Discussione: Audio di Jack Folla
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Vecchio 01-05-2004, 02.57.59   #14
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DA UN'EPOCA ALL'ALTRA

(Cagliari, martedì 20 Aprile)

Jack riparte. Vita da pendolari. Torno nella jungla, bella e feroce, di Roma. Era così ai tempi di Adriano, così è ai tempi dell'imperatore cavaliere. Differenze? Sfumature e polvere. E con Cagliari? La gentilezza. Oggi come ieri. Sapete qual è stata la prima cosa che mi ha sbalordito? Attraversare la strada in Sardegna. O sulle strisce o senza strisce gli automobilisti rallentano, si fermano, e con un cenno t'invitano ad attraversare. Un caso? Me lo sono chiesto anch'io, lanciandomi con guizzi sventurati da un marciapiedi all'altro, zigzagando, camminando all'indietro, o a bocca aperta guardando un asino volante. A Milano, Napoli, Roma, mi avrebbero ridotto un carasau, una salciccia, uno sputo. Nella migliore delle ipotesi maledetto per sette generazioni o infilzato a un palo della luce. A Cagliari mi sto pizzicando il braccio con la valigia. Ahi. Sono vivo.
Ieri sera ho cenato in un'osteria che di più povere e tristi non ce n'è. Sul carrello dei pesci languivano due triglie, tre gamberi, e un calamaro disperato. Erano freschissimi ma soli. Un'antichissima signora vestita di nero con i capelli candidi raccolti dietro la nuca ha salutato lo straniero con un inchino ed un sorriso. Suo figlio, che avrà avuto sessant'anni, mi ha accompagnato al tavolo con un'eleganza che al Louis XV di Montecarlo se la scordano. Ero buio e silenzioso come il mare di notte e mi hanno fatto sentire un re. Ho mangiato quel calamaro e quei tre gamberi in un vassoio guarnito da ananas, meloni e uva. Hanno stappato un Cannonau della casa che sapeva d'infanzia e di primavera. Mi hanno offerto dei dolci squisiti, mi hanno chiesto chi ero e da dove venivo e se mi trovavo bene a Cagliari, e io, che sono una bestia urbana, ho pensato: "Vedrai il conto che mazzata". Quando ho letto sulla ricevuta fiscale 12 euro, mi sono quasi commosso e avrei voluto raddoppiarli come una fiche sul nero alla roulette, e ricominciare da capo coi gamberi e il resto.
Dal giornalaio è lo stesso. D'accordo, di quotidiani me ne faccio dodici al giorno, sono una dose da cavallo anche per gli edicolanti maleducati, strapperebbero uno straccio di sorriso persino a un giornalaio di Via Veneto, ma qui a Cagliari, sotto ai portici, c'è un omino terrorizzato dalle difficoltà della vita che se li ricorda a memoria e, come mi vede arrivare, recita a se stesso tutte quelle testate altisonanti, con un sorriso interiore, come una dolcissima preghiera. Il sorriso di quest'omino è un'altra cosa dal ghignetto di un edicolante nazionale che si sfrega le mani per i dodici pezzi venduti, perché non ha nulla di venale, ma è un piccolo sorriso di gloria che mi fa sentire riconosciuto e accolto, e la medesima attenzione me la riservano al bar sia il cameriere che il cassiere, e non c'è deferenza, e non sanno chi sono, ma dal secondo giorno sono loro a ricordarmi, non appena varcata la porta, che a colazione io prendo un caffè doppio. E questa gentilezza di Cagliari io me la porto nel cuore, e m'induce la stessa ebbrezza che mi fanno le navi al mattino, la prima visione che ho quando esco di casa, e mi ricordano che dobbiamo essere felici perché in questo mondo è vissuto uno scrittore che si chiamava Conrad e che esistono persone umili e miti che trasformano i "cuori di tenebra" in lucciole.
Tanti e tanti anni fa, ai primi del '700, un giovinetto dal mio stesso cognome fu spedito dal padre, esiliato a Napoli, nella sua antica terra. Arrivò a Cagliari su un vascello, dopo sette giorni di navigazione, e per un ingenuo "miracolo". Scrisse infatti a suo padre: "Infastidito io dunque da sì penosa calma e vento contrarii, dissi che se le anime del purgatorio mi facean giungere in Cagliari, subito giunto gli avrei fatto dire quattro Messe in loro suffragio. Ed appena profferite queste parole cangiossi il vento, e felicemente il giorno prefisso, alle Dieci ora della mattina, diedimo fondo in questo Porto di Cagliari". Quel giovinetto che si chiamava Andrea, fu accolto dal Viceré col quale "una sera sì una no gioco ai tarocchi", e si mise a girovagare per la città che così raccontava al suo Amatissimo Signor Padre: "E per primo v'assicuro che quel si è di materiale della Città, cioè Palazzi, architetture, templi, strade ed altro, non mi piace un nulla, per esser quasi tutta montuosa. Ma quel si è tratto, gentilezza e cortesia delle dame e cavalieri e d'ogni altro ceto di persone, non l'ho sperimentato in niun paese ove sono stato, cosa, alcerto, che a me molto piace. E per secondo, non è mica come io la credeva, ignorante, essendovi uomini dotti in tutto, come historiografi, eruditi in belle lettere, leggisti, buoni ballerini alla francese, qualcheduno che gioca bene la spada all'italiana, e molti cavalcatori, cosa alcerto che mi fa star qui con più soggezione che stava costì."
Pendolari di ieri e di oggi. Stranieri del Settecento e del Duemila. Arriviamo, partiamo, ci disperdiamo con la polvere. Nessuno saprà mai la nostra unione.
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