Ci sono degli anni che ti rimangono addosso. Il tempo passa, i giorni si susseguono l’uno dopo l’altro. Però poi, qualche anno rimane. Il numero significa di più di una cifra sul calendario.
A me è capitato che in certi anni abbia sentito che qualcosa cambiava veramente. Come se il tempo avesse subito delle accelerazioni o meglio delle mutazioni. Non succede niente per mesi e mesi e poi ti capita di scoprire che il tuo tempo interno e quello esterno per un momento vibrano all’unisono. Non so spiegarmi meglio. Sarà un caso. Oppure sarà un fatto ovvio. In fin dei conti ci sono delle età in cui qualcosa , nel tuo essere, muta. E quell’età ti rimarrà dentro. Certo, però…. Però mi capita sovente di pensare che assieme a me, in quell’anno, mutava anche ciò che era all’esterno. Mutava il mio rapporto col mondo e il mondo stesso mutava di per sé. Faccio due esempi: quando ero piccolo (7-8 anni) mi capitava di contare la mia età dal 1976 e non dal 1971 come doveva essere. Identificavo in quell’anno una qualità, una singolarità che me lo faceva diventare prezioso e importante e da lì bisognava iniziare a contare. Prima non esisteva nulla. Il 1976 rappresenta per me l’anno in cui l’infanzia incosciente e beata incontrava l’inizio del raziocinio in un equilibrio fragile e affascinante. Era l’anno dei giochi e delle sensazioni. Era l’anno in cui tutto ciò che mi colpiva mi poteva rimanere dentro, come un nutrimento. E da qui mi viene di pensare che il 1976 sia stato un anno speciale pure per “l’esterno”. Mi pareva che nell’aria fosse presente una sensazione di meraviglia e di ingenuità che rifletteva il mio stato d’animo di allora, certo, ma che esisteva in sé e in quello stato il mio animo si rispecchiava. Lo so che è una illusione assurda. Nel 1976 eravamo negli anni di piombo e non credo si vivesse così serenamente. Eppure mi piace pensare che quell’anno rappresentasse un punto di svolta. Seppur ancora bambino ho avvertito negli anni successivi una svolta. Il famoso disimpegno. La frivolezza che poi sarebbe dilagata negli anni 80. Il 1976 conservava ancora qualcosa della spensieratezza del 1968, a parer mio.
Nel 1989 mi è capitata una esperienza analoga. Quando hai 18 anni senti il bisogno di attaccarti a delle certezze, senti la necessità di crearti una identità definita. In quell’anno questa necessità era per me dolorosa perché ne avvertivo tutta la inconsistenza. Ero alla ricerca continua di qualcosa e nulla mi riempiva veramente. Ma tutto ciò aveva qualcosa di affascinante, era una sorta di vuoto che lasciava momenti di vera felicità.
Era il tempo in cui tutto poteva accadere, ma non era più l’infanzia del 1976 perché tutto quello che doveva accadere dipendeva esclusivamente da un atto di volontà. E quella volontà mancava. Nel 1989 il mondo è cambiato. Non più i blocchi, non più le granitiche certezze dell’ideologia e del suo contrario (il disimpegno) ma solo incertezze, solo un futuro da ricostruire. Esattamente la stessa cosa fuori e dentro.
Vedremo se in futuro ci saranno altri anni di svolta. Mi pare che questo 2004 mi riserverà molte sorprese a livello esistenziale. Ancora però non vedo un riscontro all’esterno. Chi lo sa.
Quali sono i vostri anni addosso ?