andato con un'altra donna lasciandola senza casa e senza soldi.
'bastardo e stupido' pensai 'come si fa a lasciare una donna simile?'
"E fare questo lavoro non ti pesa?"
"Certo. Ma in due anni e mezzo mi sono comprata una profumeria"
"E sei ancora qui?"
"Non per molto. Questa e' l'ultima stagione per me. Domani parto e non tornero' piu' "
Fui contento per lei. Ma allo stesso tempo sentii una fitta di dispiacere all'idea di non vederla piu'.

Ci lavammo - ero l'ultimo cliente - e rivestimmo. Lei abbandono' i vestiti da lavoro e si mise pantaloni, camicetta e sandali. Mi accompagno' alla porta.
"Buona fortuna" le dissi, un po' imbarazzato.
"Addio" mi disse, depositandomi un bacino leggero all'angolo della bocca.
La porta si chiuse dietro di me.

Piu' tardi, in sella sulla strada del mare, ripensavo a tutto quello che vi ho raccontato. Ancora non sapevo come sentirmi, o come mi dovessi sentire. Pensavo ai suoi occhi, al suo sorriso, ai suoi fianchi.
"Buona fortuna a te" ripetei, parlando alla notte. Ma la mia voce si perse nel rombo del motore.

(5 - fine)
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Vecchio 12-08-2003, 17.26.39   #6
sarahkerrigan
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...beh, che dire...un'esperienza personale e come sempre, uno scritto piacevole a leggersi...

Ciao KT
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Vecchio 18-08-2003, 19.52.09   #7
TyDany
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