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Vecchio 24-06-2005, 16.15.32   #13
afterhours
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Xeno-hysteria

di Giorgia

sottotitolo: chi mi piglia pe’ francésa, chi mi piglia pe’ spagnola…

Roma, Stazione Termini. In un giorno non meglio precisato (stamattina presto), faccio la fila alla cassa di un bar non meglio specificato per pagare un cappuccino-da-portar-via prima di andare da mia mamma (che è in ospedale, in questo momento sotto ai ferri per un’operazione agli occhi.). Effettivamente il mio aspetto non è fresco e riposato (forse perché, tra l’altro, non ho dormito un granché.). Fa un caldo della material girl e ho i capelli legati alla bell’e meglio. Indosso dei jeans un po’ consumati (ma niente buchi) e una maglietta rossa con sopra il faccione di Winnie-the-Pooh, perché è la prima cosa pulita che mi è capitata sotto mano aprendo l’armadio e avevo fretta di uscire. Ho bisogno di quel cappuccino, almeno mi sveglio un po’.

Arriva il mio turno, chiedo il mio cappuccino-da-portar-via. La cassiera mi guarda storto e dice “ma vattene, va’!”.

Penso di non aver capito, forse non ce l’ha con me, guardo in giro, non capisco con chi stesse parlando, comunque chiedo di nuovo il mio cappuccino-da-portar-via. La cassiera mi dice “allora non hai capito? Te ne devi annà, mo’ chiamo l’immigrazione e vedi! Mo’ li zzzingari ce vengono a rubbà pure li cappuccini…”

La guardo perplessa. In vita mia la gente ha ipotizzato che fossi greca (sì, nella mia migliore interpretazione di Irene Papas nel ruolo di Penelope…), spagnola, portoghese o sud-americana, ma, onestamente, non ho la faccia da zingara, se con “zingara” s’intende quello che intendono di solito gli italiani, cioè “Rom”. Decisamente non ne ho né i tratti somatici, né l’accento. Boh.

Arriva il suo capo, che chiede cosa stia succedendo. Gli dico che volevo solo un cappuccino-da-portar-via, lui non capisce dove stia il problema, la cassiera bofonchia qualcosa sul mio essere un’”albanese che vòle rubbà” (adesso ho anche una denominazione di origine: sono albanese.). A questo punto prendo la carta d’identità e la metto davanti al naso della cassiera, dimostrandole che sono autòctona almeno quanto lei.

Il boss mi chiede scusa, “ma sa, signora (?), con tutti ‘sti zingari che girano da ‘ste parti…”. La cassiera cretina e xenofoba insiste che “ma quella [cioè io, n.d.r.] parla strano [“cappuccino-da-portar-via” l’ho detto migliaia di volte a un sacco di cassieri di un sacco di bar, e, guarda un po’, hanno sempre capito quello che intendevo: un cappuccino-da-portar-via.] e guarda che capelli!”.

M’incazzo, ma sono stanca, e ho fretta, quindi non mi va di discutere oltre ma le dico che, con tutto il rispetto per la categoria dei cassieri, lei non può aspirare a nulla di meglio nella vita che fare la cassiera in un bar alla stazione.

Il cappuccino? Gliel’ho lasciato lì senza pagarlo, tanto ormai ero sveglia. E vaffanculo.
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